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Roma 2016 - Irréprochable

Pubblicato il 17 ottobre 2016 da Alessandro Izzi

VOTO:

Roma 2016 - Irréprochable

È fedele a un principio di non immedesimazione o, perlomeno, di immedesimazione imperfetta, lo sguardo di Sébastien Marnier.
Irréprochable è un film che non cerca la complicità del pubblico, ma segue con occhio fenomenologico le vicende di un personaggio spiacevole che si muove sulla scena senza chiedere indulgenza al pubblico e fedele solo al suo principio di realtà che non sa scendere a patti con quelli degli altri.
Le concessioni al genere thriller sono, da questo punto di vista, elementi per ancorare lo spettatore alla narrazione e non gli ingredienti di una ricetta di genere che risulta gustosa quanto più le dosi sono equilibrate nella giusta direzione.
Il thriller serve al regista per aiutare lo spettatore ad entrare nel suo mondo e non per confezionare un prodotto di sia pur lodevole mestiere. Serve a porci domande su quello che vediamo non a metterci in gara con il regista per immaginare una fine che, quando arriva, ci sembrava scritta sin dall’inizio.
Dispiacerà probabilmente a molti, ma Irréprochable è prima di tutto il racconto di un malessere esistenziale e solo in secondo tempo lo spazio di un’esercitazione sui codici di genere.
Così anche se l’inizio sembra mimare Hitchcock con la protagonista colta in fragrante ad occupare una casa in vendita che poi lascia la città in cerca di una sistemazione nel paese natio, il resto del racconto abbandona presto queste suggestioni in cerca d’altro.
Del resto, non a caso, i capelli, biondi alla Tippy Hedren, sono tinti e già sotto, alla radice, si intravede la ricrescita nera con la loro intenzione di notte.
In poche inquadrature cominciamo così a seguire la storia di questo personaggio che grida ai quattro venti di non essere come appare. Indossa abiti costosi, ma non ha una casa tutta sua. La borsa elegante e di marca contiene poco più che una coperta.
La incontriamo che viene cacciata eppure non ci viene chiesto sin da subito di immedesimarci nel possibile dramma di una donna in evidente difficoltà.
Algida e fiera, risoluta come un soldato (la vedremo nel corso del film curare la sua forma fisica facendo esercizi quasi fosse un marine) si muove nel mondo rivendicando cose sue anche se nessuna delle persone che incontra sembra volerci concedere il dubbio che quelle cose le appartengano veramente.
In verità questa sua visione del mondo è un malessere più contemporaneo di quanto non ci piaccia ammettere. È il risultato, in tante persone, della solitudine concreta prodotta dai social e dalla condivisione veloce, ma di superficie (quanto Facebook viene utilizzato per spiare nella vita delle persone vicine!). È quel malessere che ci porta a credere di avere ragione su tutto e di poterlo gridare nella piazza virtuale e che porta a vedere complotti in ogni desiderio inappagato, in ogni sogno irrealizzato.
Costance, questo il nome della protagonista (nomen omen, come sempre: la costanza che si traduce in caparbia patologica) è una quarantenne figlia di un delirio collettivo nel quale siamo tanto immersi da non rendercene quasi più conto. E persegue i suoi obiettivi con la pazienza del serial killer che manipola fin tanto che può il mondo che la circonda con tutti i mezzi a sua disposizione.
Per questo lo stile di ripresa, rifiutando di cedere alle lusinghe di un virtuosismo alla De Palma, chiede a gran voce la pianezza e la linearità di un film algido e freddo (in questo sì immedesimato con la protagonista) che non scava, ma si limita a mostrare. Senza arrivare, sicuramente (e qui è un possibile difetto) agli estremi di un Haneke, ma lasciando soffocare la sua storia nell’aura torbida e vuota del suo personaggio principale.
Coadiuvato dall’ottima Marina Foïs (altrove comica televisiva), il film si avvale dell’interpretazione di Jérémie Elkaïm e Benjamin Biolay, il primo nel ruolo di ex fidanzato di Costance, il secondo in quello più fisico dell’amante raccolto per strada. Due facce, in fondo, del personaggio principale, il primo intriso di dolcezza è segno di un inconfessato bisogno di affetto, il secondo dell’anima calcolatrice volta al solo perseguimento di un principio di piacere che con il tempo ha preso il sopravvento.
Certo Irréprochable non è un capolavoro, ma è un film che dimostra già una certa sicurezza di linguaggio. Spiacevole dall’inizio alla fine, ma con cognizione di causa e un suo preciso perché.


CAST & CREDITS

(Irréprochable); Regia e sceneggiatura: Sébastien Marnier; fotografia: Laurent Brunet; Laurence Bawedin; musica: Zombie Zombie, Pascal Mayer e Steve Bouyer; interpreti: Marina Foïs, Jérémie Elkaïm, Joséphine Japy, Benjamin Biolay, Jean-Luc Vincent, Jeanne Rosa; produzione: Avenue B Productions, Orange studio; origine: Francia, 2016; durata: 103’


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