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Fiction Italia - Mai per amore

Pubblicato il 25 aprile 2012 da Viviana Eramo


Fiction Italia - Mai per amore

Mai per amore è uno di quei casi che ripropone, a chi deve scriverne criticamente, l’annoso problema del dover discernere le intenzioni dai risultati. Già, perché sulle intenzioni encomiabili di questa operazione prodotta da Claudia Mori per Ciao Ragazzi e andata in onda su Rai Uno, non è lecito avere dubbi. Scegliere di raccontare le svariate e orribili forme che la violenza sulle donne può frequentemente assumere in contesti di apparente normalità non può che far bene in un paese come il nostro, che a tutt’oggi dimostra in quest’ambito di essere giovane, nel grado di consapevolezza e di misure contrastive, e di avere, viceversa, un buon grado di anzianità, visti i numeri che (non) si registrano nelle cronache e nei tribunali. E non possiamo, dal canto nostro, non rilevare che in questo caso più che in altri, la messa in onda da parte della Rai (dopo un’interrogazione parlamentare, per la verità) dà senso a ciò che definiamo servizio pubblico. Sarebbe, infatti, piuttosto sciocco negare, soprattutto in questi casi, la funzione istruttiva e di sensibilizzazione che il prodotto televisivo può (e deve) assolvere, mettendo l’accento sulla propria portata etica e sociale.

Inutile dire, però, che le ottime intenzioni non bastano. La forza di questa operazione, come di altre con le stesse premesse, non può risiedere esclusivamente sulla scelta tematica, ma deve trovare linfa in ogni altra scelta che dà forma e contenuto all’opera finale. L’impressione, invece , è che i quattro film di cui è composta questa collana - firmati da registi di indiscutibile merito come Liliana Cavani, Marco Pontecorvo e Margarethe Von Trotta - non posseggano quella compiutezza stilistica e contenutistica che servirebbe, forse più che ad altre, proprio a operazioni che nascono con intenti di tale importanza. Ciascun film della serie affronta una diversa forma in cui può declinarsi la violenza fisica e psicologica che le donne subiscono proprio da coloro i quali si suppone dovrebbero amarle.
Nel film firmato da Liliana Cavani, Per troppo amore, una giovane ragazza vede il suo amorevole fidanzato tramutarsi in un violento stalker; in quello della Von Trotta, La fuga di Teresa, si racconta la follia distruttiva di un padre nei confronti di moglie e figlie; in Helena e Glory di Marco Pontecorvo la difficile storia di una prostituta; Ragazze in web, dello stesso Pontecorvo, fa un passo ulteriore, presentando una giovane donna che attivamente crede di poter usare il proprio fascino e il proprio corpo a suo favore, salvo poi rimanere stritolata in una relazione senza umanità.
In questo senso la serie ha il merito di non ripetersi mai uguale a se stessa, cercando storie che, seppur posseggono un comune denominatore, mostrano possibilità e contesti differenti. Si pensi alla difficoltà della protagonista di Per troppo amore a convincersi della follia del proprio stalker e alla totale agnizione di Stefania Rocca in La fuga di Teresa, o alla profonda differenza di atteggiamenti tra la prostituta Barbora Bobulova costretta a convivere con l’orrore e chi, come Carolina Crescentini, quell’orrore pensa di riuscire a governarlo e volgerlo a suo favore. Così, lungi dal costituire un enciclopedico trattato rispetto alla tematica, Mai per amore è comunque in grado di mostrarci come la violenza sulle donne sia un mostro a più teste e a più braccia. Nella maggior parte dei casi lo fa anche dimostrando interesse per una forma di sceneggiatura che non si accontenta di mostrare come i rapporti sentimentali si trasformino in rapporti carnefice-vittima, ma arricchisce il tutto con coup de théâtre (Ragazze in web), contorni da film giallo (Helena e Glory) o molto vagamente thriller (Per troppo amore), pur senza convincere fino in fondo per compiutezza e credibilità. Il punto di vista maschile, per esempio, è fin troppo abbozzato e i racconti finiscono per colpire un po’ furbescamente unicamente la pancia degli spettatori.

La sensazione fin troppo forte dopo la visione di ciascun film è che l’intenzione didascalica abbia la meglio sulla corretta equilibratura di scelte formali e contenutistiche, riducendo la serie ad un compromesso tra intenzioni e risultati troppo a favore delle prime. Dal punto di vista registico infatti, a parte forse gli episodi diretti da Pontecorvo dove si intravede qua e là maggiore personalità, i film peccano per poco estro. Montaggio e fotografia sono decisamente vicini al basso standard qualitativo della fiction made in Rai. Di certo siam abituati a risultati anche peggiori e forse la cautela di fronte certe tematiche è d’obbligo, ma in questo caso dimostrare maggiore coraggio, senza venir meno a scelte intelligenti e puntuali, avrebbero potuto donare a Mai per amore quella forza che il progetto si meritava di raggiungere.


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