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FESTIVAL ITALIANI TRA AMBIZIONE E COMMERCIALIZZAZIONE (EMILIA; ROMAGNA; TOSCANA; VENETO etc.)

Pubblicato il 12 settembre 2006 da Paolo Sanvito


FESTIVAL ITALIANI TRA AMBIZIONE E COMMERCIALIZZAZIONE (EMILIA; ROMAGNA; TOSCANA; VENETO etc.)

Teatro della Valdoca, MISTERIOSO CONCERTO

Al ritmo battente di due inaugurazioni di festival alla settimana, l’Italia centrale e l’Emilia hanno come sempre ospitato a luglio e in parte agosto le grandi kermesse del teatro contemporaneo, di sperimentazione o di fotografia dello status quo, internazionale o regionale, costringendo il pubblico interessato (per non parlare degli addetti ai lavori, ora più o meno tutti in rianimazione) a tours de force di attraversamento multiplo degli Appennini e salti su improbabili, per lo più fantomatiche, corriere che collegano la provincia italiana con i grandi centri. La loro irrinunciabilità è intrinseca, a causa della funzione fondamentale che essi hanno entro le direttive del turismo da una parte, e per il mantenimento di forti strutture socioculturali delle regioni dall’altro. Non deve esser spiegato dunque perché “Inequilibrio” di Armunia abbia luogo proprio nelle due settimane centrali di luglio in una località delle più turistiche del Paese, mentre meno chiara al pubblico è l’utilità fondamentale di questo, come anche di Santarcangelo o Ravennafestival, Festival dell’Amiata, Drodesera sul Garda o Volterrateatro, ai fini del mantenimento in vita di una struttura e di una rete teatrale regionale di cui beneficiano di fatto intere regioni, provincie e comuni, in cui l’attività culturale sarebbe ormai, in questo nuovo secolo, impensabile senza i circa 40 anni di incubazione che gli assessorati hanno vissuto nella concezione, creazione e ampliamento delle strutture teatrali sia fisiche (le fondazioni dei festival, le case del teatro), sia antropologiche (il pubblico, le associazioni del settore, le compagnie e gli ensembles più o meno stabili). Anche strategiche istituzioni italiane come il Museo Pecci di Prato non sarebbero pensabili senza l’interazione con il tessuto estremamente fertile dell’avanguardia nel teatro e nella performance, e tutta la rete sociale che ad esse afferisce nelle zone (le provincie toscane, quelle romagnole, di Urbino, di Perugia, ecc.) di maggiore attività della “creative class” nazionale - ammesso che di una cosa simile, secondo i concetti di Richard Florida, sia possibile parlare in una società così devastata come la nostra. Inevitabile quindi l’approdo dell’amministrazione locale napoletana, che dopo essersi finalmente radicata in capo a circa un decennio, oggi opta per l’impianto di un festival “internazionale” anche nel titolo, del quale vedremo l’edizione n. 1 quest’anno: ma questo esula dal nostro discorso. Di volta in volta differenti e peculiari sono invece le vicende locali dei singoli festival. Il caso di SANTARCANGELO, quest’anno per la prima volta promosso alla categoria di “festival dell’arte” segnando la definitiva frattura delle frontiere tra i generi, è emblematico anche sul piano nazionale. Il festival ha conosciuto recentemente alcuni anni difficili, a dire della stessa amministrazione locale, con la direzione dell’attore Silvio Castiglioni ora passato al gruppo Krypton. Nato come vetrina della scena off in tempi politicamente caldi (1971) e con una forte presa di posizione politica da parte delle autorità stesse (una delle quali, quasi simbolicamente e ominosamente, morì dopo la realizzazione del festival, per infarto, nella “sua” piazza Ganganelli), e dopo esser stato responsabile dell’ascesa della Romagna dalla provincia della balneazione di un tempo a centro teatrale di interesse europeo con una fittissima rete di gruppi, esperti e programmatori, Santarcangelo è ora decisamente in fase ridefinitoria, che lo attesta tra le realtà più interessanti in Italia: quest’anno vede l’elezione a suo direttore artistico di un personaggio internazionale di punta, Olivier Bouin, responsabile della vistosa e interessante virata multimediale (perfino il cinema è presente, grazie ai tedeschi Zeitblom) così come della nuova impronta internazionale. A volte in Italia miopi attitudini localistiche, di chi al contrario forse vede il festival come o uno strumento per gabbare/sfruttare i turisti, o come uno strumento ad uso di interessi particolaristici, non hanno fatto immediatamente percepire i vantaggi della nuova direzione (congiunta con il critico e docente universitario romano Paolo Ruffini), e hanno condannato la scelta di uno straniero, un “non romagnolo”, e c’è chi ha scritto (Il manifesto) che, nonostante la riuscita del festival, “di Bouin si sa poco, e poco dice il festival”. Ma è ovvio, della propria ignoranza si è per lo più i primi colpevoli, il merito va a chi sa. Tornare al provincialismo di una corrente del tutto “santarcangiolese” (e si può dubitare che ne esista una) sarebbe fatale non solo per i locali, ma per la rete teatrale nazionale.

