Sicilia Queer filmfest 2012 - A tre giorni dalla conclusione

Si è solo a metà del viaggio, ma questa seconda edizione del Sicilia Queer filmfest ha già tanto da raccontare.
Il film d’apertura, Let my people go di Mikael Buch, al suo esordio nel lungometraggio, insegue i ritmi e le caratteristiche della classica commedia degli equivoci. L’intera narrazione si muove al limite del paradosso, sia esso politico, sociale o religioso. L’incontro/scontro della omosessualità del protagonista con le sue origini ebraiche, in un continuo svelarsi di ipocrisie e perbenismo, è il nodo centrale intorno a cui ruotano gli eventi. Tra il riso e qualche pausa di troppo c’è il tempo di accorgersi della bravura – ma non è una novità – di Carmen Maura, musa di Pedro Almodóvar, e del talento di un giovane regista ancora forse un po’ troppo cinefilo e poco autore.
Di altro tenore e genere è Trans, documentario firmato da Chris Arnold, già vincitore nella sua sezione al Torino GLBT film festival 2012. Mai come in questo caso sarebbe opportuno sospendere il racconto e invitare alla visione. La comunità transgender è la protagonista di un film che ha nella sua semplice e straordinaria carica umana il suo migliore pregio. È la testimonianza di una ricerca tanto violenta e disperata quanto necessaria e vitale. È la ricerca di se stessi, di un’identità da rintracciare all’ombra di un corpo a cui non ci si sente di appartenere, sia esso in età infantile che matura.
Palazzo delle Aquile è la sede del municipio di Palermo. Palazzo delle Aquile è anche il titolo del documentario di Stefano Savona, vincitore del Gran Prix al festival Cinéma du Réel di Parigi. Come tutti i lavori di Savona, ormai documentarista tra i più apprezzati sulla scena internazionale, il film non possiede filtri. Il palazzo, sede istituzionale della politica palermitana, viene occupato da diciotto famiglie per trenta giorni. Diciotto famiglie che, rimaste senza casa, decidono di scontrarsi contro il silenzio delle istituzioni locali in modo radicale. Savona registra tutto. Per più di due ore racconta rabbia, silenzi, noia. In un caotico susseguirsi di eventi ed emozioni, in cui la politica è costretta a toccare i risultati della sua assenza, c’è tanto della città natale del regista. Di una Palermo in cui anche una storia “sbagliata”, come questa, si rende possibile.
Passando al concorso internazionale riservato ai cortometraggi, tra i primi otto una nota particolare va a Lunch Timedi Keo Woolford, per la naturalezza tanto della messa in scena che della scrittura. Sette minuti di incontro tra un bambino ed un maestro elementare in cui è il silenzio, più di ogni altra cosa, a raccontare di comprensione e solidarietà tra due generazioni distanti nell’età e vicine nelle esperienze.
Dissacrante e vivace è The Confession of Father John Thomas di Elka Kerkhofs, lavoro di animazione che ironizza sui desideri inconfessabili di un prete australiano. I disegni originali e la scrittura provocatoria rendono il corto, di appena cinque minuti, un piccolo gioiello. Convincono di meno il francese La Dèrade di Pascal Latil, al suo debutto come regista e sceneggiatore, e House for sale di Eisha Marjara. Nulla da eccepire sulla forma, curata in entrambi i casi, è il racconto ad apparire un po’ troppo didascalico.
Non meno interessante si rivela, al contrario, Cupcake – A Zombie Lesbian Musical di Rebecca Thomson. Il titolo, tra i più curiosi e attesi, svela tutto. Si tratta, infatti, di un piccolo horror movie (18 minuti la durata) che sfrutta l’intolleranza nei confronti di una coppia di lesbiche per sfociare in un delirante musical. Carina l’idea e buona la realizzazione.
Il bilancio, sino ad ora, non può che essere estremamente positivo.
