ENZIMI 2004: TRAGOS de I SACCHI DI SABBIA

Roma, Acquario Romano, 10 settembre. Un salotto, una giovane coppia su un divano che guarda la tv, Ginger e Fred che danzano felici. Un salotto, una giovane coppia su un divano che mangia patatine, espressioni inebetite dal flusso catodico. Un salotto, sullo stesso divano della giovane coppia si siede un uomo che accende le grazie al suo santo protettore. Nel perimetro ristretto di un salotto qualsiasi, vediamo scorrere lentamente (molto lentamente) la vita nonsense di individui molto simili a noi, chi spera in un miracolo “extraterrestre”, chi si blocca ad osservare i sogni e i desideri degli altri, dimenticandosi di averne di propri. Tràgos nel greco antico stava ad indicare il capro, l’animale che veniva sacrificato per ingraziarsi gli dei, cui Aristotele fa risalire l’origine della tragedia classica. Anche I Sacchi di sabbia ci raccontano il loro “canto del capro”, episodio di chiusura del percorso durato tre anni partito da “Orfeo. Il respiro” e trasformato poi in “G” l’anno scorso. Tràgos è lo spettacolo sintesi delle due esperienze precedenti, con personaggi imprigionati nella loro condizione di esseri perennemente desideranti, che vivono i tic, le manie e le piccole meschinità del quotidiano. Così la coppia vorrebbe danzare come nei film americani degli Anni Quaranta, assomigliare a Ginger e Fred e volteggiare lontano dalla routine domestica; e il terzo uomo sogna di migliorare la sua condizione perpetrando la funzione apotropaica di accendere i ceri al santo per chiedere in cambio i numeri del lotto. Improvvisamente la scena cade nel buio e lo spettacolo riprende con la “comica finale” del sottotitolo: le immagini aeree dei sogni hollywoodiani hanno ceduto il posto alle immagini degli aerei che sganciano le bombe atomiche. Fine del mondo e fine dei sogni. Ad alcune suggestioni bibliche (la pioggia di rane/piaghe dell’Apocalisse e il sacrificio di Isacco) fa seguito la lunga chiusa da film muto alla Jacques Tati, e il pubblico dell’Acquario Romano, alquanto rumoroso e impreparato, non sa se ha assistito ad una tragedia, ad una commedia o ad una farsa ai danni del suo intelletto e della sua pazienza. Teatro sommesso e pudico, non facile da amare, quello de I Sacchi di Sabbia, gruppo tosconapoletano che fa “commedia dell’arte” da un decennio, portando avanti con convinzione l’accostamento tra comicità slapstick e vaghezza poetica.
[settembre 2004]
Atto unico con comica finale
ideazione: Giovanni Guerrieri; interpreti: Giulia Gallo, Enzo Illiano, Gabriele Carli, Andrea Lancioni; produzione: Santarcangelo dei Teatri, Fondazione Teatro di Pisa, con il sostegno della Regione Toscana; durata: 1 h circa.