Più appartato, ma per questo interessante come osservatorio al di fuori della mischia, e agli altri analogo nella funzione e negli obiettivi di fondo, è il già citato “INEQUILIBRIO” di Catiglioncello (LI) con il suo circondario o hinterland, che esiste già da alcuni decenni e che ha assunto molto precocemente un’importanza centrale nel panorama culturale toscano grazie all’istituzione di una fondazione relativa, Armunia, la disponibilità di spazi “in residence” per gruppi ed artisti e l’inserimento in un network internazionale della danza classica e contemporanea con il lavoro dell’ensemble di Micha van Hoecke (qui residente *-*). Per inciso, lo storico direttore del festival Massimo Paganelli, a cui per molto tempo sono state legate le sorti della grande macchina della manifestazione, anche finanziariamente, ha annunciato questo luglio il suo prossimo pensionamento (se non altro anagraficamente giustificato; ma ugualmente non ha mancato di suscitare qualche ambascia, dato che improvvisamente defeziona un personaggio che ha saputo gestire allo stesso tempo amministrazioni e artisti in modo molto responsabile e capace). L’effetto virtuoso del festival è talmente vasto che sarebbe arrogante ambire a riferirne in queste poche righe, ma si percepisce chiaramente nelle frequenti cooperazioni con l’altro festival, Volterrateatro, con i teatri e le compagnie pisani, romani e livornesi; si è instaurata così una “circolazione produttiva” tra rilevanti scene romane (per esempio Ascanio Celestini e Gaetano Ventriglia; inoltre Massimo Civica e altri di ambiente limitrofo, come Daniele Timpano) e la Toscana occidentale, più aperta forse complessivamente di Firenze alla scena giovane. Spazi artistici multimediali sono sorti negli ultimi anni a Livorno, e hanno avuto chiaramente in Castiglioncello il loro punto di riferimento o in partenza, o per legami continuati: l’associazione teatrale Fuori Centro, produttrice di spettacoli dal 1993 in poi e sponsor di corsi regolari a Livorno e su raggio nazionale; il gruppo Ars Nova, collocato tra prosa e teatro musicale; mentre il centro artistico (anche per le arti multimediali) “Grattacielo” esisteva già da prima, ma solo in tempi recenti si è affrancato dal legame con il liceo gesuitico della città, ed è tuttora molto attivo; la cooperativa Theatralia (nata nei primi anni novanta), di attori e registi, fin dagli anni ’80; il Teatro del Porto, infine, è nato per ultimo, nel 2003. Inequilibrio, e “nomen est omen”, si trova in bilico su un asse rilevante, tra la maggiore città italiana e il resto della Toscana, Torino, Avignone e Bologna dall’altra parte: luoghi che, ignorando il grande sonno della parentesi berlusconiana, hanno saputo attestarsi, e continueranno a farlo, come luoghi dell’avanguardia italiana in patria - ed in esilio anche. E’ effettivamente un caso fortuito di “germinazione culturale spontanea”, della migliore specie quindi, che vede una società ad alto tasso di popolazione giovane e intellettuale (nelle province di Livorno e Pisa) confrontarsi con la possibilità di ideare e far nascere delle strutture creative, con il loro rapporto con l’imprenditoria e il terziario locale e gli specifici orientamenti di idee che fanno tendenza hic et nunc, in questo specifico contesto oggi. Una sfida che in molti hanno raccolto sulla costa toscana (ed oltre), e la cui sostenibilità verrà verificata solo col tempo.

[settembre]


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