Addii - Harold Pinter

‘Ho scritto 29 piece in 50 anni, non è abbastanza? Certamente lo è per me’ soleva affermare Harold Pinter negli ultimi tempi. E, in effetti, il patrimonio teatrale che il celebre drammaturgo anglosassone ci lascia è inestimabile. Il valore della sua produzione è talmente importante da fare sì che Pinter diventi leggenda prima ancora della sua scomparsa.
Oltre alla dichiarata volontà di dedicarsi all’impegno civile, da una parte – forte è risuonato l’eco del suo ‘j’accuse’ nei confronti dell’insensatezza della guerra in Iraq – e il ripiegamento su un universo più soggettivo quale la poesia, dall’altra, probabilmente, vi era in lui la consapevolezza di ‘aver lasciato il segno’. Consapevolezza di essere riuscito a soddisfare quell’urgenza di raccontare, (peraltro in modo mirabile, secondo noi) il proprio tempo attraverso il teatro e che ha, probabilmente, fatto sì che Pinter abbandonasse la scrittura teatrale senza rimpianti.
Personalità eclettica e versatile, oltre che di grande talento, Pinter è stato attore, autore, regista teatrale ma ha lasciato un’impronta indelebile anche nel mondo del cinematografico, in quello radiofonico e, addirittura, in quello letterario con il suo romanzo giovanile I Nani (1952) e la sua ultima produzione poetica.
Paradossale è il fatto che la sua carriera, tanto come attore che come drammaturgo, sia cominciata all’insegna dell’insuccesso. Nel 1930, infatti, fallito il tentativo di inserirsi nelle file del RADA (Royal Academy of Dramatic Art), esordì come attore di repertorio con una compagnia itinerante irlandese, adottando lo pseudonimo di David Barron. Come autore, invece, il suo primo grande capolavoro, Il Compleanno, fu unanimemente e duramente stroncato dalla critica.
Giudizio che tuttavia andò ben presto (e a ragione) mutando a distanza di pochissimo tempo. Pinter commentò questo totale e repentino capovolgimento dell’opinione della critica con il suo intelligente sarcasmo: ‘A Londra hanno messo in scena due miei lavori completi. Il primo ha ‘tenuto’ una settimana, il secondo un anno. Tra i due ci sono, naturalmente, delle differenze. In Il compleanno ho impiegato delle lineette fra le espressioni, in Il guardiano ho sostituito le lineette con dei puntini. Si può dedurre, pertanto, che i puntini hanno maggiore successo delle lineette. Il fatto che in nessun caso si possano sentire durante lo spettacolo lineette e puntini, è una questione secondaria. Non si devono gabbare i critici troppo a lungo. Sanno distinguere un puntino da una lineetta a un miglio di distanza, anche se non sentono né l’uno né l’altra’.
Lineette e puntini. Segni grafici per indicare pause e silenzi, fondamentali nei testi di Pinter, prima ancora delle parole. La scrittura teatrale di Pinter, ed è qui la sua grandezza, sembra procedere su due binari: da una parte i dialoghi ‘parlati’, ‘pronunciati’ fatti di parole ingannatrici, menzognere, fuorvianti e dall’altro il ‘non detto’ nel quale, però, va rintracciata la verità più autentica. Non a caso una delle definizioni date al suo teatro è proprio ‘teatro dei silenzi’ . E di definizioni al suo teatro se ne sono date tante, poiché, proprio come accade con tutti i più grandi, una sola sarebbe risultata limitante e parziale. Teatro dell’assurdo, teatro della memoria, teatro della minaccia, teatro problematico… Quel che è certo è che quello di Pinter è un teatro con la ‘t’ maiuscola. Innovatore e universale a un tempo. E, proprio per questo, immortale.
