BERGAMO FILM MEETING - CONCORSO: RAFTIS (TAILOR)
Si fa un gran parlare in questi mesi di resilienza, ovvero – come recita il vocabolario Treccani – della capacità di reagire di fronte a traumi e difficoltà. È proprio un esemplare e tragicomico case study di resilienza quello che mette in scena la giovane regista greco-tedesca Sonia Liza Kenterman nel suo primo lungometraggio intitolato Pαφτης , ( Tailor è il titolo internazionale), e già vincitore in casa, ovvero al Festival di Salonicco a novembre del 2020 (dove ha ottenuto anche il premio FIPRESCI).
Siamo negli anni della crisi greca, anche se questo dettaglio dichiarato nel press book in realtà poco aggiunge alla questione di fondo che si trova ad affrontare il protagonista Nikos, interpretato da un eccellente attore che risponde al nome di Dimitris Imellos. Nikos ha una cinquantina d’anni e insieme al padre ottantenne ormai male in arnese manda avanti una sartoria, mestiere non proprio in grande spolvero da qualche decennio a questa parte, e comunque riservato in Grecia come altrove a una minuscola élite. Il negozio conserva le reliquie di cartamodelli risalenti a chissà quanto tempo prima: l’abito del generale X, dell’avvocato Y. Adesso il negozio è desolatamente vuoto, i clienti latitano, la situazione finanziaria è come si diceva precipitata, la banca incalza e per soprammercato il padre finisce in ospedale.
Forse è proprio quest’ultimo evento a costituire il vero punto di svolta del film. Nikos, che fin qui non pareva affatto capace di cavarsela, avendo vissuto all’ombra del padre, rintanato nella soffitta sovrastante il negozio, conducendo un’esistenza che non si può non definire autistica, rivela, dietro quel suo clownesco mutismo, dietro quell’aria così sprovveduta, una capacità di reinventarsi che commuove. Ispirato dalla musa Olga, una vicina di casa di origine russa, Nikos ne prova diverse: dapprima si dota di un carretto ambulante trainato da una moto e si piazza in un mercatino rionale a cercar di vendere i suoi abiti, con il successo che non è affatto difficile immaginare, poi, quasi per caso, finisce per dedicarsi agli abiti di sposa, di cui fin qui non aveva avuto la minima idea, mostrando una straordinaria capacità di adattamento. La vicenda sembra a un certo punto prendere anche una deriva romantica, ma forse sarebbe stato troppo.
Buona parte del film è nelle mani, nei gesti e nelle espressioni di Imellos, parole poche, pochissime, tanto che non si può fare a meno di paragonarlo ai grandi, ai grandissimi attori comici del muto, cui con tutta evidenza Kenterman ha voluto ispirarsi: Buster Keaton, a cui l’autore addirittura somiglia, e Jacques Tati. L’altra protagonista del film è Atene, una città lontanissima dagli scorci cartolineschi, Partenone e Plaka, ma piuttosto periferica e molto sudicia, rispetto alla quale sortisce un buffissimo effetto straniante il look di Nikos, sempre impeccabile, uno degli ultimi ormai a portare quei vestiti sartoriali che nella Grecia di Tsipras e Varoufakis nessuno indossa più.
Pαφτης , una coproduzione greco-tedesca-belga distribuita dalla berlinese Pluto Film, è piuttosto divertente, qua e là un po’, diciamo così, fiabesco anche in grazia della colonna sonora, forse i 100 minuti complessivi sono un po’ troppi per il soggetto non ricchissimo di cui la regista disponeva.
Pαφτης -Regia: Sonia Liza Kenterman; sceneggiatura: Sonia Liza Kenterman, Tracy Sunderland; fotografia: Giorgos Mihelis; montaggio: Dimitris Peponis; interpreti: Dimitris Imellos (Nikos), Tamilla Koulieva (Olga), Thanasis Papageorgiou (Thanasis), Stathis Stamoulakatos (Kostas); produzione: Argonauts Productions, elemag pictures GmbH, Made In Germany Filmproduktion, Iota Production; origine: Grecia, Germania, Belgio 2020; durata: 100’. Proposta: 3 stelle su 5.