Amarcord

Amarcord è l’origine di ogni cosa. Nonostante sia stato girato nel 1973, concettualmente, il film viene prima di 8 e mezzo, prima de La Strada e prima di Luci del Varietà. Perché è proprio qui che Fellini mette in scena quelle impressioni che hanno scatenato in lui l’immaginifico e meraviglioso mondo dei suoi film.
Amarcord è un tuffo nel passato, un tuffo nell’infanzia di Fellini. Protagonista è il giovane Titta, uno scavezzacollo che si affaccia alla vita negli anni Trenta. Attorno a Titta, una ridda di personaggi quasi circensi, tutti sopra le righe, tutti paradossali, tutti tipizzati ma mai scontati e rigidamente categorizzabili. Sono proprio quei personaggi - il musicista cieco, la tabaccaia prosperosa, la bella del borgo, gli insegnanti istrioni, il papà comunista, la mamma instancabile - a dare il la per i futuri personaggi dei film di Fellini. Il Maestro ricorda: eppure il ricordo non è puro e semplice, ma si mescola all’immaginazione e ai desideri di Titta e dei comprimari. Il risultato non è solo un lungo flashback. Il risultato è un film profondamente onirico e malinconico, dove il ricordo appare filtrato dai rimpianti, dalle illusioni e dalle disillusioni di chi rivive il passato.
Il ricordo e il modo in cui si ricorda sono la cifra stilistica del film. Fellini, infatti, non gira un’opera lineare, con un inizio e una fine canonici e classici. Tutt’altro: le sequenze si avvicendano seguendo l’istinto della mente e il modo proprio in cui i pensieri e i ricordi si affollano nella testa. La casualità, la dolcezza e l’amaro del passato sono le uniche regole che Fellini segue; il regista evidenzia alcuni piccoli aspetti - voci, odori, oggetti - che si acuiscono nel film come nella mente libera di rievocare. L’unico elemento certo è la scansione temporale: Fellini racconta vicende che vanno da primavera a primavera, passando per le quattro stagioni e alcuni avvenimenti importanti che le caratterizzano.
Al ricordo Fellini dà un’impronta complessa: lo blocca per sempre in un fotogramma, ma, allo stesso tempo, cerca di renderlo fuggevole ed etereo, vivo, come se si potesse sgretolare da un momento all’altro. Per questo, ogni sequenza è magistralmente veloce e caotica, priva di un unico punto di vista e arricchita da un concerto di sguardi e parole. Solo una sequenza è diversa dalle altre, quella del passaggio del Transatlantico. È lì che Fellini si ferma e fa fermare i suoi personaggi, unico momento di riflessione: tutti attendono la nave, qualcosa di grande e luminoso che, in un batter di ciglia, svanisce nel buio. È questa la metafora di tutto il film: nella vita si attende qualcosa che non c’è. Nella vita ci si illude, si insegue l’inafferrabile. Il ricordo è solo un modo, sempre illusorio, di mettere ordine nell’esistenza e di dare ad essa un senso, anche se non ce l’ha. La nave - le aspettative, le speranze, la famiglia, le risate, l’amore, il bello - è il simbolo di quel periodo della vita (di Titta, ma di tutti) in cui si è protetti e cullati proprio dalle illusioni. Dopo il passaggio della nave, infatti, il film si avvia verso la conclusione, che coincide con la fine di due elementi vitali e primigeni: la mamma e il desiderio. In due sequenze successive, le finali, la mamma di Titta muore e Gradisca, oggetto del desiderio del ragazzo, si sposa, diventa una donna normale e se ne va.
Il film si chiude qui, con lo svanire dei dolci sogni dell’infanzia e dell’adolescenza. Finisce il film e la bambagia si dissipa. Ora, inizia la realtà, la vita vera - quella fatta di sbagli, rimpianti, nevrosi, stasi, fatica. Ora, Titta diventa Fellini, l’uomo che, sulla base di quel passato, ricordato o immaginato, continuerà a vivere di illusioni, le più grandi e ben architettate. Le illusioni del cinema.
(Id.) Regia: Federico Fellini; sceneggiatura: Federico Fellini e Tonino Guerra; fotografia: Giuseppe Rotunno; montaggio: Ruggero Mastroianni; musica: Nino Rota; interpreti: Bruno Zanin, Pupella Maggio, Armando Brancia, Magali Noël; produzione: F.C. Produzioni, PECF; distribuzione: PIC Distribuzione; origine: Italia’ 1973; durata: 123’.

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