Grand Guignol all’italiana

Roma, Teatro Eliseo. Nato a Parigi alla fine dell’Ottocento, il Grand Guignol era un genere teatrale la cui originalità stava sicuramente nel suo particolare repertorio di pièce basate sull’attrazione per la violenza, sulla paura e sul sangue, dove il lieto fine sembrava essere uno sconosciuto.
Sorto nell’epoca del progresso, il genere mostrava sulla scena tutti gli squilibri tipici dell’uomo di quel tempo. I drammi del Grand Guignol erano una raccolta di malattie e perversioni che portavano alla ribalta la parte oscura dell’umanità. La follia che muta uomini e donne in assassini, la disumanità dei dottori che utilizzavano pazienti come cavie, la sete di vendetta dei personaggi traditi dai propri familiari, erano i temi fondamentali. Malati di mente, killer di ogni genere, scienziati divenuti pazzi a causa di esperimenti malriusciti, alcolisti e sadici rappresentavano le figure che permettevano di rappresentare sulla scena un quadro psicologico e fisico devastante del genere umano.
Elementi fondamentali erano gli effetti speciali che, assieme alle armi, avevano il compito di emozionare il pubblico. La pistola era infatti l’oggetto meno utilizzato, in quanto rendeva la scena rapida e priva di tensione, a differenza di arnesi quali rasoi, ferri da cucito o bastoni.
Considerando la grande esperienza italiana relativa a questo genere, portato al pubblico dalla compagnia di Alfredo Sainati e Bella Starace e artefice di una svolta nella storia del teatro italiano del Novecento attraverso la nascita dei repertori dal guadagno assicurato, le aspettative rivolte a Grand Guignol all’Italiana erano alte. Più che a uno spettacolo sull’orrore sembra di assistere ad una farsa con personaggi stereotipati ma lontani da quelli tipici del genere: la moglie snob, il marito saccente ma in realtà stolto, il macellaio arrogante, il postino omosessuale e la colf con una vita priva di soddisfazioni, ognuno dei quali caratterizzato dall’uso di un dialetto.
Nel primo atto non accade nulla, si assiste a una serie di battute scontate e spesso reiterate (gli ormai strarisentiti “piruli che flippano” utilizzati per indicare qualsiasi cosa pur di far ridere il pubblico) ben diverso dalle pièce grandguignolesche che negavano la presenza del comico proprio perché opere tragiche. Nell’atto successivo, nel tentativo di vincere fior di milioni attraverso la composizione del nuovo inno italiano, si susseguono una serie di litigi che culminano con l’uccisione del postino dopo il suo coming out. All’improvviso, senza nessuna ragione ben evidenziata, la serva si tramuta in Batman e sfoga la sua frustrazione uccidendo tutti a colpi di pistola, negando ancora una volta una delle usanze tipiche del genere. Gli elementi caratterizzanti il Grand Guignol sono solo accennati: il temporale, il cane feroce,l’allusione al vetriolo, la dentiera strappata e il sangue sul volto del postino morente, poco evidente a causa della luce che si fa improvvisamente rossa sulla scena.
Lo spettacolo affronta temi di attualità più che comuni: l’omofobia, il razzismo, la differenza tra nord e sud e tra le classi sociali.
Lunetta Savino non interpreta sicuramente uno dei suoi ruoli migliori. Appare come la parodia del suo personaggio televisivo più famoso; il resto della compagnia, fatta eccezione per Sebastian Gimelli Morosini nel ruolo del postino, si sente a malapena.
Lo spettacolo, più lungo rispetto alle brevi pièce che caratterizzavano il Grand Guignol, avrebbe potuto quindi riportare alla ribalta un genere ormai caduto nell’oblio e allo stesso tempo mostrare qualcosa di originale sulla scena, ma così non è stato.
(Grand Guignol all’italiana); Regia: Alessandro D’Alatri; drammaturgia: Vittorio Franceschi; costumi: Giuseppina Maurizi; scene: Matteo Soltanto; interpreti: Lunetta Savino, Umberto Bortolani, Carmen Giardina, Sebastian Gimelli Morosini, Andrea Lupo e con la voce di Paolo Bonolis; teatro e date spettacolo: Teatro Eliseo dal 17 al 29 novembre 2015.
