X

Su questo sito utilizziamo cookie tecnici e, previo tuo consenso, cookie di profilazione, nostri e di terze parti, per proporti pubblicit‡ in linea con le tue preferenze. Se vuoi saperne di pi˘ o prestare il consenso solo ad alcuni utilizzi clicca qui. Chiudendo questo banner, invece, presti il consenso allíuso di tutti i cookie



Fiction Italia - Coco Chanel

Pubblicato il 7 ottobre 2008 da Fabiana Proietti


Fiction Italia - Coco Chanel

La denominazione della nostra rubrica stavolta non è propriamente corretta. Coco Chanel non è, infatti, una fiction unicamente italiana ma una co-produzione internazionale che impegna Italia, America e, ovviamente, Francia nel ricordare un’icona mondiale della moda del XX secolo.
Dopo l’Edith Piaf oggetto del biopic La vie en rose un altro mito francese da esportazione viene riscoperto da cinema e televisione. Ma se sul grande schermo bisognerà attendere ancora dei mesi prima per vedere Coco - avant Chanel di Anne Fontaine (già regista di Nathalie) con Audrey Tautou nei panni (di classe) della celebre stilista - e il cui manifesto, con la Tautou in abiti maschili e posa aggressiva, lascia presagire un taglio più contemporaneo e anticonformista - nel frattempo è la televisione a raccontare il mito Chanel, affidandone il volto giovanile a Barbora Bobulova e quello più maturo a Shirley McLaine, interprete carismatica, attorniata di un’aura divistica pari a quella del suo personaggio.
I pochi momenti in cui la McLaine è in scena, sia pure di cornice, funzionali a lanciare i lunghi flashback del racconto - “ti ho mai detto come è nato il mio celebre tubino nero?” dice ad esempio la diva rivolta a Malcolm McDowell - hanno tutto un altro passo e un’altra allure rispetto alla rievocazione in costume, comunque non spiacevole, della vita privata di Gabrielle - Coco - Chanel, con i suoi amori sfortunati e la nascita del suo impero nell’haute couture.

Il film, in ogni modo, risente relativamente dello squilibrio tra le parti e osa un taglio orgogliosamente feuilleton per gli anni giovanili, con l’ambientazione nella Parigi degli anni Dieci, il triangolo amoroso tra Coco e i due amici Etienne Balsan e “Boy” Capel che dà vita ad alcune scene insolitamente sensuali per i canoni Rai, scandite dal ritmo lascivo del tango argentino.
Eppure, per una sorta di aderenza al personaggio, all’intraprendenza che nel giro di un decennio ne fece la regina della moda prima francese e poi internazionale, anche la ricostruzione romanzesca, pur con il suo afflato romantico apertamente esibito, possiede una maggiore asciuttezza, un taglio più moderno delle consuete fiction “in costume”. E se anche Barbora Bobulova non convince pienamente nel ruolo di Coco, che per vita e opere immaginiamo più di polso rispetto a quanto il lacrimevole volto della Bobulova ci lasci credere, la riduzione televisiva ha il merito di provare a descrivere il tocco della stilista, le sue profonde intuizioni del gusto moderno, il suo stile innovativo e particolare con la predilezione per le stoffe ‘povere’ come il jersey e il taglio minimalista degli abiti rispetto alla sovrabbondanza del diciannovesimo secolo.

In tal senso, Coco Chanel ha avuto una sorte migliore di quella della Piaf di Olivier Dahan, imprigionata da una messa in scena pesante e claustrofobica, in cui la personalità della cantante veniva soffocata sotto il trucco imposto alla sua interprete, una Marion Cotillard invecchiata e ridicolmente travestita e pertanto premiata come Miglior Attrice, secondo i consueti parametri dell’Academy.
Coco Chanel da questo punta di vista sceglie con intelligenza di dividersi tra due interpreti, visualizzando così lo slittamento dalla giovane donna all’icona mondiale, dotata di presenza inconfondibile e forte personalità, a cui la McLaine conferisce un piglio fiero non indenne da una fragilità che tuttavia la assale quando aspetta di sentire l’accoglienza del pubblico alla sua ultima collezione. La sequenza finale è forse la più bella: mentre le mannequin sfilano nel celebre atelier di Rue Cambon indossando quei tailleur che saranno inconfondibile marchio di fabbrica della maison, Coco le osserva da dietro il muro di specchi che rimanda infiniti riflessi degli abiti.
Il pregio maggiore del film televisivo diretto da Christian Duguay sta proprio in quest’ottica che va oltre stretto dato biografico. Perché al di là degli intrecci amorosi, il carattere della stilista va giustamente cercato lì, nelle pieghe morbide degli abiti che hanno vestito le donne più eleganti del secolo.


Enregistrer au format PDF