Giffoni Film Festival 2016 - "Rara"
La rivincita delle donne. Questo potrebbe essere il vero titolo dell’ultimo film, nonché opera prima in termini di lungometraggio, presentato dalla regista Pepa San Martìn in concorso all’interno della sezione +13 della 46° Edizione del Giffoni Film Festival.
Rara, infatti, racconta una storia praticamente tutta al femminile, in cui l’unico ruolo maschile è rappresentato dal papà della protagonista Sara, che si configura come un uomo, per quanto affezionato alle sue due figlie, retrogrado dal punto di vista ideologico rispetto ai passi da gigante che sta facendo il mondo di oggi. Sara e sua sorella minore Cata vivono con la loro madre, Paula, e la compagna con cui lei convive da quando si è separata dal marito, Lia. Le vite delle due bambine sono assolutamente in linea con i problemi, gli infantilismi e le nuove scoperte del mondo adolescenziale e pre-adolescenziale, se non fosse per la compresenza di due figure femminili in qualità di educatori e tutori della famiglia. Il padre, intraprendendo una vera e propria battaglia per ottenere la custodia delle figlie, istiga litigi e malumori all’interno della casa delle piccole, perché il fatto che non condivida ideologicamente l’omosessualità della madre gli rende difficile accettare che Sara e Cata vivano sotto questo influsso, a suo modo di vedere le cose, negativo.
Al termine della proiezione in sala sono venute la giovane attrice protagonista, Julia Lübbert (alias Sara), la distributrice italiana, Lidia Genchi, e la regista del film, Pepa San Martìn. Quest’ultima in particolare, rispondendo alla domanda di una giovane giurata georgiana che si è mostrata particolarmente interessata alla visione, ha spiegato che Rara è stato concepito proprio per gli omofobici. “Dobbiamo abituarci alle famiglie in cui la figura dominante sia univoca da un punto di vista sessuale e, soprattutto, dobbiamo abituarci all’idea di rispettare, quando non condividiamo, la crescita sana, libera e serena di un bambino che deve poter vivere senza essere soggetto al giudizio altrui” dice la San Martìn sorridendo, ma con decisione.
Quello che emerge con chiarezza, in ogni caso, è che l’attenzione mediatica che si dà oggi al tema dell’omosessualità in generale, e femminile in modo particolare, è massima; a dimostrazione del fatto che, evidentemente, tale fenomeno non solo sta prendendo piede, ma sta anche, se non monopolizzando, almeno concentrando su di sé l’attenzione dell’universo artistico e, soprattutto, cinematografico. Da La vie d’Adèle di Abdellatif Kechiche, vincitore della Palma d’Oro al Festival del Cinema di Cannes nel 2013 a Carol di Todd Haynes, vincitore del New York Film Critics Circle Awards come Miglior Film nel 2015, stiamo assistendo a quella che si può effettivamente definire una ribalta del cinema delle donne, perché, come molti artisti cercano spesso di esprimere, il mondo della donna è un’eterna scoperta e riscoperta: della vita, dell’amore e della bellezza.
(Odd) - Regia: Pepa San Martìn; Soggetto: Pepa San Martìn; Sceneggiatura: Pepa San Martìn Alicia Scherson; Fotografia: Enrique Stindt; Montaggio: Soledad Salfate; Musiche: Ignacio Perez, Victor Alejandro Tendler; Scenografia: Amparo Baeza; Costumi: Mary Ann Smith; Interpreti: Sara (Julia Lübbert), Paula (Mariana Loyola), Lia (Agustina Muñoz), Cata (Emilia Ossandon), Victor (Daniel Muñoz); Produzione: Macarena Lopez per Manufactura de Peliculas (Cile); Distribuzione: Latido Films (Spagna), Nomad Film (Italia); Origine: Cile/Argentina, 2015; Durata: 88’; Web info: http://www.imdb.com/title/tt5070130/