Festival del cinema africano di Verona
Originale e commerciale; estetizzante e popolare; impegnato e attento al mercato. Il XXVII Festival di Cinema Africano appena conclusosi a Verona ha messo in evidenza che queste contraddizioni sono tutt’altro che aspetti negativi di una cinematografia in pieno fermento. «Così come non c’è un’unica Africa, allo stesso modo la produzione per immagini è quanto mai variegata» sottolineano i Direttori Artistici Fabrizio Colombo, Giusy Buemi e Stefano Gaiga. «Per questo siamo riusciti a portare a Verona opere per tutti i gusti. L’industria cinematografica africana è talmente vitale che ci è sembrato doveroso concentrare l’attenzione solo sull’Africa.» Le pellicole presentate in Concorso e gli incontri con gli autori sono state utili per conoscere produzioni dagli esiti più diversi. Film che anche dal punto di vista estetico-formale mostrano una maturità a tratti sorprendente: Ezra di Newton I. Aduaka, rabbioso e potente affresco dalla regia rigorosa; What a Wonderful World di Faouzi Bensaïdi, poeticamente intenso e dal linguaggio maturo; Making Of di Nouri Bouzid, drammatico nel suo esperimento metacinematografico. Opere ricche di contenuti, dai toni a tratti provocatori, ma che colpiscono lo spettatore per la loro riflessione interculturale, come ben dimostra il film premiato dalla Giuria Ufficiale, Africa Paradis di Sylvestre Amossou, o Il va pleuvoir sur Conakry di Cheick Fantamady Camara, vincitore in extremis del Premio del pubblico. Imprescindibile il rapporto con il mercato. Il convegno “Cinema Popolare Africano: da Nollywood in poi” ha puntato i riflettori su una parte dell’industria nigeriana (il termine Nollywood nasce appunto dalla contrazione di Nigeria + Hollywood) capace di posizionarsi immediatamente dietro all’India di Bollywood e alla “fabbrica dei sogni” degli Stati Uniti, con un giro d’affari di 100 milioni di euro. Produzioni di argomento popolare, che raccontano la vita quotidiana in cui il pubblico ama rispecchiarsi; budget dell’ordine di 10 mila euro, camere digitali e tempi di lavorazione velocissimi, che consentono alle produzioni di essere sul mercato (soprattutto home video e a prezzi irrisori) ad appena un mese dal termine delle riprese. «Per capire Nollywood bisogna partire dalla cultura orale africana, più che affrontare l’argomento in termini di stile e qualità» sostiene Franco Sacchi, regista che sull’argomento ha girato il documentario This is Nollywood, in prima visione a Verona «Questa vera e propria industria crea la possibilità di imparare un mestiere all’interno di un mercato che brucia letteralmente l’offerta.» «Un modo di fare cinema che si sta estendendo all’Africa dell’Ovest» precisa Clement Tapsoba, critico cinematografico del Festival FESPACO. Senza dubbio la duttilità del digitale ha favorito questo tipo di produzioni, ben rappresentate nelle sezioni DigitalAfrica e Africa Short. Conclusa l’ormai ribattezzata “edizione 0”, si pensa già alla prossima. «Siamo stati contattati da parecchi registi che volevano inviare i propri lavori» conclude Fabrizio Colombo «Inizieremo una vera e propria opera di selezione dei film che ci verranno inviati. Il Festival ha catturato l’attenzione di Assessori alla cultura con cui stiamo valutando di estendere la programmazione anche fuori Verona. Il nostro sogno sarebbe creare un gemellaggio con altri festival internazionali e con i circuiti cinematografici africani. E riuscire a portare il cinema africano dove ancora non c’è.»