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Americana - Rizzoli & Isles

Pubblicato il 29 marzo 2011 da Viviana Eramo


Americana - Rizzoli & Isles

Come in una specie di Starsky & Hutch al femminile, le due protagoniste di Rizzoli & Isles, crime drama in onda su Mya, sono gli elementi complementari di una coppia capace di grandi successi, almeno sul lavoro. Detective una, medico legale l’altra, le due non potrebbero essere più diverse. L’intera serie è, infatti, strutturata intorno il loro sillogistico confronto, puntellato costantemente da scambi di battute spesso ironiche, che tradiscono costantemente un modo di pensare la vita, l’amore e la morte caratteristico (o presunto tale) del mondo femminile. In fondo, Rizzoli & Isles non fa altro che utilizzare l’appeal della rappresentazione dell’amicizia al femminile, tipica di certo cinema e di certe serie tv, su un terreno di genere altrettanto battuto dalla produzione del piccolo schermo. Le crime story di ogni episodio, infatti, si snocciolano secondo la classica formula che vede un prologo ricco di suspence e che passa poi per il disvelamento del cadavere, arrivando infine, dopo un composito mosaico di prove, interrogatori e false piste, dritto fino all’esito che rivela, ovviamente, l’identità e il movente dell’assassino. Le due protagoniste femminili (interpretate dalle affascinanti Angie Harmon e Sasha Alexander) non conferiscono al tutto un mood di natura sentimentalista o vagamente velato di melodramma, come forse ci si potrebbe aspettare: piuttosto, messe da parte le lacrime facili, le due si muovono con discreta sicurezza e tenacia sul terreno delle morti violente.

La serie, mai irriverente nei confronti del tema della morte, tende in ogni caso a normalizzare la dipartita degli esseri umani al centro delle inchieste, spostando l’accento, per l’appunto, sul confronto tra le due protagoniste in un contesto professionale popolato, viceversa, da uomini. Così capita spesso che anche di fronte un cadavere uno scambio di battute sarcastiche, magari legato alla loro vita personale, sia più che lecito. Come lo è una mamma iperprotettiva che cerca di accasare la figlia tutt’altro che intenzionata a maritarsi, mentre l’affascinante medico legale terrorizza gli uomini con cui esce diagnosticando malattie solo osservandoli. In questo senso, la serie di Janet Tamaro e Tess Gerritsen sembra continuamente mettere in scena una normalità che a fatica trova spazio nelle vite delle protagoniste, la cui professione necessariamente sconvolge ritmi e situazioni tradizionalmente intesi. In confronto a un giovane detective che ha la nausea sulle scene del delitto e un anziano collega pieno di manie, le nostre Rizzoli & Isles sono fonti di un successo e una professionalità costruite giorno dopo giorno sul campo, a fronte della loro vita personale riluttante a legami affettivi con l’altro sesso. La loro è l’immagine rosa di un potere e di una capacità, anche fisica, di gestire i casi e portarli a termine.

Ed è proprio su questo terreno che probabilmente la serie mostra maggiormente la corda, tradendo una scarsa fiducia nel modo di rappresentare la propria visione al femminile. Entrambe le protagoniste, nel corso della stragrande maggioranza degli episodi della prima stagione, pagano con e sui propri corpi le risoluzione dei casi, trovandosi costantemente coinvolte a livello fisico, spesso in vero e proprio pericolo di vita. Il pilota in questo senso è una vera dichiarazione d’intenti, mettendo in scena il rapimento e il tentato omicidio della protagonista, come succede per certi verso in Csi (dove, tuttavia, ciò avviene ben in più in là rispetto al pilota). Il fatto che le protagoniste debbano costantemente dimostrare il proprio valore attraverso il loro coinvolgimento corporale, da una parte ne sottolinea la forza (d’animo) e il coraggio, dall’altra mistifica la possibilità che possano avere successo anche senza subirne conseguenze, per l’appunto, a livello fisico. Tanto forti come gli uomini, tanto deboli, emotive, solidali e sole come solo le donne sanno essere. Le due protagoniste sembrano incastrarsi tra queste due sponde grossolanamente tracciate. Rizzoli & Isles, così, finisce per allinearsi scolasticamente a molti dei prodotti televisivi degli ultimi anni che, dopo Sex and the city, aprono una finestra su una femminilità votata al successo lavorativo, magari dal gusto glamour, ma che risente di un certo manicheismo a spese della complessità dell’identità dei personaggi. In questo senso, Rizzoli & Isles, adattamento dei romanzi di Tess Gerritsen, tradisce una certa noiosa convenzionalità, pur nell’originalità delle sue premesse.


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