Ecce Homo! Umanesimo e finis hominis nel cinema di Michael Mann

Avere al centro della propria poetica l’Uomo in quanto tale è, di sicuro, preoccupazione essenziale in Michael Mann, tematica che lo rende più vicino all’essenza dell’auteur cinematografico, di quanto gran parte della critica vorrebbe mai ammettere. Forse anche un autore di genere all’interno dei generi, ma come pochi altri libero di muoversi nella no man’s land posta tra arte e industria. E, con ogni certezza, Autore mai asservito a nessuna aprioristica costrizione esterna, come pochi altri nella storia di Hollywood, appartenente a una categoria purtroppo aliena a una certa sensibilità europea.
L’Uomo secondo Mann è inesorabilmente uomo, rappresentato attraverso le qualità di un uno in particolare: ovverosia, l’ultimo uomo sulla terra, ma non esponente dell’intera specie, bensì isolata avanguardia, un qualcosa d’altro rispetto all’intera collettività, individuo ontologicamente determinato dalla sua (in)finitezza, e per questo malinconicamente solo, vivo solamente perché nascosto nelle tenebre, spettro invisibile, primo uomo nel Nulla e ultimo uomo prima di esso: essere oscuro che sopravvive a difficoltà primordiali, portatore sì di luce, ma troppo flebile per illuminare un intero percorso e i suoi non-simili, sempre in lotta con se stesso, protagonista totalmente decentrato, eroe sempre più stanco nato nell’aldilà oltre il bene e il male, e cifra stilistica di un’intera filmografia, atta a filmare l’infilmabile.
Will Graham è protagonista che negli altri si immedesima e nel quale è difficile immedesimarsi, uomo liminale che ha camminato lungo il sottile crinale tra coscienza e follia e che ha deciso di gettarsi nell’abisso, consapevole della sua biodiversità: un altro Manhunter, un serial killer che fagocita menti.
Cassius Marcellus Clay/Cassius X/Muhammad Alì, cattolico americano/afroislamico: leggerezza corporea, eterno movimento e stasi coatta, in perenne trasformazione rimanendo sempre uguale a se stesso, unico grande uomo di sport di sempre, volente e nolente protagonista della Storia al di fuori della ristrettezza del ring.
Crockett& Tubbs: liminari esseri sospesi fra due mondi, fra realtà e iperrealtà, attori di se stessi, evidentemente doppi.
Nathaniel (Hawthorne?) Poe/Hawkeye: primo e ultimo bianco accanto all’Ultimo dei Mohicani, romantico homo novus senza progenie ed eroe libero in viaggio dal New England-terra promessa alla valle dell’Hudson, dove la Cultura trapiantata può convivere con quella nativa, insieme assorbite dalla Natura, in un’unità di pensiero e azione. Ma che dovrà confrontarsi con l’abisso finale, inferno sotto i suoi piedi, immagine fosca di un oltretomba circondato dalla nebbia, simbolo di un’America costruita sul sangue e presaga di una sua impossibile evoluzione.
Collateral e Heat, Vincent/Max e Vincent/Neil: la corsa dei contrari, l’uno in-contro all’altro, il doppio e il timore che incute, l’angelo (e lo) sterminatore nello spazio urbano, Los Angeles alienante stilizzata elegante megalopoli troppo piccola per entrambi.
Jeffrey, imbolsitoInsider dentro i segreti di Big Tobacco, stanco prometeico anti-eroe che ci ha donato la scintilla di una nuova consapevolezza.
Uomini studiati da vicino e da lontano, decentrati al centro dell’attenzione, in fuga dalla massa, amati temuti e disprezzati nella loro diversità, detentori di una conoscenza in lotta contro le credenze altrui e le verità assolute e, anche se non sempre liberi di credere fino in fondo in se stessi, capaci di vivere amare e morire.
Scorsese e Antonioni, Taxi Driver e L’eclisse: viaggio tra sacro e profano, in un impotente Cristianesimo Laico fatto di violenza e alienazione, ultime mete di un’umanità alla deriva. Fritz Lang e Stanley Kubrick, neri americani: il genere come regola del gioco da accettare, congegno per scardinare il meccanismo dell’esistenza dall’interno della sua convenzione, lo stile al servizio della perfezione, il pessimismo sulle sorti magnifiche e progressive. Mann umanista sui generis, entomologo a caccia dell’ultimo uomo da conservare, artista perfetto esponente della (in)finitezza di un nuovo Umanesimo, classico fra i moderni, viva voce critica della nostra contemporaneità.
