Spes contra spem - Liberi dentro
"Stiamo vivendo, senza esistere"
All’interno del carcere Opera di Milano persistono delle anime grigie. Sono quegli uomini che stanno scontando l’ergastolo per aver commesso, in gioventù, reati condannati come crimini di mafia. La loro (non)vita, dopo più di vent’anni senza mai conoscere altro luogo all’infuori dei confini delle prigionia, si regge sul rimorso di quanto commesso, sul dolore traboccato dalle numerose vite spezzate e dall’impossibilità di godere della presenza dei loro cari. Uomini a confronto con un tentativo di riabilitare le proprie coscienze, con il rischio di scambiare la speranza con l’illusione, alla perenne ricerca di un appiglio morale che funga come ancora di salvezza.
Il regista Ambrogio Crespi (già autore di un docufilm sulla figura di Enzo Tortora) si pone l’obiettivo di scandagliare l’animo di questi detenuti, lasciando che siano loro stessi a raccontare le loro vite spezzate e gettate in un oblio senza fine: le domande poste sollecitano gli intervistati a cercare e rivelare un senso di fondo alle loro azioni, tentando di scrollarsi di dosso il peso di un passato vergognoso e brutale, come fango umido e appiccicoso.
Il docufilm tenta di fornire un quadro d’insieme del sistema carcerario interessato al controllo e alla rieducazione di detenuti con trascorsi analoghi, attraverso il parere degli addetti ai lavori del carcere di Opera, spezzando con efficacia una narrazione per racconto già carica di un’emotività opprimente, che, come unica chiave di lettura, avrebbe rischiato di soffocare lo spettatore e lo svolgimento pragmatico di un documento che deve (per sua stessa ragion d’essere) prefissarsi una funzione educativa.
Tuttavia Crespi si lascia travolgere dal turbinio di tragica emotività, abbandonandosi in eccessivi ed estenuanti lirismi, rendendo irrequieta la narrazione grazie alla persistente colonna sonora che non lascia mai completamente piena autonomia alle dichiarazioni dei detenuti, così come risultano fuori luogo e non pertinenti gli sconnessi tentativi di ricercare simbolismi in paesaggi immersi nella natura ripresi in campo lungo, i movimenti di uno sconosciuto personaggio dalla giovane età, seguiti con carrellate al rallenty e digressioni tra i corridoi del carcere in inquadrature sfocate o fermi immagine sui volti dei detenuti, che evocano pietà, più che un chiaro senso critico/analitico del raccontato (presa di posizione non richiesta in documenti di tale risma, più adatti a mostrare, che a fare altro).
Spes contra spem – Liberi dentro si lascia apprezzare per il tentativo di dar voce ai carnefici, mettendone a nudo l’anima, per terrorizzare lo spettatore e, al contempo, indurlo a una riflessione in merito alla sconfitta di una fetta di tessuto sociale abbandonato a se stesso, cannibalizzato da un’odio insensato e vituperato da un canceroso abbattimento ideologico e culturale. Mostrare e raccontare frammenti di nera storia italiana, può aiutare a invertire questa tendenza all’annullamento della propria esistenza. Senza aver paura di confrontarsi con la realtà, impedendo che la speranza finisca col confondersi con l’illusione.
(Spes contra spem - Liberi dentro); Regia: Ambrogio Crespi; sceneggiatura: Ambrogio Crespi, Luigi crespi; fotografia: Index Production; montaggio: Index Production; musica: Giorgio Barozzi; produzione: Index Production , Nessuno Tocchi Caino; origine: Italia, 2016; durata: (esempio) 70’; webinfo: Sito ufficiale