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Currentzis e la Quarta di Mahler alla Scala

Pubblicato il 11 dicembre 2018 da Anton Giulio Onofri


Currentzis e la Quarta di Mahler alla Scala

‘Piccola’ come un’altra Quarta, quella di Beethoven, stretta fra la Sinfonia più rivoluzionaria della Storia della Musica, l’Eroica, e la monumentale, granitica Quinta, la Quarta Sinfonia di Gustav Mahler è un interludio radioso innestato fra i due smisurati bastimenti sonori della Terza (a tutt’oggi, almeno di quelle regolarmente contemplate nei repertori, la Sinfonia più lunga mai scritta), e la funebre, tempestosa, lirica Quinta, quella del celeberrimo Adagietto utilizzato nel 1971 da Luchino Visconti come colonna sonora del suo Morte a Venezia. Dura ‘soltanto’ una sessantina di minuti (salvo il Titano, tutte le altre Sinfonie di Mahler vanno dall’ora e venti all’ora e quaranta minuti) e possiede un corpo sonoro più leggero, quasi aereo: non per niente ha un titolo, Das himmlische Leben, ‘La vita celestiale’, mutuato da un Lied tratto dal Des Knaben Wunderhorn, una raccolta di poesie popolari per bambini musicate da Mahler nello scorcio finale dell’800. Una Sinfonia ‘senza fortissimi’, come affermava lo stesso Mahler, pur sapendo di dire una veniale bugia. Ce ne sono, invece, di fortissimi in partitura e con tanto di squillante clangore di piatti e campanelli a suggello. Eppure, nel ricordo dell’ascoltatore quando vi ritorna col pensiero, la Quarta riemerge come una minuta Sinfonia-giocattolo, colorata di fiori e pupazzi, un carillon nostalgico di grazie e galanterie settecentesche, un tinnante salvadanaio, un oggetto, se non domestico, almeno addomesticabile, rispetto alle violente mareggiate e alle eruzioni vulcaniche di ogni altra poderosa creazione del catalogo sinfonico mahleriano. Perfino la visione di Paradiso al culmine del crescendo nel Ruhevoll, il lungo e pacioso movimento lento centrale, non vibra della medesima grandiosità della Seconda e della Terza Sinfonia, ma suona piuttosto come il sogno di un adolescente, attratto dal mistero della fede e dell’universo, cui tuttavia non è ancora in grado di attribuire lo spessore e l’intensità che, forse, saprà conferirgli più avanti, in età più mature.

Questo genere di riflessioni, a freddo (sono trascorse quasi due settimane, e in mezzo c’è stato anche il ‘main event’ di un sette dicembre particolarmente trionfale), tornano in mente ripensando al concerto di Teodor Currentzis ospitato lo scorso 30 novembre dal Teatro alla Scala, proprio dove in aprile il direttore greco-russo aveva debuttato in Italia, convincendo non proprio tutta la critica con il suo Beethoven strutturalista e il suo velocissimo Mozart (ma stregò un pubblico ammaliato dal suo carisma da guru del podio). Questa volta l’esito della serata è andato oltre qualunque positiva previsione, e il risultato artistico e musicale ha raggiunto tali livelli di consenso unanime da poter parlare di ‘consacrazione’ milanese di un musicista eccentrico finché si vuole ma che sta dimostrando un suo percorso di maturazione premiato da apparizioni nei più prestigiosi festival e piazze internazionali della Musica, segno di una vivacità più che salutare di un settore che nell’odierna societé du spectacle deve cedere troppo spesso il posto sui media a rapper che inneggiano alla distruzione della Cappella Sisitina o alle love story di balordi e attricette. Currentzis, che ha 46 anni dunque non è più tanto un giovanotto, veste in total black con attillati pantaloni a tubo e ostenta atteggiamenti da ‘eccentrico’, su e giù dal podio, cui solo talvolta, e ormai sempre di meno, corrispondono dandystici colpi di spazzola alle prese con questa o quella partitura. In questo autunno 2018 si è prodotto in particolar modo con Mahler: ha eseguito in pubblico, nella Liederhalle di Stoccarda, una magnifica Sinfonia n.3, ed è da qualche settimana disponibile in cd o sulle piattaforme deputate alla musica in streaming una Sesta che sta destando meritati scalpori per la sua tellurica spettacolarità. Il concerto scaligero, con questa Quarta e l’intero ciclo liederistico per voci e orchestra tratto dal Des Knaben Wunderhorn (programmatica e perfetta quadratura del cerchio, che permette di aprire e chiudere la serata con due Lieder tratto dalla medesima raccolta), ha confermato le speciali affinità che evidentemente Currentzis ha con Mahler, autore di ‘musica da direttori d’orchestra’, secondo un adagio che negli anni ’70 del secolo scorso circolava su di lui, non si sa bene con quale accezione.

