ENZIMI 2004: TWO PLAYFUL PINK di Yasmeen Godder

Roma, Teatro Ambra Jovinelli, 7 settembre. Ci siamo, ecco la “sfida”: due corpi a confronto, due performer dalla fisicità tipica dei danzatori di Pina Bausch, in una cella di costrizione scenico linguistica dove lo sguardo è politico, sinonimo di potere, e questo è unificato con il sesso maschile come modo di intellegere il mondo, castrando i diritti, uccidendo l’individuo, in questo caso, la donna.
Fra due video posti ai lati appena sotto il palco la scena libera, spoglia, bianca, cinge le due performer che scandiscono in tre sintesi coreografiche la cattura dell’occhio, la prigione del Ruolo, l’evasione, ovvero, l’affermazione del diritto.
Yasmeen Godder, giovane coreografa israeliana, già premiata nel 2001 con il prestigioso New York Dance and Performance Bestie Award e scelta da Pina Bausch per la prossima edizione del suo Festival Tanztheater, presenta per la prima volta in Italia una delle sue ultime creazioni, ma al di fuori dei confini nazionali è già “considerata una delle espressioni più originali del nuovo panorama indipendente internazionale” (come ci conferma il programma). La sua è una poetica post-post-femminista, laddove ormai oggi il termine assume nessun significato, ma solo una rivendicazione di posizione, una dichiarazione di diritto alla vita dell’espressione, appunto.
Due donne sollecitate all’esibizione e sovraesposizione di sé, costantemente sotto gli occhi di un “pubblico”, osservate, scrutate, quindi obbligate dentro gli angusti confini di un “ruolo” sociale predefinito, deviano il naturale manifestarsi, fiorire, “essere” del proprio corpo, e di se stesse, verso questa “prigione degli sguardi” dove adattarsi a sintesi e soluzioni preimpostate, le comuni aspettative quotidiane, per capirsi, ingenera un inevitabile conflitto con la propria personalità originaria, per la Godder sempre misteriosa, divertente, “disturbata”.
Tre tempi, il primo, quello dell’iniziale cattura dello sguardo, più “duro”, con una forte carica d’originalità creativa e performativa ed una buona armonia esecutiva tra le due danzatrici, segnato da una tessitura sonora che rimanda a frequenza hertziane in movimento con l’alternarsi della sofferenza espressivamente più prossima alla Bjork di Dancing in the Dark che alle comuni soluzioni attualmente visibili in simili spettacoli, il secondo, dalle soluzioni più “apparentemente” easy-going e, musicalmente, easy-listening, a comunicare l’orrida sventura del “burka occidentale” della taglia 42 e degli eterni 18 anni (fisici ed evolutivi), il terzo, il finale, ottimo, sia per incisività che per efficacia. Dopo essersi liberate da uno dei contemporanei feticci della femminilità - una sorta di un enorme push-up ingigantito indossato dalle due performer - ecco che inizia lentamente, in un lento crescendo, una corsa circolare, mentre sui due schermi laterali appaiono immagini da cartolina di paesaggi di libertà: si fa poco a poco buio in scena, Yasmeen e Iris che corrono...continuiamo a sentire il rumore dei piedi sul palco, ora sono scomparse alla nostra vista, eccole di nuovo, ma non sono più dove eravamo abituati a “scoprirle”, bensì sui due video, e corrono sul mare, fra le montagne, nei tramonti, l’anima ha trovato la via d’uscita, ed è là, fuori dal “limite”, in un’astratta no man’s land (e mai definizione fu più appropriata).
Lodevole il linguaggio sempre originale, divertente e disturbante, con molte soluzioni “a terra” secondo ardite elaborazioni dalla tecnica contact, che brilla vitale per tutti i 60 minuti dimostrando ottima sintonia e forza espressiva pregevole: l’Ambra Jovinelli, stracolmo, ha acclamato unanime quest’originale gioco della femminilità ultravioletta.
[settembre 2004]
coreografia: Yasmeen Godder
performer: Iris Erez, Yasmeen Godder
consulente artistico: Itzik Giuli
costumi: Ilanit Shamia
video: Yoram Ron
animazione: Ruti Ron
produzione: con il supporto di The Israeli Ministry of Foreign Affairs, Ufficio Culturale dell’Ambasciata di Israele in Italia
