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Brooklyn International Film Festival

Pubblicato il 11 giugno 2008 da Gaetano Maiorino


Brooklyn International Film Festival

Brooklyn, New York. Dall’altra parte del ponte, lontano poche miglia dai grattacieli di Manhattan, eppure totalmente estraneo alle mille luci della scintillante City, da undici anni un festival di cinema indipendente fa sentire la sua voce, il Brooklyn International Film Festival. Undici edizioni compresa quella 2008, iniziata il 30 maggio e conclusa domenica scorsa, 8 giugno. Dieci giorni, centodue film tra lungometraggi, corti, documentari, corti sperimentali e di animazione, a testimonianza di quanto il movimento internazionale indipendente sia vivo e raccolga moltissimo pubblico. Sale piene, prodotti originali, dibattiti, vitalità. Poche parole che rendono l’idea di come un gruppo di giovani organizzatori abbia saputo creare in una decade grandissimo interesse per il movimento low budget, con pellicole provenienti da tutto il mondo, in un clima multiculturale tipico della grande mela.
Italiano il direttore artistico della rassegna, Marco Ursino, che nella serata di apertura ha ribadito l’intento principale di questo festival: avvicinare le piccole produzioni alla distribuzione. Dare una possibilità, aiutare registi con grande talento e piccolo budget a emergere dal circuito underground e finire meritatamente nelle sale spalla a spalla a confrontarsi con i colossi delle major, o come minimo più visibili di quanto fossero prima, nascosti nell’ombra dal sistema. Il mercato del cinema americano infatti, oltre che fortemente protezionista (solo poco più del 3% la quantità di pellicole provenienti dal resto del mondo che trova spazio nelle sale statunitensi), è anche molto dipendente dal box office, ancora più che in altre nazioni. Se in Italia ad esempio esistono cineclub e un certo numero di sale virtuose che, almeno nelle grandi città, proiettano anche pellicole di minore impatto economico, ma di elevato spessore artistico, in America questa opportunità non è assolutamente presa in considerazione. In una realtà che privilegia il blockbuster su tutto il resto, il grido del Brooklyn International Film Festival, si aggiunge a quello del Sundance e delle tante altre kermesse che dall’Atlantico al Pacifico proliferano nel tentativo di promuovere cinema di qualità.

E tale è il cinema proposto dal BIFF. A partire dal film di apertura, Able Danger, ironico e stralunato noir politico, ennesimo e sentito atto di accusa (stavolta semiserio) nei confronti del governo Bush sulla tragedia dell’11 settembre. Nessuna pretesa documentaristica per il primo film di Paul Krik, che dopo la conferma del presidente Gorge W. alla guida della sua nazione ha deciso che sarebbe “andato ad Amsterdam per sempre, oppure avrebbe fatto un film che avrebbe cambiato l’America” ma tanta energia e dialoghi taglienti come rasoi. Sarcastico come le dichiarazioni del suo autore, questo film girato in HD e perfetto dal punto di vista tecnico, ha inaugurato la sezione dedicata ai lungometraggi di fiction che annoverava tra gli altri, anche l’estone The Class, recentemente premiato anche in Italia al Festival Culture Giovani di Salerno, l’italiano Apollo 54 di Giordano Giulivi, innovativo esempio di fantascienza (genere quanto mai raro nel nostro paese), e l’italo-americano FIX, premiato come miglior lungometraggio della rassegna, girato da Tao Ruspoli.
Altro italiano in concorso, ma nella sezione documentari è stato All’improvviso l’inverno scorso, di Gustav Hofer e Luca Ragazzi, sezione che ha visto vincere Carny, viaggio on the road al seguito di un carrozzone di luna park girato da Alyson Murray (in viaggio per 9000 miglia), e tra cui si segnala per la sottile ironia e la sconcertante cruda realtà Crawford, storia di rise and fall di un paesino del Texas abitato da 700 anime, in cui un giorno il presidente Bush (ancora lui) decide di stabilire il suo ranch.
Cortometraggi, sperimentazione e animazione hanno arricchito il fitto calendario di questo Festival che ha avuto come fil-rouge la parola Cinergy, abile gioco lessicale tra cinema-energia-sinergia, simbolo di un’arte che con forza ed entusiasmo si impegna nel diffondere cultura e qualità.


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