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Berlino Festival Intransit - Joan Jonas

Pubblicato il 7 luglio 2008 da Paolo Sanvito


Berlino Festival Intransit - Joan Jonas

Berlino - Joan Jonas L’intenzione, dichiarata nelle parole della Jonas, è di „mettere in scena“ la conferenza sul rituale del serpente, letta da Warburg nel 1923 alla clinica psichiatrica dove era in cura a Kreuzlingen presso Costanza. Un proposito molto difficile da realizzare, per chiari motivi: è impossibile riportare sulla scena ciò che era lezione universitaria, di tipo consueto. Dalla documentazione redatta da Binswanger e dai suoi collaboratori emerge con chiarezza che la lezione doveva avere un carattere quanto piú serio e rigoroso possibile, come quelle accademiche, proprio perché sarebbe stata il banco di prova della avvenuta guarigione del paziente, uno storico dell’arte di successo. Infatti, nello spettacolo, sono solo rari i passi della conferenza a essere uditi, e concretamente essi non sono adattabili scenicamente, non lo potranno mai essere. Il pensiero di Warburg, come lo evidenziava anche il suo allievo amburghese Georg Heise, era estremamente audace ma anche schematico, e per questo si avvaleva precipuamente di formulazioni complesse, poco seducenti dal punto di vista del lettore (figuriamoci per l’uditore) e invece scarne, essenziali, che bisogna tuttora leggere ripetutamente e con attenzione per poter afferrarne il valore almeno in parte. In questo consiste già una prima aporia dello spettacolo. La recitazione (parzialmente patetizzante) dell’attore che impersona Warburg non rende affatto giustizia a tale ricchezza di significati e contenuti, e c’è da chiedersi se sarà mai possibile rendergliela, data la difficoltà id fondo. Le frasi cruciali, comprensibili anche per il pubblico della performance, sono rare: ad esempio l’excerptum die suoi diari, in cui Warburg definisce se stesso un sismografo, che nei tempi folli in cui viveva era tenuto a segnalare i movimenti della psiche collettiva. Anche chi non conosce la sua opera di studioso può immaginare che significhi questo. Ma le altre frasi sono troppo lunghe e complesse per poter essere intese, o peggio, per non essere del tutto fraintese.

Il brano della Jonas presenta ulteriori problemi di drammaturgia e composizione delle sue diverse parti: proprio ai fini della comprensibilità di quanto viene citato da Warburg, l’inserimento nel canovaccio della scena di episodi di vita quotidiana, donne filmate mentre eseguono attività casalinghe o mentre sono sedute in salotto a coccolare il loro cane, sortiscono l’effetto di massimo spaesamento per qualunque spettatore. Alcuni commenti provenienti dal pubblico confortano lo scrivente in tale impressione. In alcuni punti, per l’elementarità di quanto si vede agire sulla scena, si ha l’impressione di vedere del teatro per ragazzi, un genere amato a Berlino (Kindertheater); l’azione è per lo più semplice, e si abbina con un certo carattere didascalico, appunto tipico di quel genere di teatro, ma certamente non motivato e neppure deliberato in questo specifico spettacolo. Non è effettivamente un suo aspetto sgradevole, la semplicità a volte consola e accattiva; ma certamente rende una certa ingiustizia al personaggio a cui è dedicato e dal cui materiale è ispirato. Particolarmente superficiale è però l’abuso della lunga riflessione warburghiana sulle ninfe rinascimentali, che sono incorporate da una performer statica e bloccata, solo dotata di un abbigliamento che la apparenta alle ninfe. E pensare che il valore coreografico della ninfa è stato per Warburg fondamentale, mostrando e mettendo in evidenza in lui una comprensione per la stretta comunanza di un’arte con l’altra. Ma anche qui è stato tradito: perché da parte di chi, come la Jonas, ci si contrabbanda per investigatrice del rapporto tra danza e rituale (come da testo del programma di sala), ci si sarebbe aspettata una maggiore comprensione degli interessanti contenuti delle parole di Warburg sulla danza – arte che è qui invece, nella ninfa vista in scena, del tutto ignorata. Warburg era in altri termini più audace dei suoi interpreti di oggi.
Resta l’interrogativo: che cosa spinge una performer dell’avanguardia americana, per altro stimata, a interessarsi di un argomento così astruso, al quale trova difficilmente un accesso? Fragen über Fragen...


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