Venezia 72 - Black Mass - Fuori Concorso
Decisamente un passo in avanti per Scott Cooper, regista di quel Crazy Heart che fruttò l’Oscar come migliore attore a Jeff Bridges, e del modesto Il Fuoco della Vendetta visto al Festival di Roma nel 2013. Questo suo nuovissimo Black Mass non è certo un capolavoro, tuttavia mostra di aver assimilato la lezione permanente del glorioso filone americano del gangster movie, compreso The Departed di Scorsese, al quale spetta il primato naturale come miglior opera per il grande schermo dedicata alla malavita irlandese attiva nella zona meridionale di Boston. Cooper non è Scorsese, e lo sa, tuttavia in questo caso lascia avvertire, rispetto alle sue prove precedenti, un maggior senso del racconto, che è poi quello di una wagneriana spirale che tutto tracima e inghiotte, e un’attenzione speciale nel fotografare (con l’aiuto di Masanobu Takayanagi) dettagli fulminanti e lividi panorami di una metropoli limacciosa e grondante violenza. Niente che non si sia già visto, ma nella reiterazione dei suoi schemi e dei suoi archetipi giace uno dei parecchi segreti dell’eccellente tenuta nel cuore del pubblico e presso il box office della cinematografia statunitense. Ben venga dunque Johnny Depp che, forse in vena di un aggiornamento che segni il passo di un’adolescenza a oltranza ormai esaurita e da archiviare in nome di una maturità tutta da indagare e approfondire, si accolla come coproduttore l’operazione di questo Black Mass, presentato fuori concorso a Venezia 72 e in uscita il prossimo 8 ottobre nei cinema italiani, e si cuce addosso un personaggio che è l’ulteriore tassello di una carriera di divo del grande schermo contrassegnata dalla precisa intenzione di nascondere, o quanto meno mascherare la propria naturale bellezza virile a differenza di molti altri suoi colleghi nella busta paga degli Studios. Smessi i ceroni posticci appiccicatigli in faccia da Tim Burton e la benda del Pirata Jack Sparrow, stavolta Depp indossa lenti a contatto di colore chiaro, si tinge i capelli d’argento e se li acconcia ostentando una discreta calvizie, per somigliare a James “Whitey” Bulger, un fuorilegge di ceppo irlandese protagonista per quasi una quarantina d’anni della malavita nella regione di Boston, che dal ’75 al ’94 spadroneggiò senza alcun freno nel controllo della prostituzione e nello spaccio di stupefacenti. Considerato il latitante numero due più pericoloso d’America dopo Bin Laden, fu arrestato nel 2011 e finalmente assicurato alla giustizia… Il buon film di Cooper trova ovviamente nella prestazione di Depp il principale motivo di interesse, una volta superate le prime diffidenze (si fa davvero fatica a convincersi che ci sia lui dietro tanta maschera di algida malvagità), senza tuttavia oscurare la strepitosa teoria di attori che gli ruota intorno per le due dense ore di proiezione; mi sia concesso tuttavia di esprimere un paio di preferenze: lo psicopatico cocainomane di Peter Sarsgaard, e nel ruolo del “luogotenente” di Bulger Steve Flemmi, Rory Cochrane.
(Black Mass); Regia: Scott Cooper; sceneggiatura: Scott Cooper; fotografia: Masanobu Takayanagi; montaggio: David Rosenbloom; interpreti: Johnny Depp, Joel Edgerton, Sienna Miller, Benedict Cumberbatch, Dakota Johnson, Rory Cochrane, Kevin Bacon, Adam Scott, Corey Stoll, Peter Sarsgaard, Jesse Plemons, Julianne Nicholson, Jeremy Strong; produzione: Warner Bros., Cross Creek Pictures, Grisbi Productions; distribuzione: Warner Bros.; origine: USA, 2015; durata: 122’