X

Su questo sito utilizziamo cookie tecnici e, previo tuo consenso, cookie di profilazione, nostri e di terze parti, per proporti pubblicit‡ in linea con le tue preferenze. Se vuoi saperne di pi˘ o prestare il consenso solo ad alcuni utilizzi clicca qui. Chiudendo questo banner, invece, presti il consenso allíuso di tutti i cookie



Televisionarietà - New Rose Tv: la televisione di Abel Ferrara

Pubblicato il 19 giugno 2008 da Sergio Sozzo


Televisionarietà - New Rose Tv: la televisione di Abel Ferrara

’Troverò la cosa che ami di più al mondo, e la ucciderò. Tua madre, tua moglie, tua figlia... Qualunque cosa sia, è morta’. Dennis Farina, Crime Story

L’esordio sul piccolo schermo del cinema di Abel Ferrara avviene insieme ad un Sonny Crockett completamente stravolto, che entra in scena nell’episodio The Home Invaders come mai più ci capiterà di incontrarlo lungo tutta la serie, richiamato d’urgenza in centrale per una riunione straordinaria all’alba: capelli arruffati, viso sconvolto, l’impeccabilità del vestiario annullata da una camicia sgualcita appena appoggiata, e dalla giacca portata sottobraccio come un fagotto. La riunione è in corso, Sonny si stende sulla scrivania come fosse un giaciglio, chiude gli occhi, si massaggia le tempie. Abel Ferrara è arrivato in tv.

L’elemento più sorprendente dei due episodi di Miami Vice che Michael Mann farà dirigere ad Abel nel 1985 è l’incredibile funzionalità dei codici assimilati dal Ferrara televisivo, inaspettatamente a suo agio con gli inseguimenti automobilistici (farà probabilmente tesoro di quest’esperienza per i successivi Cat Chaser e King of New York) e col montaggio sincopato a base di frastornante pop plastificato anni ’80. E allora, non sarà forse un caso che il ritorno al grande schermo, dopo i due anni di totale immersione nel quadro televisivo, avvenga per Ferrara con il quasi musical di China Girl – e spingendosi più in là: è forse ipotizzabile che le videoderive senza freni e senza approdi dei due favolosi Blackout e New Rose Hotel siano in una certa misura anche il "rifrullare", il riappropriarsi, il fare esplodere, proprio quei precisi canoni televisivi appresi nei due anni di ‘esilio’.

Non a caso, proprio come il Matthew Modine di Blackout e il Willem Dafoe di New Rose Hotel, i personaggi del Ferrara televisivo sono perseguitati da voci di fantasmi, ossessionati da visioni, immersi in un incubo dell’animo che il regista esplicita proprio attraverso il ricorso esagerato alla visionarietà pacchiana e grossolana del linguaggio catodico: il detective Torello di Crime Story continua a sognare la moglie ammazzata per un suo fatale errore; il Gladiator è ossessionato dall’immagine della nera auto che gli ha fatto fuori il fratello, mentre ripercorre mantalmente, come un disco rotto, l’ultimo dialogo avuto col ragazzo. E soprattutto, nel bellissimo episodio di Miami Vice chiamato Una donna senza onore, l’agente Gina Navarro, assurta per un’intera puntata ad assoluta protagonista della serie - con Sonny e Rico quasi assenti dalle sequenze (mentre in giro tra i lavori in tv di Ferrara è facile ritrovare suoi volti-feticcio come Giancarlo Esposito e David ‘Horatio’ Caruso...) - è rosa dal tarlo di aver usato il grilletto troppo facile nei confronti di due balordi, che ha ammazzato e già così dilaniata nel cuore deve affrontare un nuovo dilemma morale, ovvero se arrestare o no l’uomo che sta frequentando, appena si rende conto che si tratta di un habitué di festini a base di droga tenuti da un potente spacciatore.

