Venezia 71 - 9x10 Novanta
Fossero solo le immagini del Luce, a dover essere commentate, staremmo qui a ribadire la straordinarietà del patrimonio. A ribenedire il valore del sempre più penetrante bianco e nero. Antico racconto a gocce del Novecento italiano, infinitamente ed instancabilmente filmato, ogni giorno di più Storia e memoria.
Fosse solo una questione di sequenze, sarebbe facile ringraziare il grande archivio per il furto e poi il regalo dell’l’Italia in pillole, per la conservazione impeccabile del secolo scorso, privo di telefonini e telecamere leggere. Luce per tutti, unica accortezza i testi, attenzione a interpretarli un attimino, legarli alla politica e alla cultura del tempo. Doppio livello, due volte parlanti.
Ma in questa affascinante idea dell’Istituto Luce di festeggiare i suoi novant’anni con nove corti di dieci minuti l’uno, tutti diretti da giovani registi italiani, non importa se di fiction o documentario (oramai tale distinzione ha poco senso) di testi ce ne sono pochi, e soprattutto ci sono gli autori, appunto, con le loro scelte e i loro risultati. Che esprimono il desiderio forte, e qualche volta l’obbligo e la frenesia, di una ricerca linguistica sempre più libera e nuova, che da una parte dà linfa e lustro al nostro cinema, che lo libera da alcuni suoi problemi, paludi e malattie, ma che dall’altra rischia di produrre momenti di esercitazione pura e piuttosto ostica. Riflessioni a schermo acceso, prove aperte per chi ci sta, e se i temi e gli incroci della Storia sono più o meno sempre gli stessi, ecco che le narrazioni sono sempre più personali, contaminate, non lineari, prepotentemente liriche, qualche volta a dir poco impegnative. Le immagini di repertorio scelte dai ragazzi dell’ultima meglio gioventù del cinema italiano (alcuni di anagrafe altri di curriculum) appartengono in molti casi a un Luce nascosto, poco visto, quasi intimo, molto realistico, in qualche modo già cinema di per sé. Ed è l’aspetto più vistoso e positivo dell’originale e complessivamente poco sfruttata occasione. È un’Italia di lana, quella del collettivo veneziano, di freddo e di facce, di aratri, di cartone, di scialli e poi di piazze piene, non sempre festanti. È un film di sogni (la luna) e di bombe (Piazza Fontana), di industrie e di tanti italiani che ci hanno preceduto, giovani e vecchi, spaesati e stupiti, che stavano subendo la Storia prima di noi. Loro (e quindi noi) e la guerra, la miseria, le madonne, l’amore, le tradizioni, i sogni, le proteste, le tragedie e le canzoni.
Le facce ed il paesaggio si stendono nella loro bellezza lungo tutto il film, modellatissime dalle mani degli autori, piegate senza opporre resistenza alla loro ricerca artistica, disposte a farsi tappeto per coprire parole più o meno importanti. Disponibilissime all’incontro con Carlo Levi ed Italo Calvino, con la loro letteratura e con la poesia tentata dai registi. I grandi personaggi della Storia ne incontrano altri di finzione nei testi. Tutto si fonde. L’archivio sta al gioco, si concede, lascia che sia, ma alla fine di questa singolare avventura, rimane soprattutto la sua forza a crudo, senza esigenze di condimenti o aggiunte. Materia prima, autonoma ed autosufficiente.
Regia: Marco Bonfanti (Tubiolo e la luna); Claudio Giovannesi (Il mio dovere di sposa); Alina Marazzi (Confini); Pietro Marcello (L’Italia umile); Sara Fgaier (L’Italia umile); Giovanni Piperno (Miracolo italiano) Costanza Quatriglio (Girotondo); Paola Randi (Progetto Panico); Alice Rohrwacher (Una canzone); Roland Sejko (L’entrata in guerra); produzione: ISTITUTO LUCE-CINECITTÀ; distribuzione: ISTITUTO LUCE-CINECITTÀ; origine: Italia, 2014; durata: 94’