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FAUST dei SANTA SANGRE

Pubblicato il 7 aprile 2005 da Leonardo Gliatta


FAUST dei SANTA SANGRE

Una vasca da bagno con un uomo nudo in ammollo, di spalle. Uno specchio orizzontale, in cui il pubblico si riflette. La scena iniziale del Faust dei romani Santa Sangre carica di tensione oscura la rappresentazione di un mondo sospeso, esoterico. I ritmi rallentati, ieratici (tendenti alla Societas Raffaello Sanzio) di un gesto molto spesso troppo caricato di senso, come quello dell’avvicinarsi lentamente e specularmente delle due puttane alla vasca, finiscono per far perdere d’incisività intere sezioni dello spettacolo. Nonostante incappi in momenti di “stanca” e in alcune ingenuità (il coro è pressoché inutile), il Faust ha un solido impianto scenico, con una buona apertura e un’ottima chiusura di emotività alterata. Alterata dall’insistenza sul martoriamento della carne, sulla performance estrema da attivista alla Franko B, e quindi con qualche dubbio sulla sincerità percepita dallo spettatore. In generale manca allo spettacolo un vero e proprio percorso, emotivo e narrativo, che si intravede solo nel viaggio interiore nell’auto-annullamento dell’uomo Faust, uomo fragile, che “non sa lottare”, come arriva a dichiarare nel finale Luca Brinchi. Cosa rimane dello spettacolo se non il dolore fisico di Faust- Luca Brinchi, la sua intensità sincera che vive, si autoflagella per noi spettatori, in una dimensione pericolosamente cristologica? Probabilmente i Santa Sangre centrano l’obiettivo, il fondo c’è, e riesce ad emergere, e questo fa già di per sé la riuscita di uno spettacolo.

[aprile 2005]

da Il dottor Faust di Christopher Marlowe. ideazione: Luca Brinchi, Diana Arbib, Maria Carmela Milano, Emiliano Pes e Pasquale Tricoci. con: Luca Brinchi, Chiara Colonna, Robeta Zanardo, Silvia Audiutori, Gessica Besson. trucco: Elisa Papetti. in scena: Teatro Furio Camillo fino al 23 aprile


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