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Gardenia - Alain Platel, Frank Van Laecke

Pubblicato il 6 dicembre 2010 da Paolo Sanvito


Gardenia - Alain Platel, Frank Van Laecke

Un’opera decisamente critica ha presentato nel festival Tanzimaugust di quest’anno, allo Hebbel Theater, e poi a Theater Bonn, Bonn l’acclamato e infaticabile coreografo belga Alain Platel. I temi della serata, che si svolge come una sorta di cabaret molto variegato e tutto en travesti, sono, come accade sempre in Platel, politicamente scottanti: l’ invecchiamento delle società, la loro alienazione, i diritti civili della differenza sessuale, la riduzione repressiva dell’interazione interpersonale al medium della rete. Sussiste una vis polemica, con qualche vena di sarcasmo di forte impatto, nella messa in scena degli "showings" dei/delle protagoniste di Gardenia, una carica ironica che mette in luce nel modo più potente, ovvero mediante la trascrizione 1:1, le debolezze della compagine sociale nel "Primo Mondo", rappresentato egregiamente proprio dal "cuore" del monolito europeo, la capitale della U.E. Bruxelles. Da questa città e da Gand provengono infatti in grande maggioranza i performer dello spettacolo, in particolare l’attore transessuale Vanessa van Durme. Attraverso una documentazione portentosa, amplissima, Platel e i suoi complici raccolgono testimonianze, informazioni a largo raggio e ne trae deduzioni sulla condizione umana del single omosessuale o transessuale oggi, dà il profilo di svariate condizioni quotidiane di vita, attraverso le quali tuttavia traluce anche una riflessione sui rapporti interpersonali tra gli eterosessuali, solo apparentemente esenti dai rischi della solitudine e della disperazione in balia di cui sono gli „altri“. L’ossessione dell’onnipresente „medicina sesso“, farmaco di ogni inquietudine, traspare dalla lettura, scenicamente esilarante, dei barocchissimi annunci „lonely heart advertisements“ letti o tradotti dai quotidiani del continente: qui appare, al più tardi, chiaro come la frammentazione della personalità contemporanea possa avere tra i suoi primari effetti immediati proprio diverse forme di solipsismo e autoreferenzialità, in cui l’altro può essere solo appendice dell’io stesso e in quanto tale restare infinitamente ignoto. Un processo che rafforza naturalmente la fissazione e la concentrazione su se stessi, e la sempre maggiore scissione dall’esterno. E’ infatti la fantasmagorica visionarietà, che è in quanto tale dunque completamente privata, delle espressioni di questi annunci, a svelare e quantificare il livello di isolamento dei soggetti che li hanno prodotti. Là dove la parola amore è tanto citata, al più tardi in conclusione dei testi („With love, Christina“) è dimostrabile che essa è diventata un involucro vuoto, sia sul piano relazionale, sia su quello erotico. Al suo posto prendono piede i feticismi, ecc.
In questo modo Platel e il suo co-regista Frank van Laecke comunicano una propria visione piuttosto pessimistica del sociale contemporaneo, ma anche molto precisa e attenta. Che questo accada attraverso il velo degli straps e delle paillettes non importa, anzi: un senso di tenerezza e di empatia verso tanta „confusione“ rende il brano tanto più coinvolgente - e piacevole, nel suo pessimismo. Le prestazioni cabarettistiche sono notevoli, visualmente di grande effetto. D’altronde la parola chiave la scrive Platel nel programma di sala in una poesiola messa proprio all’inizio:
A cat has nine lives
They have more
Butt he question is whether
this makes them enviable...
Non sembra ci sia bisogno di cercare la risposta che Platel ha dato.


Regia: Alain Platel, Frank Van Laecke
Con & di: Vanessa Van Durme, Gerrit Becker, Griet Debacker, Richard ‘Tootsie’ Dierick, Andrea De Laet, Timur Magomedgadzjeyev, Danilo Povolo, Dirk Van Vaerenbergh, Rudy Suwyns
Musiche: Steven Prengels
Drammaturgia: Berno Polzer
Scene: Paul Gallis
Costumi: Yan Tax Marie ‘costume’ Lauwers
Produzione: les ballets C de la B


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