Tinto Brass all’Università di Salerno
Da più parti la notizia di Tinto Brass ospite all’Università di Salerno era stata accolta con dei malcelati sorrisini di imbarazzo per l’associazione fra una figura così sopra le righe e un’istituzione accademica. L’attesa si è sciolta in un fragoroso applauso che ha accolto il maestro del cinema erotico italiano nell’aula delle lauree, gremita di studenti, fan e tanti curiosi riuniti nella mattinata dell’11 novembre in occasione del secondo appuntamento della rassegna Filmidea.
Cravatta rosa prosciutto, sguardo sornione e labbra serrate intorno all’immancabile sigaro, Brass ha piacevolmente stupito i presenti che si aspettavano il personaggio provocatorio e lascivo visto più d’una volta in tv o nei suoi stessi film. Con misurate digressioni, il regista de La chiave e Paprika ha intrattenuto il pubblico con alcuni aneddoti sulla sua formazione artistica, ricordando gli anni parigini e le collaborazioni con grandi registi italiani, esperienze che hanno gettato le basi formali del suo stile. E sul rapporto con le diverse attrici che ha diretto durante la carriera, ha espresso comprensione per quante hanno preso le distanze dai suoi film, “cosa naturale da fare per entrare in certi ambienti come la Rai” ha constatato, “per cui” ha proseguito “quelle cose le avevan fatte solo perché costrette da quel porco di Brass”, ha concluso facendo pensare tutti alle reazioni di Koll e Caprioglio. Di contrasto, il piacevole ricordo e la duttilità di interpreti come la Sandrelli o la Redgrave a loro agio anche nelle scene più complesse di nudo, cosa che invece a Maria Schneider è riuscita impossibile dopo l’esperienza “traumatica” del ruolo di Jeanne in Ultimo tango a Parigi di Bertolucci.
Brass non si è tirato indietro di fronte alle curiosità della platea, alcune adeguate al tono “didattico” del momento, altre dettate più dalla prurigine che dall’interesse di uno studioso di audiovisivi, come una goffa domanda sulla miglior definizione di culo. Con molto stile il regista ha prontamente ribattuto che “la miglior definizione di culo è il termine bonheur che in francese indica fortuna e felicità…”. L’incontro ha raggiunto il climax durante la proiezione di due corti che hanno riassunto in maniera emblematica la parabola artistica del regista milanese, il primo caratterizzato da un montaggio sperimentale ed il secondo da una espressione di piccante erotismo.
L’INCONTRO
L’introduzione storico cinematografica del prof. Frezza, uno dei promotori dell’iniziativa, ha stemperato gli animi dei ragazzi in rumoroso visibilio, precedendo l’intervento dell’ospite con una digressione critica sull’opera del maestro. Dall’eredità visiva del nonno pittore agli anni della Cinémathèque di Parigi subito dopo la laurea in legge. Di lì le frequentazioni con Jean Renoir, col celebre documentarista Joris Jvens, fino al ritorno in Italia per lavorare con Rossellini in India e Il generale della Rovere e con Cavalcanti, poi gli esordi dietro la macchina da presa in Chi lavora è perduto del ‘63. Come più volte sottolineato dai relatori, Brass è figura versatile della produzione cinematografica, a suo agio nella ripresa quanto nella fotografia, nella sceneggiatura e al montaggio. Sul versante dei temi in particolare, il cineasta è il riconosciuto “sdoganatore” dell’eros come espressione gioiosa, capace di imporsi al Festival di Venezia e di irrompere nella cinematografia corrente ricavandosi un posto come referente del genere erotico. Sesso come felicità non come accostamento alla pulsione di morte, al senso di peccato ed alla violazione.
Ma contrariamente alle aspettative si è parlato poco di sesso, eccezion fatta per qualche battutina strappata quasi a forza dagli studenti. L’autore ha infatti centrato il discorso sul suo canone artistico, stabilendo anzitutto quello che per lui e la critica è uno spartiacque creativo, La Chiave, il film del 1983 che ha anche ri-proiettato Stefania Sandrelli nell’empireo delle bellezze nazionali. “La mia produzione”, ha spiegato, “si divide in AC e DC: Ante Chiave e Dopo Chiave”. Se nella frazione “AC” il suo lavoro si è speso soprattutto nell’impegno civile, nello studio delle varie declinazioni del potere e delle strategie per la sua sovversione, l’attenzione verso l’erotico ed i costumi sessuali colora il secondo tempo della sua carriera, dopo aver maturato la consapevolezza (marxista) “che la lotta ad un potere porta solo all’imposizione di un altro potere”. L’unica rivoluzione realmente possibile e dirompente per la società restava quindi quella sessuale poiché, secondo Brass, è solo attraverso la rottura delle tradizioni che regolavano i rapporti atavici fra gli individui, con tutte le sue ipocrisie e contraddizioni, che si poteva realmente stimolare al rinnovamento. Film come Miranda o Così fan tutte sono quindi giochi di coppia con il pubblico che solleticano il suo pudore fino a volte ad irritarlo. In riferimento agli ultimi episodi della cronaca scandalistica intrecciata a quella politica, Brass non fa sconti alla finta moralità di cui si ammantano spesso molti esponenti del parlamento che il più delle volte risulta essere solo una facciata elettorale. Citando la frase di Oscar Wilde “la morale è quella cosa che rinfacciamo agli altri quando non ci piacciono”, il maestro ha liquidato con sufficienza questi episodi che sembrano indignare così tanto l’opinione pubblica.
Dal punto di vista più strettamente cinematografico, la cifra sostanziale sottolineata da Tinto Brass è la centralità del significante sul significato. Prima ancora di raccontare qualcosa, la sua preoccupazione è sempre stata quella di creare belle immagini, con un’attenzione primaria per la forma e “le forme”. Questa attitudine l’ha ereditata dal cineasta francese Renoir che, a sua volta, l’aveva appresa dal padre e pittore impressionista Auguste. Oltre alla fase che interessa i provini – a proposito della quale ha citato il celebre metodo della monetina in terra fatta raccogliere dall’attrice provinanda -, il momento che diverte maggiormente Brass è quello del montaggio perché è lì che sente tutto il potere assoluto del demiurgo ne creare la struttura del segno cinematografico.
La giornata ha offerto anche un assaggio della produzione del maestro con la proiezione di due corti portati dal regista stesso, il primo più legato alla sperimentazione linguistica con un montaggio serrato con chiara reminescenza delle avanguardie anni ‘20, il secondo esplicitamente legato all’eros ed alla rottura dei tabù sessuali. E’ soprattutto questo secondo filmato, Hotel Coubert, estratto da una trilogia, che ha destato il vivo interesse ormonale dei maschietti e l’opposta tiepida reazione delle ragazze. La conclusione del breve lavoro è affidata all’immagine dello stesso Brass che dallo schermo cita Picasso sposando la tesi “l’arte non è mai casta. Se lo è, non è arte…”. E come l’ingresso, anche il commiato di Tinto Brass è stato trionfale, lasciando il pubblico con uno dei suoi sillogismi più citati sul web a proposito dell’amato fondoschiena “Tesi: il culo è lo specchio dell’anima; Antitesi: ciascuno ha il culo che merita; Sintesi: fammi vedere il culo e ti dirò chi sei”. Applausi a scena aperta per il maestro.
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