Dante legge Albertazzi

Non è la prima volta che Albertazzi legge Dante, ma è sicuramente la prima che "Dante legge Albertazzi". Al Teatro Ghione di Roma, fino al 21 febbraio, va in scena uno spettacolo di parole e poesia, ma anche di humor ed eros.
Attraverso i ricordi della propria giovinezza, Giorgio Albertazzi prova a riscoprire l’altro lato di Dante: quello che in una lunga carriera teatrale l’attore non ha mai fatto emergere. E’ il Dante carnale, umano, fragile e non corrisposto nei suoi sentimenti quello di cui parla questa volta Albertazzi: il ragazzo timido che si innamora di Beatrice ma non riesce mai a manifestarle apertamente il proprio amore, l’uomo la cui passione interiore si concretizza nella figura di Francesca, e infine il poeta, il più "universale al mondo", che Albertazzi confronta con personalità altrettanto grandi: da Shakespeare a Eliot, da Omero a Pound e Borges.
In scena prendono così vita momenti di intensa poesia, sottolineati dalla scenografia di tende e poltrone, da qualche passo di danza e dalle percussioni di Armando Sciommeri. Non mancano tuttavia intervalli dedicati ai ricordi giovanili di Albertazzi, che, come Dante per Beatrice, nasconde nel cuore un lungo e mai consumato amore per la sua ex professoressa di latino: Cinita (interpretata da Ilaria Genatiempo).
Uno spettacolo in cui trovano spazio veloci e imprevedibili passaggi di tono e di timbro recitativo. Albertazzi è prima l’imbarazzato bambino innamorato della maestra, poi l’addolorato Conte Ugolino, per divenire quindi l’attore ormai famoso che rincontra Cinita dopo anni e ancora Francesca abbracciata a Paolo, Ulisse che naviga i mari, Virgilio e Beatrice. Ma soprattutto Albertazzi è se stesso: un uomo maturo che si auto-definisce "contemporaneo di Dante" e che si presenta al pubblico, in una sera qualunque, per parlare liberamente di poeti e di poesia, per ironizzare sulle scarpe ("Ma che diavolo di scarpe mi hanno messo stasera? Sembrano delle galoscie!") e per manifestare il proprio amore per le cosce delle donne. Fino al saluto finale al pubblico, ringraziato per aver preferito una serata di versi e cultura alla partite di calcio in televisione.