Tornando alla Quarta Sinfonia diretta sul podio del Teatro alla Scala alla guida della ‘sua’ orchestra MusicAeterna, un ensemble con sede nella non proprio ridente cittadina di Perm nella Russia Europea Orientale che da anni gli si è votato anima e corpo sottoponendosi ad orari di lavoro tra prove e concerti che liquiderebbero il fegato a qualunque sindacalista, Teodor Currentzis ne ha esaltato ogni reminiscenza mozartiana, riducendo, contenendo l’abituale passo sinfonico mahleriano magniloquente e consustanziato di tragica fatalità, già di suo assente in questa ‘piccola’ Sinfonia. Districandosi tra la cromia luminosa e metallica dell’orchestrazione, ha meticolosamente restituito la limpida e scorrevole spensieratezza della Quarta con un dosaggio di dinamiche ed effetti in intrecciato dialogo con la levigatura di un fraseggio che sembrava sgorgare dalle stesse dita del direttore, assecondato da professori pronti a rispondere in termini sonori a qualsiasi suggestione dei gesti e delle espressioni facciali di colui che ormai conoscono talmente a fondo da poterne addirittura prevenire ogni intenzionalità. Forse il Secondo Tempo, quella sorta di macabro scherzo indicato ‘Con movimento comodo. Senza affrettare’, lo si sarebbe preferito più diabolico, e il violino solista accordato mezzo tono più sopra avrebbe dovuto stridere e stonare come un burattino di Ensor mascherato da scheletro, disturbante e grottesco; Currentzis ha invece preferito limitarsi a giocare e saltare ludicamente fra le mappe sonore della piacevolissima pagina smussandone l’ironia beffarda per tranquillizzare il Kind ideale dedicatario e ispiratore del lavoro, senza spingere troppo sull’orlo del baratro ansie eccessivamente problematiche per un fanciullo che si affaccia alla vita e si ritrova a fronteggiare i primi disagevoli incubi della pubertà. Ma nel Terzo Tempo, il Ruhevoll di cui si diceva poco fa, la quiete delle tombe nelle cattedrali e nei mausolei, con i regnanti e i nobili defunti scolpiti a braccia conserte sui coperchi immaginati da Mahler (la fonte è augusta e insindacabile: Bruno Walter), è scesa sulla platea e tra i palchi del teatro a immergere tutti in un’ovatta di pace miracolosa e irreale, senz’altro il culmine emozionale della lettura. Senza soluzione di continuità, il soprano solista nell’ultimo tempo Jeanine De Bique (vocina piccola piccola, ancora più piccola della Sinfonia stessa) è apparsa come una madonnina in una mandorla trecentesca, a raccontare le sue barzellette e i suoi aneddoti sui Santi, proprio come quando i bimbi gioca(va)no a ‘facciamo che io ero’, saltando dal triciclo al monopattino, avvolti nel mantello di un lenzuolo e brandendo una spada di legno. Fa sempre una viva impressione ascoltare questo ultimo tempo di Quarta di Mahler, per constatare ogni volta che, come diceva già Molière in tempi forse meno sospetti, ‘Non ci sono più bambini!’... Oggi, chi più gioca infatti, alla loro età, con le spade di legno? Che infanzia, che adolescenza potrebbero oggi riconoscersi in quella affollata tavola dipinta (pare un Breughel, o un Bosch purgato per il catechismo) e indovinare i nomi di tutti quei Santi e angioletti che scannano agnelli, infornano il pane, coltivano fagioli e asparagi, pescano e cucinano il pescato, saltano, ballano e intonano unanimi coretti a cappella di serena, giubilante, infantile felicità supernaturale? Currentzis sembra possedere una certezza, che con la sua esecuzione diventa anche nostra: l’infanzia è quella che c’è in questa musica. ‘Quando il bambino era bambino si immaginava chiaramente il Paradiso, e adesso riesce appena a sospettarlo, non riusciva a immaginarsi il nulla, e oggi trema alla sua idea’ scrive Peter Handke, e al di là della spada di legno o del videogiochino sul cellulare, il Paradiso che ci si immagina da bambini è sempre lo stesso, come identica sarà sempre l’ansia del Nulla che da uomini fatti ci accorcerà il respiro. Non importa riconoscere chi è San Pietro e chi Sant’Orsola; al loro posto potrebbero esserci dei personaggini dei Manga nipponici, l’effetto sarebbe lo stesso: sempre questa sarebbe la musica giusta, in grado di descrivere universalmente quella felicità e accennare il sospetto di poterla perdere, un giorno. È una culla, questa musica, dentro cui abbandonarsi tranquilli, con la stessa confidenza che riponiamo in un abbraccio materno. Se un abbraccio materno potesse essere espresso in suoni sarebbe quelle ultime battute che muoiono in un pianissimo quasi inudibile confluito nel lunghissimo silenzio che Currentzis ha saputo mantenere, con il braccio alzato, consapevole che in quel momento tutti noi eravamo tornati tra le braccia di nostra madre, e avremmo voluto restarci più a lungo possibile.


(Teodor Currentzis dirige Mahler); Direttore: Teodor Currentzis; Orchestra MusicAeterna; Musiche di: Gustav Mahler; 30 novembre 2018, Teatro alla Scala, Milano;


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