Roma 2016 - Sword master 3D

"Puoi sconfiggere i tuoi avversari senza ucciderli!"
Il cinema wuxia moderno, approdato sui grandi schermi europei in maniera travolgente da una ventina d’anni a questa parte, con il passare del tempo si è afflosciato e colpevolmente crogiolato sugli archetipi (tanto cari alla letteratura classica e ai grandi poemi) di cui egli stesso si nutre. Ne resta impastoiato anche Sword master 3D (adattamento del romanzo The third master’s sword, di Gu Long), diretto dall’acclamato scrittore di racconti di genere Derek Yee che, per una volta, ha provato a emulare con risultati più che deficitari quei cineasti cinesi che, al contrario, prendono spesso spunto dalle sua creazioni letterarie per i loro film.
Il canovaccio è tra i più inflazionati nel genere: il Terzo Maestro (Gengxin Lin) è considerato il migliore spadaccino del regno sin dall’età di dodici anni; cresciuto con la consapevolezza di ereditare la dinastia capeggiata dal padre, ma stanco dei numerosi spargimenti di sangue, decide di abbandonare la sua condizione, fingendosi morto, preferendo una vita umile; un giorno conosce Xiao Li (Jiang Yiyan), povera cortigiana che vende il suo corpo per sfamare la sua famiglia, ma prima che tra i due possa sbocciare l’amore, un misterioso spadaccino (Peter Ho) e il clan a cui apparteneva scoprono che Chi (il suo nuovo nome) ha finto di morire e dovrà rispondere della sua negligenza.
Tradizioni, scoperta del proprio Io, amore, vendetta, espiazione. Tutto lascerebbe presagire a un rimpasto e riproposizione di un filone abusato, ma sempre in grado di attirare attenzioni e interesse critico. Tuttavia Yee, dopo aver stilato un copione fin troppo lineare e svincolato da ulteriori interpretazioni, sembra concentrarsi solo ed esclusivamente sulle scene d’azione (alcune spettacolari e riuscite, altre addirittura eccessive e pacchiane perfino per un wuxia che si affida con risoluzione al tocco magico di effetti digitali abbacinanti), caricando Sword Master 3D di un ipertrofismo visivo, che induce lo spettatore a estraniarsi dalla narrazione, anziché esserne coinvolto; l’inesperienza di Yee dietro la macchina da presa lo induce ad abusare di aspetti tecnici che andrebbero utilizzati col contagocce (il rallenty applicato su ogni singolo oggetto lanciato o torsione del busto dei personaggi spinge il film ad assomigliare sempre più a un videogioco, che a un’opera filmica), nonché a frammentare in maniera dispersiva le sequenze che offrono (dovrebbero) maggiore impatto introspettivo.
Addirittura inesistente il lavoro di caratterizzazione SUi vari personaggi, pedine rispolverate da precedenti distribuzioni utilizzate per occupare il loro posto sulla scacchiera: ciò priva Sword Master 3D di imprevedibilità, cosi da indurre ad avere già in partenza la certezza della sorte di ognuno dei personaggi in gioco e, di conseguenza, ogni tentativo di contribuire allo svolgimento della narrazione, appare grottesco e meccanico.
Sword Master 3D non può contare né su intuizioni in fase di scrittura, né su un comparto tecnico valido per ammortizzare il vuoto espressivo e linguistico su cui molti altri film di genere hanno fatto affidamento (Hero, La foresta dei pugnali volanti, The assassin e così molti altri), complice un’iniezione di elementi fantastici, mai del tutto approfonditi, che lo ricacciano in quel limbo di perenne indecisione artistica concettuale, tramutandolo in un corpo amorfo e senz’anima.
Sword Master 3D resta un film da botteghino, un giochino senza alcuna pretesa. Un passatempo da cui disinteressarsi.
(San shao ye de jian); Regia: Derek Yee; sceneggiatura: Tsui Hark, Derek Yee, Chun Tin-nam; interpreti: Lin Gengxin, Peter Ho, Jiang Yiyan, Jiang Mengjie; produzione: Bona Film Group Film Unlimited Production; origine: Cine, 2016; durata: 104’
