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Televisionarietà - Harper’s Island

Pubblicato il 17 settembre 2009 da Lorenzo Vincenti


Televisionarietà - Harper's Island

Si compie in un’unica stagione il destino di Harper’s Island, la nuova serie televisiva della CBS in onda la scorsa primavera negli Stati Uniti e già in programma sulla Rai.
Contrariamente a quanto si pensi, la conclusione della serie non è una scelta attribuibile a una cancellazione prematura decisa dal network americano, ma è semplicemente il risultato di una linea produttiva ponderata e perseguita sin dal principio per accrescere la dignità di un prodotto che, in caso contrario, non avrebbe avuto ragione di esistere.
Harper’s Island è nato infatti per trovare il suo compimento nei 13 episodi che lo compongono e un po’ come avviene per quei gialli molto avvincenti da sfogliare rapidamente, il suo svolgimento è racchiuso in una logica circolare che invece di basarsi sulla continuità, conchiude il proprio ciclo narrativo nel volgere di pochi ma intensi segmenti.

Simile appunto alla rigidità del giallo, ma sporcata dalle ingerenze del thriller e in taluni casi dell’horror, Harper’s Island immerge il proprio pubblico in un’avventura eccitante e sconvolgente, circoscritta nei territori limitati di una fittizia isola al largo della costa nord occidentale degli Stati Uniti dove un gruppo di parenti e amici si riunisce per celebrare le nozze di due dei protagonisti della vicenda.
Se per alcuni di loro, però, l’isola è semplicemente una novità scenografica affascinante, un territorio stupendo da scoprire e godere, per altri invece non è che un luogo ripudiato con forza, capace di rievocare gli antichi fantasmi di un passato ormai dimenticato. Appena sette anni prima, infatti, uno spietato assassino ha fatto di quei territori lo scenario ideale per l’uccisione cruenta di sei abitanti del luogo, gettando l’intera comunità in una condizione di disfacimento psicologico incancellabile e colpendo direttamente o indirettamente alcuni dei protagonisti della serie.
Cercando di sorpassare gli incubi a cui l’isola riconduce, alcuni di loro si riaffacciano alla realtà del posto in nome di una serenità da ritrovare e di un matrimonio da onorare. Nessuno dei componenti però osa immaginare quale maledizione si nasconda ancora dietro quel luogo così infausto e soprattutto nessuno dei presenti è in grado nemmeno lontanamente di prevedere quale destino tragico sarà lì ad attenderli una volta scesi dal battello.
Morti misteriose e uccisioni già viste si abbatteranno sull’isola aprendo nuove laceranti ferite e riportando a galla, in un crescendo di suspense e mistero, ciò che il tempo aveva apparentemente sommerso. Nel corso delle 13 puntate impareremo a conoscere personaggi affascinanti destinati però, di volta in volta, a scomparire in maniera misteriosa per mano di un nuovo serial killer attivo sul luogo.
Un lungo e sofferente déjà vu, insomma, alla base del quale si cela un mistero che scopriremo soltanto a giochi conclusi, ossia quando ogni petalo sarà venuto via dal fiore e le risposte al misterioso intrigo saranno rivelate allo spettatore.

Girato con importanti mezzi e agevolato da una ambientazione incredibilmente suggestiva quale è quella di Vancouver (luogo reale delle riprese), il lavoro ideato da Ari Schlossberg, e realizzato grazie alla supervisione produttiva e artistica di Jon Turteltaub e Jeffrey Bell, possiede una rigidità che esula dalla dinamicità della serialità televisiva e si avvicina prepotentemente agli schemi del cinema di genere. Come abbiamo avuto modo di anticipare, il suo non è un percorso unico e incontrovertibile, ma una costruzione inflazionata dalla compresenza di più declinazioni che intervengono contemporaneamente per attentare alla linearità dell’opera. Come ad esempio quella derivata dalla soap, che in certi tratti fa sentire più del dovuto la propria presenza, appesantendo notevolmente intere porzioni di racconto.
Per il resto lo script assume una consistenza significativa all’interno dell’opera proprio perché agevola la nascita e lo sviluppo di molte storie differenti, che si intrecciano a vicenda e rimandano l’una all’altra in un susseguirsi di colpi di scena e cambi di direzione improvvisi. La consapevolezza di doversi confrontare con una serie televisiva pensata per apparire agli occhi esterni come un grande film in tredici parti ha fatto in modo che si potesse concepire, sin dalla genesi, una strutturazione in divenire dell’emotività. Una escalation di sensazioni in continuo movimento tese ad agevolare l’alone di mistero che avvolge il racconto, e che attimo dopo attimo rinchiude lo spettatore in una visione senza scampo.

Questa narrazione ansimante, che in alcuni tratti riporta alla mente un film come Scream, sfrutta tutti i tratti caratteristici dell’horror e basa la sua consistenza sulla suggestione provocata dall’aspetto visivo dell’intera serie.
La fotografia di Robert MacLachlan contribuisce non poco infatti all’avvio di una lenta discesa negli inferi, attraverso una contrapposizione molto evidente tra i colori sgargianti, le luci accese e i movimenti di macchina concilianti della parte “on” della storia (quella gradevole, sviluppata attorno alla cerimonia) e i colori lividi, i chiaroscuri e le riprese notturne, sporche, disorientanti della parte “off” (quella che ovviamente richiama il lato oscuro dell’isola, gli intrighi nascosti dietro molti dei protagonisti e i crimini presenti sullo sfondo del racconto).
Quest’opposizione si avverte anche nei personaggi e nella loro differente estrazione sociale. Contrapposta e incompatibile, essa fa da sfondo allo sviluppo della tensione provocando continue crepe nell’armonia dell’intero gruppo e suscitando non pochi dubbi sulle reali cause della improvvisa ondata di omicidi.
Sorvolando sulla discutibile abilità recitativa di alcuni dei molti attori in scena, si può comunque arrivare a considerare Harper’s Island un lavoro interessante e sufficientemente astuto da supplire a certe lacune con una messa in scena suggestiva e il ricorso alle convenzioni, abusate ma sempre efficaci, di tutti i generi che alimenta al proprio interno.
Una operazione che garantisce riconoscibilità e non trascura le esigenze di un target giovanile, le cui esigenze saranno soddisfatte pienamente dai temi, dagli intrighi e dalla vivacità di una serie breve ma molto appassionante.


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