X

Su questo sito utilizziamo cookie tecnici e, previo tuo consenso, cookie di profilazione, nostri e di terze parti, per proporti pubblicit‡ in linea con le tue preferenze. Se vuoi saperne di pi˘ o prestare il consenso solo ad alcuni utilizzi clicca qui. Chiudendo questo banner, invece, presti il consenso allíuso di tutti i cookie



Finanziaria 2009: ghigliottina sul cinema

Pubblicato il 30 giugno 2008 da Gaetano Maiorino


Finanziaria 2009: ghigliottina sul cinema

Bellezza, cultura, industria, tasse, protesta. Come in un noto gioco televisivo si provi a trovare la parola che è in relazione con le cinque precedentemente elencate e che si collega con loro dando un senso compiuto ad ogni connessione. Dopo la recente approvazione della bozza di legge finanziaria 2009, la parola di oggi potrebbe a nostro parere essere cinema. Proviamo, come accade nel suddetto gioco, a dare una spiegazione logica alla nostra soluzione.

Citata come la vera qualità da proteggere, coltivare e esportare, la bellezza dell’arte italiana è stata nominata più volte dal ministro della cultura Sandro Bondi, una volta messo piede nel suo nuovo ufficio dopo le elezioni dello scorso aprile. Il cinema fa parte dell’arte italiana e della cultura del nostro bel paese e insieme al resto dell’arte, va appunto protetto, coltivato, esportato. L’industria cinema in Italia, non gode però di grande salute e va dunque rilanciata. Qui entra in gioco la quarta parola: durante il barcollante governo Prodi, nonostante la breve vita del suo dicastero, l’ex ministro Francesco Rutelli aveva spinto (e alla fine era riuscito nel suo intento) per inserire nella finanziaria 2008 un provvedimento per ridurre le tasse a favore della produzione di cinema: il tax credit. Questo provvedimento era stato definito come uno sgravio fiscale spalmato su tre anni, istituito per dare la possibilità a produttori indipendenti e investitori privati di entrare nel circuito della produzione cinematografica senza che il loro investimento si rivelasse a fondo perduto. Produttori, distributori e persino esercenti di cinema, avrebbero visto così accordato un credito di imposta, un vantaggio economico sul denaro investito nella produzione e distribuzione di film di interesse culturale, nonché sull’innovazione delle infrastrutture delle sale cinematografiche, che poteva oscillare tra il 10 e il 40% e che si sarebbe materializzato in un risparmio considerevole di denaro da poter reinvestire ancora nell’industria. La detassazione sugli investimenti nel cinema sarebbe stata calcolata in maniera variabile a seconda dell’investimento stesso, ma in sostanza mirava un duplice risultato: 1) favorire la produzione nazionale in quanto riducendo il costo dell’investimento si incentiva l’investimento stesso. Ciò vuol dire più soldi, più film, più qualità (in quanto la detassazione si sarebbe applicata solo ai film di interesse culturale) 2) equiparare l’Italia al resto d’Europa (e in parte agli Stati Uniti), dove da anni sono presenti agevolazioni simili per il cinema. Ora siamo pronti per la quinta connessione. Da una settimana circa, si è scatenata una protesta, fortunatamente e stupendamente bipartisan, a causa della cancellazione del tax credit dalla nuova normativa finanziaria. I due risultati raggiunti con fatica e colpevole ritardo tornano a essere nuovamente lontanissimi. Il liberista Tremonti vara inspiegabilmente una legge ammazzamercato che mette in scacco il cinema italiano, favorendo di fatto l’importazione dei prodotti stranieri, americani su tutti. A destra l’onorevole Carlucci tuona insieme all’assessore alla cultura di Roma Barbareschi ed entrambi attaccano il ministro Bondi parlando di tradimento. Proprio ora che alla Festa del Cinema si punta sul rilancio della cinematografia nostrana (almeno a parole). Da sinistra si levano gli scudi contro i sentimenti anticulturali del governo denunciati da Vincenzo Cerami appena uscito dall’ombra e pronto a portare avanti una battaglia in parlamento. Intanto la protesta più d’impatto arriva dal movimento dei 100 autori: niente cinema italiano ai festival 2008 di Venezia, Roma e Torino, se non si reintroducono immediatamente le precedenti normative. Tuttavia dopo un giorno in cui si sono succedute dichiarazioni al vetriolo è tornato il silenzio anche sulla protesta e nuove notizie sono arrivate a scalzare dall’agenda mediatica e parlamentare il problema cinema.

Con quest’ultima spiegazione abbiamo trovato la soluzione e siamo arrivati alla fine del gioco. Ma il premio per ora resta amaro, in attesa del passaggio della legge al dibattito delle camere. "Sempre allegri bisogna stare ché il nostro piangere fa male al re, recitava una canzone". Di allegria ce n’è ben poca, nonostante il nostro cinema a partire da qualche anno a questa parte, da La Meglio Gioventù di Giordana fino ad arrivare ad oggi con i premi a Gomorra e Il Divo, sia in costante crescita. Per far comprendere quanto sia importante prendersi cura di un cinema che viene spesso osannato all’estero e altrettanto spesso bistrattato in casa, forse è arrivato sul serio il momento di piangere, ma di rabbia e, urlando forte contro il re, sparire momentaneamente dagli schermi. Nella speranza che possa davvero servire a qualcosa.


Enregistrer au format PDF