Televisionarietà - I Borgia

Dopo tutto, ciò che più conta sono le immagini (e i suoni), frammenti che rimangano scolpiti nella mente, momenti forti che facciano pressione su chi guarda e ascolta, lampi che fendano e illuminino il costrutto generale, sintetizzandolo e insieme esaltandone le caratteristiche. E la corruzione della corte papale durante il Rinascimento che, storicamente e forse ancor più nell’immaginario popolare, aveva raggiunto il suo apice sotto lo spagnolo Rodrigo Borgia, di certo offre sempre molto materiale da portare sullo schermo, ancor più oggi, in anni nei quali - trattando dello specifico televisivo - vari tabù legati alla rappresentazione sono caduti.
E la firma in calce a questa coproduzione franco-tedesca per Canal+, ZDF e ORF è quella dell’americano Tom Fontana, già creatore del fondamentale Oz per l’HBO: una delle più grandi opere seriali della storia, una televisione della crudeltà senza eguali. E anche qui, ne I Borgia, si sente l’odore di una umanità ferina. Un lavoro importante dal punto di vista produttivo, di forte impatto sullo scenario dell’Europa continentale, ancor più sorprendente se si pensa come non sia stata arricchita da alcun finanziamento d’Oltreoceano (ciò probabilmente al fine di evitare una concorrenza sul fronte interno con i contemporanei The Borgias di Neil Jordan e della Showtime). Ma, pure per quanto riguarda i risultati prettamente estetici, la biografia della celebre famiglia sa donare spunti interessanti.
’La bocca sollevò dal fiero pasto’. Non sarà forse un caso se proprio tre dei momenti più forti de I Borgia riguardino l’atto del mangiare: ossia il futuro Alessandro VI (John Doman), l’anziano cardinale Borgia, con la testa tra le gambe della giovanissima amante Giulia Farnese (Marta Gastini) – nella realtà una quindicenne - la quale non può che complimentarsi con l’uomo per le sue capacità amatorie; il papa Innocenzo VIII (Udo Kier) sul letto di morte, allattato da una donna del popolo romano nella speranza che ciò possa donargli un barlume di speranza, un uomo che ha vissuto un’esistenza all’insegna della corruzione e della dissolutezza e che con intensità sempre maggiore, vorace come un neonato, sugge un seno, nella rappresentazione di una completa regressione, quasi inconsapevole avvicinandosi alla morte, tornando verso un primordiale stato di natura; infine un cane, intento a sventrare gli intestini di un cadavere, in quel cimitero all’aria aperta che sono diventate le strade della Capitale della Cristianità, negli scontri seguiti alla morte del pontefice, con la folla che ha cercato di appropriarsi delle sue ricchezze. In ognuno di questi esempi, operando un collegamento di significato che evidentemente passa attraverso quell’organo centrale che è la bocca, dal’Eros si giunge al Cibo e alla Morte: l’umanità diventa ferina, preda di passioni estreme e accecanti, attenta al raggiungimento del potere e del denaro, posizioni sociali da conquistare tramite qualsiasi mezzo.
Spietata e cruda è la serie trasmessa da Sky Cinema - una versione estremizzata de I Tudors - anche nella sua feroce ironia sulle cose del mondo: dodici episodi la prima stagione (i primi quattro girati da Oliver Hirschbiegel), una folta galleria di personaggi ben descritti. E su di uno di loro ci si può brevemente soffermare: il giovane Cesare Borgia (Mark Ryder), preda di un violenza che è una lente attraverso la quale vivere la propria vita, essere ricco di contraddizioni, esaltato da una spirituale religiosità e da un sentimento di empatia verso le umane sventure, ma anche da una profonda attenzione nei confronti della realtà con i suoi valori moralmente più miseri, emblema perfetto per veicolare la normalità dell’anormalità di cui I Borgia si fanno portatori, avanguardia e culmine di un mondo esasperato.
