Roma 2016 - Hell or High Water

Vero e proprio western contemporaneo, Hell or High Water gioca con gli archetipi del genere con precisa cognizione di causa per offrirsi al proprio pubblico come qualcosa di più di una semplice esercitazione o dimostrazione di mestiere.
Intriso di cinismo e pessimismo, il film mette in scena personaggi ingrigiti dalla realtà circostante di quei sobborghi del sogno americano dove la voglia di costruirsi un riscatto sociale si è definitivamente scontrata con le derive del sistema capitalistico che non esita a masticare e a gettar via tutti coloro che cessano di essere individui produttivi.
Al centro due fratelli. Il primo, più serio, aveva costruito la sua esistenza sulla base dell’estrazione del gas dai pozzi di sua proprietà. Un’attività, quest’ultima, non più redditizia da molto tempo. Aveva anche messo su famiglia, con una moglie e due figli già proiettati verso una società più omologata e meno incline a farsi carico dei valori del vecchio west che bruciano di nostalgia i paesaggi sconfinati che si aprono ad ogni curva della strada.
Costretto a prendersi cura della madre morente, dal momento che il fratello è in prigione, l’uomo si era costretto ad aprire un mutuo sulle sue proprietà per fare fronte alle ingenti spese mediche, trovandosi poi, colpa anche delle condizioni estremamente sfavorevoli imposte dalla banca, impossibilitato a onorare il debito e sul punto di perdere tutto proprio un attimo prima di aver scoperto che i suoi appezzamenti di terra erano anche giacimenti di petrolio.
Il secondo fratello, più scapestrato, entra ed esce di prigione per motivi assai meno nobili. Tipico antieroe western, non ha altri motivi di sporcarsi le mani in furti e aggressioni se non il piacere che prova nel farlo, quasi si sentisse vivo solo mostrando una faccia da carogna.
I due architettano quindi un piano per ripagare le banche della stessa moneta: rapinare solo gli sportelli delle filiali dell’agenzia con cui era stato aperto il mutuo fino a raggiungere l’esatto ammontare del debito contratto, quindi restituire quel compenso alla banca a estinzione del debito.
La rapina è portata avanti alla Robin Hood, con l’idea di non fare male a nessuno anche se è difficile tenere a freno le intemperanze che vengono naturali al fratello più scapestrato.
Sulle loro tracce un Texas ranger a poche settimane dalla pensione (un ottimo Jeff Bridges in un cast complessivamente ispiratissimo) che intuisce il loro disegno criminale anche se gliene sfuggono le ragioni implicite.
Nel disegno pensato da David Mackenzie le banche sostituiscono di fatto l’uomo bianco in questa coniugazione di temi western in chiave assolutamente contemporanea. Del resto è propria delle banche la stessa ingordigia dei vecchi cowboy che non si preoccupavano di strappare la terra agli indiani annientandoli senza quasi rendersi conto del genocidio in atto.
E il percorso degli eroi, animato da un preciso senso di giustizia e dalla voglia di riparare a un torto, segue passo passo, tra rapine e inseguimenti, tra momenti intimisti e pause gonfie di inesausta malinconia autunnale, un percorso calato nel solco di una tradizione seria ed importante.
Convincente soprattutto nei momenti di pausa, quando pian piano vengono fuori i vissuti dei personaggi e la loro sofferta condizione, l’apologo centra quasi sempre il bersaglio delle sue intenzioni e ci restituisce il ritratto di un’America che si lascia alle spalle il mito del west e in cui le mandrie fatte muovere da indolenti cowboy sono retaggio di un passato che i figli ormai rifiutano come un lavoro privo di qualsiasi aura di romanticismo.
Ben costruito e ottimamente fotografato, il film non è privo di quell’umorismo cinico e intinto nell’acido tipico degli esiti più tardi del genere, soprattutto in alcuni riuscitissimi personaggi di contorno (la cameriera che serve ai tavoli in una delle soste dei rangers nel corso delle indagini), ma ha qualche rallentamento di troppo, soprattutto verso la metà.
Chi cercasse in questo film innovazioni formali o scelte stilistiche spiazzanti, rimarrebbe certamente deluso, ma nel complesso Hell or High Water è un western godibile con diversi sprazzi di genuina poesia.
(Hell or High Water); Regia: David Mackenzie; sceneggiatura: Taylor Sheridan; fotografia: Giles Nuttgens; montaggio: Jake Roberts; musica: Nick Cave, Warren Ellis; interpeti: Jeff Bridges, Chris Pine, Ben Foster, Katy Mixon, Kevin Rankin, Dale Dickey; produzione: Film 44, Sidney Kimmel Entertainment; origine: USA, 2016; durata: 102’
