BERGAMO FILM MEETING - CONCORSO: FULL MOON e RIVALE
Anche il bosniaco Full Moon ( Pun mjesec in originale) - risalente al 2019 e candidato per il miglior film rivelazione agli European Film Awards, nell’anno in cui ha vinto Sole di Carlo Sironi - è, come molti altri presentati nel Concorso al Bergamo Film Meeting, un’opera prima, scritta e diretta dal trentaquattrenne Nermin Hamzagic.
Al pari di Ghost Tropic (http://www.close-up.it/bergamo-film...) di Bas Devos, anche questo film si svolge nell’arco di un’unica notte, ma quanto l’opera del belga raccontava il pellegrinaggio della protagonista per gli spazi aperti della città, tanto il film bosniaco presenta un setting fortemente e addirittura doppiamente claustrofobico. Ci troviamo infatti dapprima dentro un ospedale dove la moglie del protagonista è stata ricoverata perché le si sono rotte le acque ed è attesa da un parto che presenta non poche complicazioni, causando molta ansia nei futuri genitori; ma questo primo spazio viene ben presto abbandonato dal protagonista (oltreché dallo spettatore) che ha fatto di tutto per poter restare accanto alla moglie, ma non è riuscito a trovare una sostituzione durante il turno di notte, ché di mestiere Hamza fa il commissario di polizia, peraltro non proprio l’ultimo della fila. Ed è così che quattro quinti di questo film, piuttosto breve (non si arriva a 80 minuti) si svolgono all’interno del commissariato, in questa notte di luna piena, nella quale notoriamente è più facile che i bambini nascano ma è anche più facile che le persone diano di matto. E infatti il povero Hamza non solo deve tornarsene al commissariato ma fronteggiare una serie di emergenze e prendere una serie di micro- o macro decisioni che si fa fatica a immaginare debbano e possano concentrarsi in così poco tempo.
Uno dei difetti principali del film è costituito dalla eccessiva componente di genere, poliziesco televisivo, verrebbe da dire: soprusi e smargiassate, brutalità, una vasta gamma di fattispecie criminali viste e riviste, in più rivalità e risentimenti fra i colleghi, tutti super-corrotti - episodi alcuni più approfonditi alcuni solo accennati che intendono fornire un campionario di umanità che vuole al contempo figurare come uno spaccato del paese (vedi sotto), della Bosnia che vive in uno stato di transizione fra il vecchio e il nuovo, una sorta di transizione perenne, almeno dai tempi della fine della guerra, un trauma quest’ultimo che ritroviamo in quasi tutti i film provenienti dai paesi dell’ex-Yugoslavia, e questo non fa eccezione.
Un secondo difetto è la scarsa plausibilità psicologica dello stesso protagonista: come mai Hamza, fin qui corrotto al pari di tutti gli altri colleghi, ha deciso all’improvviso, proprio questa notte che è l’ora di finirla e di prendere distanza? Mah, non si capisce.
C’è poi un terzo difetto: tutti i casi che si affollano in commissariato in questa notte di luna piena sono esemplari non tanto di una magagna, di una predisposizione individuale, di un reato “qualunque”, ma di uno “stato” in cui versano i cittadini dello Stato, Full Moon pecca pertanto di un eccesso di dichiarata esemplarità, spiccatamente allegorico di ciò che il regista vuole obbligatoriamente mostrare, un’esemplarità un po’ troppo asseverata per risultare credibile.
E anche quando Nermin Hamzagic cerca di uscire da questo microrealismo televisivo (comprensivo di coazione all’allegoria politica) per aprirsi verso una dimensione più fantastica (il ragazzino col palloncino che si aggira per il commissariato) l’episodio non appare saldato col resto. E questo, per la cronaca, sarebbe il quarto difetto.
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Solo poche parole per il settimo e ultimo (non solo in ordine di apparizione...) film in concorso, opera del regista tedesco ultracinquantenne Marcus Lenz che non girava un film dal 2004, essendosi in prevalenza dedicato al ruolo di direttore della fotografia. Il film s’intitola Rivale ovvero Rivali, ed è molto molto scadente soprattutto sul piano della sceneggiatura. Si racconta la storia di un ragazzino ucraino Roman che viene clandestinamente fatto arrivare in Germania dove lavora la madre Oskana che fino a qualche tempo si è occupata di una donna poi deceduta, essendo quindi probabilmente destinata a prenderne il posto a fianco di Gert, un signore diabetico, precocemente invecchiato e dalla fisicità piuttosto disgustosa (interpretato dal celebre attore teatrale e cinematografico tedesco Udo Samel, qui non certamente in una delle sue interpretazioni più memorabili).
I rivali divengono dunque Roman e Gert che si contendono l’attenzione e l’amore di Oksana, un triangolo "amoroso" improbabile e ripetitivo di tre personaggi con i quali nessuno spettatore, anche il più benevolo, riuscirà mai a identificarsi. Quel che poi Lenz decide che debba accadere per movimentare questo triangolo non convince per niente e incista ancor di più il plot: la donna, essa stessa clandestina, viene ricoverata, anzi abbandonata da Gert in ospedale per una presunta appendicite, ma di lei non si hanno più tracce, né Gert vuole averne, chissà, lui che la voleva sposare all’improvviso teme di essere incastrato per aver nascosto una clandestina; Gert stesso resta vittima di una crisi ipoglicemica e Roman resta definitivamente abbandonato a sé stesso. Come la sceneggiatura, come il film.
Full Moon - Regia: Nermin Hamzagic sceneggiatura: Nermin Hamzagic, Emina Omerovic; fotografia: Amel Djikoli; montaggio: Redzinald Simek; interpreti: Alban Ukaj (Hamza), Ermin Sijamija (Jasmin), Muhamed Hadzovic (Kerim), Izudin Bajrovic (Muhamed), Jasna Diklic (Meliha) produzione: SCCA/pro.ba predstavlja origine: Bosnia 2019; durata: 88’. VALUTAZIONE 1 stella.
Rivale - Regia: Marcus Lenz sceneggiatura: Marcus Lenz; fotografia: Frank Amann; montaggio: Bernd Euscher, Hansjörg Weißbrich; interpreti: Yelizar Nazarenko (Roman), Udo Samel (Gert), Borys Szyc (Kazmarec), Maria Bruni (Oksana) produzione: Hanfgarn & Ufer Film und TV-Produktion origine: Germania 2020; durata: 96’. VALUTAZIONE 1 stella.