25a ora: per un rapporto sano tra tv e cinema

La tv italiana non insegna la politica, non insegna l’educazione e non insegna l’italiano. Ingenuo, testardo e ridicolo rimproverarle il disinteresse per una pedagogia del cinema. Perché all’assetato non si versa il vino e perché ad esaltare il cinema si rischia di salvare il vino, cioè la materia amata e non il paese. E perché, poi, proprio il cinema, questa ingannevole virtualità, dovrebbe, in un contesto mangiato dalla crisi dei processi mentali di massa, avere un ruolo nella società diverso da quello hanno il teatro, la letteratura o la pittura?
Eppure il cinema, metà arte e metà consumo, metà opera e metà prodotto, metà confezione e metà espressione, metà merce e metà colpo di genio, con la sua tradizione di accompagnatore e seduttore di masse, sembra pretendere (e meritare) più spazio e più attenzione.
Esiste una minuta e considerevole elite nazionale che ama vivere il cinema. Che continua a pensare, pagante o pagata, che le pellicole (o i loro surrogati) contribuiscano ai passi in avanti di una società. E’ un dibattito aperto e impercorribile ora ma per questa fauna un po’ colta e un po’ bizzarra il film è molto spesso un paradigma, una forma espressiva, un linguaggio e il pensiero di un uomo sul mondo. C’è un pubblico che osserva attivamente, quasi pedissequamente la vita del cinema, bombardato da festival sempre più numerosi, confuso dall’alleggerimento degli strumenti di montaggio e di ripresa, e alla ricerca di una sintesi possibile tra le mille produzioni di paesi diversi. E’ un circo appetente composto da professionisti e semplici spettatori (da sala o da scarico illegale) dediti al piacere puro e disinteressato della visione, meramente e meravigliosamente incatenati alla magia del cinema.
Chiamiamola passione, chiamiamola cinefilia o culto del cinema.
Quest’esercito virtuale, ostile alla barbarie televisiva e al trionfo della programmazione usa e getta, lamenta la mancanza di una tv amica del cinema e soffre del rapporto complesso e conflittuale che c’è tra cinema e tv in chiaro. E’ un dispiacere che non dipende solo dalla qualità dei film che passano (o che non passano) sui 7 canali nazionali ma anche dall’insufficiente rapporto tra televisione e materia cinematografica.
Manca l’approfondimento, il sostentamento, l’interesse a spiegare l’importanza e il valore di un cinema che può essere mondo, attualità, storia, costume, politica, oltre che emozione e magia. Nell’attuale Italia del chiaro esiste una trasmissione che sappia degnamente parlare di cinema? Non è Cinematografo, che corre sulla superficie dei film e degli incassi, che si limita al mi piace/non mi piace di vecchi poltroni, spesso compiaciuti ed annoiati. Lo è piuttosto 25 ora, il cinema espanso, nella particolarità delle sue scelte e nella freschezza del suo taglio. In onda su La7 quando i bambini dormono e gli urlatori e i padroni dei salotti spengono le luci delle loro furbe e impataccate riunioni, la trasmissione curata da Elisabetta Arnaboldi e condotta da Paola Maugeri, si immerge ogni notte nel fitto underground italiano abitato da bande di ludici sperimentatori e promettenti registi in erba. Giunta ormai alla sua settima edizione, 25a ora, scende alle origini della produzione italiana contemporanea e perlustra le zone fertili e paludose del suo sottobosco più selvatico: la flora del corto. Arriva agli embrioni, agli spermatozoi che giungeranno (o che non giungeranno) alla fecondazione. Descrive la frammentarietà e il forte spontaneismo di una massa informe fatta di giochi adolescenziali, esercizi virtuosi e manifestazioni di talento. Tutto sul corto, su quella forma che non conosce indipendenza distributiva ma che vive di festival (in vertiginoso aumento) e di grande attenzione nell’ambito della giovane cinefilia. Cos’è e cosa c’è di straordinario nel cortometraggio? Dove sta la sua importanza? Qual è il suo presente e il suo futuro? Le risposte stanno in una trasmissione di nicchia che naviga lontano dalle scelte della Tv generalista e che, senza fretta alcuna, con una attenzione impensabile altrove ed in un altro orario, allunga uno sguardo attento e preciso sulla materia trattata. 25a ora supera la soglia del visibile (Il lungometraggio) e crea un ponte tra la complicata situazione del cinema italiano indipendente e la base del suo iceberg. Anche quando viene concesso spazio al cinema concreto, quello finito, ufficiale, parlante ad un pubblico di sala, si parte da registi, attori, e produttori quasi mai legati al meccanismo centrale di produzione e distribuzione italiano: il duopolio Rai- Mediaset. Attraverso le sue scelte estreme, al limite del generazionale, 25a ora tende la mano al cinema dei cineasti ed organizza dei piccoli, interessanti, improvvisati incontri tra teoria e pratica del cinema al presente. Si compie il tragitto che separa il mondo eccentrico e convulso, acentrico e spontaneo del cortometraggio da quello della sala italiana, anch’essa di nicchia, d’essay, come si diceva una volta. Quella del cinema italiano indipendente che sta cercando faticosamente di ritrovare una sua strada ed una sua grandezza.
La nuova edizione di 25 ora - il cinema espanso, parte da Lunedì 1 ottobre, sempre su La7. Intorno all’1 e 25, ovviamente di notte. Si riparte con il Festival del corto: il primo e l’unico che si sviluppa senza un preciso luogo fisico che sia Città, piazza o sala cinematografica. Il mezzo televisivo diventa il luogo della manifestazione. Alla faccia del rapporto conflittuale tra televisione e cinema...
[Ottobre 2007]
