Anséra - Trace the Future

Il muro si è ingiallito, e a guidare lo sguardo ci sono silenziose sagome che diventano testimonianza del tempo andato. Su quella superficie asinelli, vita quotidiana e date smascherano un mondo preciso, raccontato e vissuto in presa diretta mentre la città sembra riposarsi, di fatto ascoltare. A guidarci nel flusso e nell’ordine di lettura ci sono due donne complici e distanti, incastonate in una precisa articolazione di racconto. L’intimità procede passo dopo passo mentre la struttura resta coerente sin dall’inizio.
Siamo in una Bergamo silenziosa che di lì a poco festeggerà il Natale. La giovane Valentina e il suo ombrello rosso, ci guidano a casa dell’anziana Tullia, sua nonna. Mentre la polenta sta cuocendo sul fuoco la nonna inizia a raccontare alla nipote la sua vita, in un flusso di memoria continuo e partecipe. Da qui la casa dell’infanzia, le prime immagini del cinema muto, i lavori da donna di casa presso la villa di una ricca signora, i lavori in fabbrica alla Pirelli e quel carretto dei gelati che ogni mattina passava condizionando stomaco e occhi. È passato tanto tempo, molte persone care non ci sono più, ma Tullia si sente bene e sa che a tracciare il solco ci penserà Valentina.
Immaginiamo di camminare in una strada sconosciuta e di prendere un bastone di legno conficcato nella terra. Nella parte estratta la terra diventa fango, il legno sprigiona odori nuovi e il segno del tempo è lì, stratificato. Anséra – Trace the future è un racconto del tempo andato, dove il “bastone Tullia” viene “estratto” dalla giovane Valentina, con quest’ultima che inizia a osservarlo, odorarlo, muoverlo. Il tempo narrativo è perennemente orizzontale, e le due donne governano sin dall’inizio lo spazio. I racconti creano il mondo di Tullia e, al suo tempo personale, sostenuto e apparecchiato dalle domande di Valentina, si affianca il nostro tempo immaginifico, libero di spaziare e osservare. La fotografia gioca sulla caducità dei personaggi, da qui la rugosa Tullia e la levigata Valentina, e il montaggio è cadenzato. La musica rimane confinata nell’ambito del mero commento emozionale e la messinscena gioca su spazi simbolici che amministrano il ritmo narrativo, come nel caso della macchina dove le due donne si “riposano” e si stuzzicano. Non sempre notiamo complicità tra loro, quasi ci fosse una distanza, un’impossibilità in alcuni momenti da parte di Valentina nell’afferrare quel mondo che non c’è più raccontato dalla nonna. La regia, in alcuni momenti eccessivamente invadente, gioca molto sui dettagli e si attacca ai volti dei personaggi estremizzando la fusione tra documentario e fiction.
L’Anséra, il noi eravamo in dialetto bergamasco, è un tuffo nella memoria, una finestra che mette insieme passato, presente e futuro. Parliamo di un’opera ben strutturata, coerente e sincera, che ha i suoi punti deboli in alcune eccessive e ridondanti impostazioni di quadro. Ma ci sentiamo di promuovere l’opera, sperando abbia una distribuzione, realizzata da giovani artisti italiani con il sostegno della Fondazione credito bergamasco, l’Eco di Bergamo, del comune di Bergamo e della Oki Doki Film.
(Anséra - Trace the future); Regia: Lorenzo Giovenga, Valentina Signorelli; sceneggiatura: Lorenzo Giovenga, Valentina Signorelli; fotografia: Lorenzo Giovenga; montaggio: Lorenzo Giovenga; musica: Gualtiero Titta; interpreti: Tullia Andreini, Valentina Signorelli ; produzione: Daitona, Oki Doki Film, Fondazione Credito Bergamasco; origine: Italia, 2016; durata: 70’;
