Festival del Film di Roma 2014 - Tusk
Kevin Smith è un autore eclettico, capace di cambiare genere repentinamente e allo stesso tempo instaurare un rapporto singolare tra i suoi film e i generi di riferimento. Si potrebbe dire che è un autore che ’non rispetta le regole’ e per fortuna, aggiungiamo noi. Questo avviene in Tusk, dove il fattore espressivo della messa in scena e della scrittura procede in una direzione che è duplice.
Da una parte l’idea, ’seria’, di scrivere e girare un film con l’intento di mettere in gioco ambizioni importanti. L’idea di portare sullo schermo lo sconfinamento ’uomo – animale – uomo’, che è materia ampiamente trattata dal cinema nella sua storia, ma c’è sempre altro Cinema nel cinema di Smith, e i riferimenti, in questo caso, al Cat People (Il bacio della Pantera) di Tourneur sono fin troppo evidenti. Da quelli visivi come la piscina o lo zoo scenari della trasformazione, a quelli gnoseologici, infatti come l’Irena, protagonista del film di Tourneur, che è un vittima inesorabile della sua condizione a causa di un’antica maledizione, anche il Wallace (Justin Long) di Tusk è a sua volta vittima. Egli infatti subisce la trasformazione impotente.
Ma se da una parte Simth comprende l’impronta ’seria’ da dare al suo film, comprende anche la necessità di alleggerire i contenuti, riportandoli ad una dimensione più libera e profondamente ironica. Ne consegue un’altalena di momenti grotteschi, comici, romantici per fino giocosi e comici. Il tutto per ibridare un’opera che altrimenti diversamente non funzionerebbe. Non è un horror ne un thriller, ma più semplicemente un film di Smith, come lo sono stati già Zac e Miri make a porno o Dogma. Ratificare quindi temi alti e importanti del cinema nella sostanza e comprimerli tutti nella farsa e nel jokes, creando uno spaesamento naturale nello spettatore.
Allora questo Tusk diventa un genuino dramma morale sull’identità bestiale dell’uomo, in cui i limiti sono incerti, e dove i mostri non sono definiti. L’autore esprime infatti una sorta di quesito, chiedendo e chiedendosi chi siano i mostri. Lo sono la società dei mass-media ’sociali’? Che con il loro incedere determinano una desensibilizzazione del pubblico. Oppure è il serial killer? Che mostra comunque un progetto, ma anche un dramma patologico interiore. Smith non ha dubbi in tal senso, e non risparmia nessuno.
Ma rende possibile questa ’denuncia’, mascherando il tutto nascondendola sotto un velo di generale commedy, che sa far funzionare maledettamente bene come solo i grandi sanno fare. A dare una certezza a tutto questo le presenze attoriali del bambino de Il sesto senso Haley Joel Osment, ormai adulto e imbolsito, e di Johnny Depp, forse in uno dei ruoli più istrionici da lui interpretati. Un Depp che gigioneggia facendo il verso a un Ispettore Clouseau. Ancora altro Cinema. L’autore, coerente con se stesso, ci ribadisce dunque la sua idea in cui il cinema non può mai prescindere da se stesso, e che per farlo seriamente, non bisogna mai prendersi veramente sul serio.
(Id.); Regia: Kevin Smith; sceneggiatura: Kevin Smith; fotografia: James Laxton; montaggio: Kevin Smith; musica: Christopher Drake; interpreti: Justin Long (Wallace Bryton), Michael Parks (Howard Howe), Genesis Rodriguez (Ally Leon), Haley Joel Osment (Teddy Craft), Johnny Depp (Guy Lapointe); produzione:SModcast Pictures; origine: USA, 2014; durata: 102’