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Americana – Moonlight

Pubblicato il 21 dicembre 2009 da Marco Di Cesare


Americana – Moonlight

Se potessero nutrirsi di cibo come noi, l’aglio non risulterebbe più indigesto di quanto potrebbe essere per qualunque persona. Mentre l’acqua santa e i crocefissi non produrrebbero in loro alcun effetto di particolare rilievo. Per quanto riguarda la luce diurna, poco sole è già troppo, visto che li indebolisce progressivamente, ma ciò non impedisce loro di esporsi al suo calore, seppur proteggendosi il più possibile; e, poiché hanno bisogno di riposare in un ambiente fresco, dormono nei congelatori, laddove quella delle bare è solamente una leggenda. La loro immagine non può essere restituita dalla pellicola (a causa della presenza dell’argento), ma la tecnologia digitale ha portato una ventata di novità anche in questo campo. Problemi più gravi, però, possono cominciare proprio con l’argento, che in grandi quantità può diventare un veleno, mentre i paletti di legno, se conficcati nel cuore, hanno il potere di paralizzarli e renderli inoffensivi. Ma ciò che risulta letale per i vampiri sono il fuoco o la decapitazione.
«La gente ci ha perseguitato e dato la caccia per millenni: ecco perché è importante che nessuno sappia che esistiamo. Lo capisci questo?». Sono circa duecento i vampiri a Los Angeles, dei quali almeno uno è alquanto sui generis: stiamo parlando di Mick St. John (Alex O’Loughlin), un detective privato che è stato trasformato dal morso della moglie Coraline (Shannyn Sossamon) la prima notte di nozze, cinquant’anni prima, senza alcuna possibilità di scelta, mentre lei gli sussurrava «Ti amerò per sempre». Un giorno del 1985 i due verranno separati, forse definitivamente, quando lui la ucciderà per salvare la piccola Beth che Coraline ha rapito con l’intento di trasformarla nella loro figlia. Una volta diventata adulta, Beth (Sophia Myles) lavorerà come reporter d’assalto del sito internet ’BuzzWire’ e incontrerà di nuovo Mick sul luogo di un delitto, senza alcun ricordo di quanto avvenuto vent’anni prima.
Sono esseri che spesso emanano fascino e sicurezza, ma che ringhiano come animali feroci che possono lottare tra di loro, la fauci che assaporano il collo del nemico. Però Mick già da tempo ha deciso di mettere le sue qualità al servizio degli umani: beve solo il sangue per le trasfusioni che riesce a rimediare in un ospedale e uccide solamente i mostri, sia quelli umani che i vampiri che non rispettano le regole di convivenza con i mortali o con i loro stessi simili (come nell’episodio #6, Una vecchia fiamma). Moonlight è una serie che guarda al passato più o meno recente ma che sa anche sorprendere, grazie a un’interessante rilettura del genere noir attraverso le tematiche care all’horror vampiristico e a una profondità generale del discorso affrontato. Innanzitutto l’ambientazione losangelina è la degna cornice per una trama principalmente noir, anche perché la storia di Mick affonda le radici negli anni Cinquanta, ossia l’ultima decade dell’età classica del cinema hollywoodiano e delle detective story in particolare. È questo il momento in cui comincia la storia d’amore con la bruna Coraline, grande passione dell’uomo («La passione è come un’infezione: ti consuma dentro, ti fa fare quello che non faresti mai»), ossessione cui tornare attraverso continui flashback, un po’ femme fatale e un po’ dark lady, di certo l’opposto del personaggio della bionda Beth, figura molto più angelicata (tanto che diverrà seduttrice di Mick in modo alquanto spinto quando avrà assaggiato una droga realizzata con sangue di vampiro, assecondando sì un suo desiderio, ma estremizzandolo), come se le due donne rappresentassero le due metà del cielo: il passato e il futuro, la notte e il giorno, l’ombra e la luce, la bestialità e l’umanità, la perdizione e la salvezza, due destini che stringono un vampiro che attraverso qualsiasi sforzo vorrebbe ridiventare umano, almeno dentro di sé, completamente. Un altro stilema del noir che qui ricorre è la voce narrante del protagonista, pensieri spesso ironici, ma altre volte pieni di malinconia, che servono per esporre la condizione del vampiro e del mondo che lo circonda. In questo modo viene ancor più sottolineata la particolarità e la centralità di St. John all’interno delle vicende narrate e, assieme a ciò, la sua particolare diversità rispetto a molti di quelli che lo circondano, diversità che però non sfocia mai nell’estraneità, visto il carattere sensibile ed empatico dell’uomo.
Moonlight ha vissuto una storia travagliata: ideato da Ron Koslow (La bella e la bestia nel 1987) e da Trevor Munson per la CBS, il pilot incontrò esiti talmente sfavorevoli che venne arruolato David Greenwalt (sceneggiatore di Buffy e creatore con Whedon di Angel), il quale riscrisse vari aspetti del lavoro; tuttavia Greenwalt a un certo punto abbandonò tutto. Il progetto venne allora portato a termine grazie alla caparbietà del suo produttore Joel Silver. Comunque alla sua uscita Moonlight oltreoceano ha ricevuto svariate critiche negative, soprattutto perché è stato considerato come schiacciato addosso ad Angel, dal quale prende sì vari spunti (dalla figura del vampiro detective a Los Angeles e amico degli umani, alla sua storia con Darla e con Buffy e all’uccisione del suo Passato affinché possa raggiungere un Futuro diverso) ma solo come fulcro per intraprendere una sua propria strada. In effetti il tono tra le due serie risulta assai diverso: gli esseri rappresentati in Moonlight sono meno macchiettistici, tutti vivono in un universo più realistico e meno pop; la detective story riveste un forte peso (sebbene non sopravanzi il lato più intimistico); vi è una certa dose di ironia.
All’inizio del suo cammino St. John si chiede se ai mostri sia concesso il lieto fine: e noi qui possiamo rispondere che forse a loro potrebbe anche essere permesso, ma a Moonlight di certo no, perché il destino l’ha costretta a fermarsi definitivamente dopo la prima stagione, come annunciato ormai oltre un anno fa. E questo è stato un peccato che, seppure non mortale, senza dubbio non può considerarsi veniale.


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