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Westworld (Stagione 1) - Teste di Serie

Pubblicato il 13 dicembre 2016 da Stefano Colagiovanni
VOTO:


Westworld (Stagione 1) - Teste di Serie

"E in quel sogno, quali sogni possono vivere?"
- Dottor Robert Ford

Ci sono serie televisive che, dal momento in cui se ne inizia a vociferare, si infilano sotto pelle come una perpetua e appena avvertibile scarica elettrica. Westworld è, con ogni probabilità, quella che negli ultimi tempi è riuscita a farsi aspettare, desiderare e solleticare l’immaginazione più di ogni altra, riuscendo a dar corpo a una serie di aspettative quasi illimitate. E, aldilà di ogni più rosea aspettativa, è riuscita a spazzar via dubbi e mugugni, in soli dieci episodi che profumano già di leggenda.

Ordinata dalla HBO, desiderosa di rinverdire i propri fasti, ora che la serie di punta del network, ovvero Game of thrones, sta per volgere al termine, Westword si basa sul cult del 1973 Il mondo dei robot, scritto e diretto dal compianto Michael Crichton, e porta la firma di Lisa Joy e di Johnathan Nolan, fratello d’arte di Christopher Nolan, per il quale ha scritto quasi tutti i suoi più grandi successi cinematografici e già esperto in fatto di serie-tv, per aver creato e diretto Person of interest, uno dei migliori prodotti action/sci-fi degli ultimi dieci anni.

Ma cos’è Westworld? Si tratta di un parco divertimenti a tema western, popolato da automi tecnologicamente perfetti, protagonisti di svariati filoni narrativi preimpostati e ordinati dagli sviluppatori del parco, in cui chiunque può accedervi per sperimentare un’avvenutra irripetibile, immerso in un’epoca storica tanto ammaliante, quanto travolgente; ovviamente le attrazioni (i robot) non possono ferire e tantomeno uccidere i visitatori (mentre possono farlo tra di loro), ma solo coinvolgerli nella fitta rete di narrazioni ordite dal loro creatore, il dottor Robert Ford (uno stregonesco e machiavellico Anthony Hopkins) e da un nutrito staff di sceneggiatori, ingegneri e designer.

Il tema portante di Westworld appare nitido fin dal primo episodio: prima o poi, le attrazioni del parco impareranno a svincolarsi dal loop per cui vengono programmate, imparando e assimilando i comportamenti dei visitatori, per poi ribellarsi, scavando a fondo nella loro anima artificiale e nei background affidatigli, per prendere coscienza della loro condizione di schiavi, creati con il solo scopo di appagare i desideri più morbosi dei paganti (la maggior parte dei visitatori ama il parco esclusivamente per i bordelli, le risse e il gioco d’azzardo): così come teorizzato da Isaac Asimov nei suoi numerosi scritti, le macchine sono destinate a ribellarsi ai loro padroni.

Lo spiegamento narrativo offre due filoni paralleli che di tanto in tanto si intersecano per poi riprendere la loro evoluzione: da una parte (all’interno del parco) assistiamo alle avventure del mite e timido William (Jimmi Simpson) che finisce con l’innamorarsi di Dolores (Evan Rachel Wood), una delle attrazioni, la quale comincia a essere vittima delle discrepanze mnemoniche che il suo subconscio subisce e alle quali sembra voler reagire a tutti i costi, mentre un misterioso uomo in nero (interpretato da un sardonico Ed Harris), l’ospite più longevo all’interno di Westworld, viaggia spedito e consuma i vari filoni narrativi, con l’obiettivo di raggiungere il fantomatico centro del labirinto, nel quale, a suo avviso, si nasconde il segreto ultimo del parco; dall’altra parte, assistiamo ai giochi di potere orditi dal consiglio di amministrazione della società che vuole estromettere dai giochi il dottor Ford, intervallati dal risveglio e dalla presa di coscienza dell’androide Meave (Thandie Newton) che costringe due ingegneri a modificare il suo software, rendendola perfettamente consapevole del suo status, per poter ordire la fuga verso il mondo esterno tanto agognata.

