Televisionarietà - Weeds
Little boxes on the hillside, little boxes all the same. Piccole scatole sulla collina, piccole scatole tutte uguali.
Per tre stagioni queste parole hanno dato inizio alla sigla di una delle serie più irriverenti e spudorate della tv americana degli ultimi anni: Weeds.
I contenitori di cui sopra sono le villette tutte identiche di Agrestic, quartiere residenziale di Los Angeles, in cui vivono famiglie tutte uguali, composte da persone della stessa estrazione sociale, l’alta borghesia californiana, tutte ben istruite ed educate, su cui però si allarga un’ombra beffarda: quella di una foglia di marijuana che ispira il titolo. Tra queste esistenze conformate e stereotipate si differenzia quella Nancy Botwin. Perso da poco il marito Judah, la protagonista interpretata da Mary-Louise Parker, si ritrova da sola a dover tirar su i due figli adolescenti. Il tenore di vita da mantenere per essere ancora accettata nella comunità è molto alto, e quale lavoro più redditizio se non quello di diventare la spacciatrice più richiesta della zona, per guadagnare i soldi necessari per salvare le apparenze all’interno e all’esterno della famiglia?
Bistrattata dalla programmazione italiana, Weeds ha resistito nei palinsesti di Rai2 per un solo anno, posizionata subito dopo LOST ma non riuscendo a sfruttarne il traino per fare audience. Il basso share ha fatto sì che sparisse dai nostri schermi questa sfacciata rappresentazione della società a stelle e strisce, forse una delle meno pudiche e politically correct mai realizzate dalla prolifica industria televisiva americana.
È ancora una volta la Showtime (produttrice anche di Dexter e di The Tudors, solo per citare gli ultimi nati) a mettere in piedi questo progetto, che oltreoceano raccoglie consensi sempre crescenti e che a giugno ha inaugurato la sua quarta serie di episodi con alcune piccole differenze in confronto alle precedenti. Cambia la sigla (da sempre punto di forza delle produzioni Showtime), spariscono alcuni personaggi chiave delle precedenti “avventure”, si cambia luogo passando sulla costa californiana molto vicini al confine messicano. Restano i principali denominatori: il disprezzo per il perbenismo, l’apoteosi dell’impostura, lo sberleffo alle istituzioni.
Questa geniale dark comedy a puntate, ha come tema di fondo proprio la critica a queste apparenze e alla società che le alimenta. Critica a una casta di professionisti falsa e ipocrita che si nutre di cibi macrobiotici e diet coke come la marijuana si nutre di concime e acqua.
Nancy è la rottura delle convenzioni, necessaria per il mantenimento delle stesse. È l’incarnazione della doppiezza di una società casta e bigotta ma piena di scheletri nell’armadio, contro cui si scagliano gli sceneggiatori di Weeds.
L’ambientazione è da casalinghe disperate, ma con la totale assenza di palese disperazione: tutti sono felici al di fuori delle proprie case, sono le mura domestiche a nascondere i guai più grotteschi. Ci sono adolescenti problematici deviati dalle aspettative dei genitori o traumatizzati dalla loro mediocrità, ma non si scade mai nella facile demagogia. Tutto viene affrontato con estremo cinismo e con una vena di humor nero che fa spesso ridere di gusto. Tutti i personaggi anche quelli che appaiono e scompaiono nel giro di poche puntante, hanno una loro linea narrativa che crea un susseguirsi di eventi tragicomici perfettamente orchestrati: dall’amministratore comunale bancarottiero, ai coltivatori di colore che forniscono l’erba, dal poliziotto innamorato della pusher al boss di quartiere, al cognato della protagonista forse uno dei coprotagonisti meglio riusciti.
La “carriera” di Nancy passa attraverso colpi di genio e di fortuna, ubriacature purificatrici e molto sesso. Vengono toccati temi forti: inevitabilmente la diffusione delle droghe leggere, ma poi i rapporti tra genitori e figli in nuclei familiari instabili, la religione vista quasi come una nuova droga di massa, l’eutanasia, la politica, la corruzione latente come una metastasi in ogni ambito della società. Weeds si presenta come un divertissement riuscito alla perfezione, che si muove agile anche su tematiche che esulano dalle leggi canoniche dell’intrattenimento televisivo.
Un’occasione perduta per chi non ha saputo valorizzare un tale prodotto sulle nostre reti nazionali.