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Fid Marseille 2008 - The Girl With X-Ray Eyes

Pubblicato il 6 luglio 2008 da Antonio Pezzuto


Fid Marseille 2008 - The Girl With X-Ray Eyes

C’è una donna a Mosca che riesce a guardare dentro i corpi delle persone. Come fosse uno scanner, distingue le cellule, vede il movimento degli organi, i loro ritmi. Capisce le malattie, quelle che ci sono e quelle che verranno. Trova le cicatrici. Ha occhi azzurri e capelli biondi, parla con voce dolce e gentile.
Si chiama, questa donna, Natasha Demkina, studia medicina e viene mostrata in The Girl With X-Ray Eyes, documentario che racconta di quando l’esordiente regista di questo film, Phillip Warnell, si è sottoposto agli sguardi (e ai giudizi) di questa donna. Credere o non credere in quello che la donna dice non è l’importante.
Siamo di fronte ad uno sguardo, lo sguardo con i raggi X incorporati che forse racconta quello che vede o forse racconta quello che immagina. Probabilmente non si poteva trovare film migliore, per iniziare a raccontare del FID di Marsiglia, 19a edizione di un festival dedicato al documentario, ma festival che ha ben compreso la difficoltà e le limitazioni che il rinchiudersi nel genere comporta, rivendicando – attraverso le parole del direttore Jean-Pierre Rehm - il matrimonio tra fiction e non fiction, matrimonio che non vuol dire perdersi uno nell’altro, ma convivenza e condivisione, rivendicando le differenze, e arricchendosi reciprocamente.
Per questo non è molto importante sapere se lo sguardo di Natasha Demkina sia vero o falso. L’importante è riuscire a vedere (e a farlo vedere) quello sguardo, a raccontare una storia che possa raccontare altre storie. E per raccontare storie che raccontano altre storie non importa quale sia il pretesto. Pierre Creton, per esempio, in L’heure du berger, per evocare il suo rapporto con Jean Lambert - con il quale aveva girato uno dei suoi primi film ( La vie après la mort) e che da qualche anno è morto - non esita a fermare la videocamera per dieci minuti circa davanti ad una mosca intrappolata in una ragnatela, l’arrivo del ragno assassino che la uccide, e non si sa se essere dalla parte della mosca che sfamerà o del ragno che vorrà essere sfamato. Se concedere cioè spazio al proprio ego o all’irrefrenabile e più corretto desiderio di fare qualcosa per gli altri.

Matrimonio tra fiction e documentario, quindi, con il concorso internazionale, il concorso francese e le sezioni parallele (le convergenze parallele), ossia Robert Kramer, l’America vista attraverso gli occhi di Jean Pierre Gorin (sette film, e sette presentazioni in questo anno elettorale), e tradurre l’Europa, che si occupa di zone di confine, tra il tempo, la memoria e la vocazione dei luoghi.
E che il documentario con le sue mille declinazioni sia ormai luogo indispensabile per riuscire a comprendere il contemporaneo; lo dimostra Toni Negri, nelle vesti di Presidente della Giuria, e lo dimostrano ancor più i rivoli del passato nei quali i registi si addentrano, saccheggiando storie familiari, cacciatori di balene, percorsi di clandestinità e percorsi svolti alla ricerca di se stessi.
Delle forme, per esempio, attraverso le quali riscoprire una vocazione alla ribellione, archiviando il passato e calcolando le eredità che ci competono, come mostra Michael Dacheux in Commune présence o come fa il film probabilmente più bello tra quelli in concorso, Must Read After My Death, di Morgan Dews, ore ed ore di filmini super8 e ore ed ore di registrazioni sonore maniacalmente realizzate e conservate dai nonni del regista, e che mettono in scena una famiglia media americana, le perversioni, i fallimenti della madre, le debolezze e le mistificazioni del padre, i conflitti morali, l’orrore che causa il dover seguire il senso comune, il non poter seguire quello che si ritiene giusto, mentre i figli impazziscono, scappano o muoiono, gli psicologi danno sostegni di forma, il dolore domina su tutto e condisce questo prezioso gioiello sul disadattamento, dei colori gialli della pellicola precocemente invecchiata. Giallo, che è il colore della Malinconia, e del Sole, del tempo andato, della luce e del calore.


CAST & CREDITS

(The girl with X-Ray eyes); Regia: Phillip Warnell; testi: Stephen Connorfotografia: David Raedeker; musiche: Vladimir Nikolaev; interpreti: Natasha Demkina; origine: GB 2007; durata: 23’; web info: sito dell’autore


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