Questa netta e al tempo stesso subordinata distinzione narrativa è la chiave di volta che Jonathan Nolan e Lisa Joy utilizzano per aprire il vaso di Pandora che porta il nome di Westworld: ogni osservazione, timida intuizione o ferrea consapevolezza si mascherano da bugie, poi verità e, infine, in spiazzanti rivelazioni, in un gioco delle parti continuo che coinvolge tutti i personaggi protagonisti, lasciando che questa prima stagione si completi in un dedalo di trame, sottotrame e diverse chiavi di lettura. Dal dottor Ford, megalomane e raffinato conoscitore della natura umana e soprattutto della sua fragilità che assurge a ruolo di Creatore, riuscendo nella missione ultima di instillare il dubbio e il libero arbitrio nelle sue macchine; l’uomo nero che nasconde un passato sentimentalmente straziante, che lo ha reso l’individuo cinico e spietato che è; l’androide Dolores, martoriata da una coscienza che, lentamente, è destinata a prendere il sopravvento: grazie a loro (e a una sconfinata passerella di comprimari) Westworld affabula lo spettatore, lo imprigiona in un mondo fittizio che si contorce su se stesso e brilla in mille modi differenti, caleidoscopio di emozioni, teologia, filosofia e riflessioni etiche, per straziarlo nel momento di maggior climax, quello in cui si pensava di aver compreso tutto, quando in realtà poco o niente si era stati in grado realmente di carpire.

Ed è proprio questo il più grande regalo che Jonathan Nolan e Lisa Joy (con la supervisione/produzione di J.J. Abrams) ci hanno reso in dono: la possibilità di poter immaginare in maniera riflessiva o spregiudicata un finale o semplicemente delle conseguenze alle azioni dei protagonisti in Westworld, immergendosi all’interno della narrazione come mai, dopo Lost, lo spettatore aveva osato fare: nulla viene lasciato al caso, perchè perfino quegli sparuti punti interrogativi incutono timore, con senno di poi, in chi prova a definirli tali, in sublimazione di una scrittura stordente, ma in realtà così minuziosa da risultare addirittura liberatoria. In questo modo Westworld risponde alle attese dei fan più scettici, disintegrandole e umiliandole per quanto queste fossero anche potenzialmente semplicistiche e riduttive.

Alla nuova serie HBO va dato il merito di aver risvegliato la coscienza dello spettatore, uniformando verso livelli di godimento puro e incontrovertibile il gusto e le preferenze di ognuno, grazie alla possibilità di fondere le proprie vibrazioni umorali con quelle dei vari personaggi: al termine dell’ultimo epsisodio è impossibile non avvertire quel senso di appagamento, affezionamento e, al tempo stesso, di vuoto che le grandi opere sanno infondere.

Perchè questa prima stagione di Westworld non è come tutte le altre, o migliore. E’ un’opera d’arte televisiva.


(Westworld); genere: fantascienza, western; sceneggiatura: Jonathan Nolan, Lisa Joy; stagioni: 1 (rinnovata); episodi prima stagione: 10; interpreti: Evan Rachel Wood, Thandie Newton, Jeffrey Wright, Jimmi Simpson, Shannon Woodward, Ed Harris, Anthony Hopkins, James Marsden, Ben Barnes, Clifton Collins Jr., Ingrid Bolsø Berdal, Luke Hemsworth, Sidse Babett Knudsen, Simon Quarterman, Rodrigo Santoro, Angela Sarafyan, Tessa Thompson; produzione: Kilter Films, Bad Robot Productions, Jerry Weintraub Productions, Warner Bros. Television; network: HBO (U.S.A., 2 ottobre-4 dicembre 2016), Sky Atlantic (Italia, 10 ottobre-12 dicembre 2016); origine: U.S.A., 2016; durata: 60’ per episodio; episodio cult prima stagione: 1x10 – The bicameral mind


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