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Divina Commedia - Paradiso

Pubblicato il 18 febbraio 2009 da Filippo Ferraresi


Divina Commedia - Paradiso

Strasburgo - Théâtre Maillon Paradiso è l’ultimo capitolo della trilogia di Romeo Castellucci liberamente ispirata alla Divina Commedia di Dante. Non si tratta di un’opera teatrale ma di una installazione visiva dagli esiti sorprendenti. Completamente diverso dall’originale di Avignone, questo Paradiso è creato e adattado appositamente per Strasburgo.

Tre minuti. Tanto è il tempo necessario per l’apparizione della Luce. Paradiso è un colpo d’occhio, una folgore, un progressivo apparire della forma eterna. Lo spettatore è invitato ad entrare in una camera bianca, la quale tramite un buco circolare del diametro non superiore al metro e mezzo, (un lieve inchino è obbligatorio per tutti), porta ad un ambiente completamente oscuro. In questo "loco d’ogne luce muto" si sente fortissimo lo scrosciare di una cascata d’acqua che precipita dall’alto; ci si sente smarriti, non si hanno coordinate spaziali. A poco a poco ecco apparire in alto una figura, è un uomo incastrato alla vita nel foro da dove sgorga l’acqua. Si dimena, cerca di uscirne ma non ci riesce, esausto si arrende alla sua condizione. Romeo Castellucci crea un’installazione visivamente perfetta e seducente, che si basa sull’effetto dell’apparizione; infatti l’occhio umano dopo essere passato per la stanza luminosa impiega qualche tempo per abituarsi alla totale oscurità del secondo ambiente, così che l’immagine dell’uomo appare piano piano nell’arco di tre minuti. Il risultato è proprio un apparire flebile e liquido, remoto, ancestrale. L’ispirazione è tirata direttamente da "Il negro e il Narciso", un racconto di Conrad, come ammette tranquillamente lo stesso Castellucci. Già perché ciò che importa in questo Paradiso non è tanto ciò che si vede, ma la capacità di vedere; per questo l’effetto ottico dell’apparizione restituisce perfettamente la condizione di cecità della creatura davanti alla Luce e il suo progressivo rivelarsi.

Paradiso conferma il dubbio, già accennato in Purgatorio, di una traformazione concettuale del modus operandi nella Trilogia. Il palscoscenico definitivo che è lo spettatore è abbandonato completamente alla solitudine della comprensione, in balia di concetti filosofici complicati e impenetrabili. Forse questa virata non è altro che la risposta personale di Castellucci nei confronti di "materie altissime" come la Teologia, di concetti oltre-umani, del pensare i regni dell’aldilà: Inferno, Purgatorio e Paradiso. Una scelta obbligata insomma quella di ricorrere all’aiuto del concetto "codificato" (e decodificabile), infondo non siamo che piccole creature di fronte all’infinito smarrimento del non sapere, talvolta presi per mano dalla Luce...


Concezione dell’Installazione: Romeo Castellucci Musica originale: Scott Gibbons Collaborazione alla scenografia: Giacomo Strada Sculture di scena, meccanismi e prosthesis: Istvan Zimmermann e Giovanna Amoroso Web Info: Théâtre Maillon, Socìetas Raffaello Sanzio


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