Qui si fa strada l’idea di una non improbabile coerenza interna a tutto il corpus televisivo di Ferrara, basata sull’ambiguità della nozione di una Legge superiore, infallibile, con facoltà quasi divine di decidere la vita e la morte. Nel film-tv The Gladiator, il protagonista Rick trasforma il suo pick-up in una medievale giostra di morte con tanto di speroni, spuntoni e catapulta, e pattuglia le notti per la strada con il proposito di ripulirla dagli ubriaconi alla guida che causano mortali incidenti d’auto.
Eppure la simpatia nostra e di Ferrara va tutta agli indifesi automobilisti pieni di birra, inseguiti e malmenati con crudeltà dal folle vigilante su quattro ruote: nella sequenza in cui il serial killer sul bolide scuro, antagonista del gladiator, tenta di mandare fuori strada il fratello del protagonista, impegnato nella sua prima uscita alla guida del pick up di Rick, è inevitabilmente per l’assassino, che patteggiamo: Rick è infatti tutto intento in un sermone ai danni del fratello sul guidare sobri e cauti, sull’andarci piano con il caricare le ragazze in auto, sul non spingere troppo il pedale dell’acceleratore. Per fortuna, lo schianto lo zittisce.
D’altronde, il Tenente Castillo, nel finale dell’episodio di Miami Vice chiamato Gli Invasori, non ci pensa un attimo prima di freddare spietatamente i crudelissimi topi d’appartamento che stavano seminando il panico in città, dopo aver rimproverato più volte il responsabile dell’unità incaricata dell’indagine di non avere polso nell’affrontare il caso.

Tutto ciò si sublima nella sortita più felice di tutto il percorso in tv di Abel Ferrara, una nuova produzione di Michael Mann (che forse l’autore potrebbe tenere a mente durante le riprese del suo gangster movie su Dillinger e Baby Face, Public Enemies...), tranquillamente degna del livello delle più riuscite pellicole del regista di Go Go Tales: la magnifica ora e mezza di episodio pilota di Crime Story vede nascere i semi della lotta senza esclusione di colpi nella Chicago dei primi anni ’60 tra l’ambizioso e sanguinario galoppino della malavita Ray Luca (basato sul reale boss Spilotro a cui è ispirato il personaggio di Joe Pesci in Casino di Scorsese), e l’ombroso detective dai modi spicci e brutali al limite del consentito Mike Torello (Dennis Farina: ’era un vero sbirro nella Chicago anni ’60. E la polizia di Chicago nella realtà era ancora più violenta di quanto appaia nel mio film. Farina ha ammazzato più gente lui di metà dei gangsters di Chicago, la maggior parte a sangue freddo. Un reduce di guerra, una specie di maniaco omicida: perfetto per la polizia.’ – A.F.). ’Giusto per mostrarti quanto sarebbe facile’, dice Torello a Ray Luca dopo averlo volutamente mancato di un soffio con un gratuito colpo di pistola, mentre il boss è immobilizzato a terra (’Il trucco è di abituarsi all’idea’, aggiungerebbe Ray Tempio...). Ferrara si diverte con la colonna sonora rock’n’roll irresistibile curata da Todd Rundgren, e con tutti gli stilemi più classici del noir: cappellacci flosci, ombre lunghe sui muri o dietro ai vetri smerigliati delle porte, atmosfera piovosa, fumo dai tombini – in quell’ambientazione italoamericana che poi tornerà dieci anni dopo proprio in The Funeral.

Passano gli anni, restano le ossessioni. ’L’unico momento in cui vedo il confine, è quando l’ho passato’ – come afferma Sonny Crockett alla tormentata collega Gina Navarro.


La tv di Abel Ferrara:

The Home Invaders (Gli Invasori, episodio di Miami Vice, 1985)
The Dutch Oven (Una Donna senza Onore, episodio di Miami Vice, 1985)
The Gladiator (film-tv, 1986)
Crime Story (Le Strade della Violenza, episodio pilota di 90’, 1986)


Enregistrer au format PDF