Hasta la vista
Due ragazze fanno jogging sulla spiaggia. La brezza della sera, coi tiepidi raggi del sole al tramonto accompagnano la loro corsa donandole una dimensione rinfrescante da spot televisivo per i dentifrici. E, infatti, infiniti sorrisi riempiono il fotogramma, mentre lo sguardo cede alla tentazione di soffermarsi sui seni che ballonzolano sotto la tenuta ginnica. Generose le scollature lasciano intendere forma ed abbondanza, mentre il ralentì insiste sul movimento lungo l’intera sequenza titoli di Hasta la vista. Abbastanza a lungo perché il gesto voyeuristico cominci ad apparire troppo insistito e per questo quasi disturbante.
Poi, quando le ragazze sono ormai arrivate alla fine del loro jogging, la macchina da presa concede allo spettatore il controcampo di questa lunga soggettiva impossibile e desiderante ed ecco che si scopre che il proprietario degli occhi che tanto a lungo hanno indugiato sulle grazie femminili è Philip, un giovane paraplegico costretto sulla sedia a rotelle. Le ragazze, accortesi a loro volta di essere così intensamente osservate, accelerano il passo imbarazzate e il loro imbarazzo è di colpo il nostro.
Se all’inizio aveva quasi cominciato a disturbarci l’eccessiva insistenza dello sguardo sulle donne, adesso ci disturba l’idea che quello sguardo, al fondo così “normale” pur nel suo eccesso, sia di un diversamente abile. Il pensiero del desiderio sessuale, così “giusto”, ma anche così “nostro”, non riesce ad abbinarsi a quella lente pietistica ed un po’ dolciastra colla quale, quasi senza accorgercene, siamo soliti guardare i diversamente abili. Le due realtà cozzano tra loro e, per un attimo, il film riesce a metterci a contatto con le nostre peggiori abitudini, invitandoci a guardare le cose con occhi nuovi.
Da questo incipit di evidenti intenti alla trama del film il passo è breve. Philip ha due amici: Lars, un giovane costretto alla sedia a rotelle da un cancro divorante che potrebbe peggiorare da un momento all’altro e Jozef che, invece, è quasi cieco. Tutti giovanissimi, amorevolmente accuditi dalle famiglie piuttosto abbienti che possono permettersi le attrezzature migliori, i tre scoprono l’esistenza, in Spagna, di un bordello per disabili e cominciano a sognare una gita senza genitori che culmini con l’agognata perdita della verginità. Ad accompagnarli sulla strada Claude, una giunonica infermiera che ha quasi ammazzato il marito con un’iniezione di insulina dopo che l’ha scoperto a letto con la vicina di casa. Se i tre giovani sono disabili nel fisico, la donna è disabile negli affetti, negli strascichi che questa situazione si è portata appresso.
Il tono di Hasta la vista è quello della commedia goliardica on the road. I tre amici vivono le loro avventure con la consapevolezza, soprattutto per Lars, che questa potrebbe essere davvero l’ultima volta. La macchina da presa inquadra bene il loro disagio esistenziale, riuscendo per buona parte della proiezione ad allontanare dalla nostra mente il sospetto che quelli che vediamo sulla scena non sono veri disabili, ma solo attori sulla sedia a rotelle. Il gioco funziona per buona parte della proiezione grazie ad un giusto equilibrio tra le dinamiche del classico film di viaggio e il rispetto dovuto alla condizione dei personaggi. Di questi ultimi la macchina da presa coglie in buona successione le debolezze e i punti di forza, la loro ingombrante normalità e i limiti della loro condizione fisica. Anzi certi soprassalti, certi scatti di ira o di insoddisfazione, come pure i momenti di non troppo composta rassegnazione, si portano addosso un sapore di verità che accresce il significato della visione di un film che per il resto si mantiene ancorato alle convenzioni del genere.
Poi, però, superata l’ora e mezza di sostanziale stato di grazia, il film cede alla tentazione di strafare e comincia a mettere troppa carne a cuocere. Così la storia d’amore che lega Claude a Jozef non appare davvero necessaria, come pure stona il bisogno di chiudere a tutti i costi i conti anche con il lutto. Così, nella ricerca di un finale buono per ognuno, Hasta la vista moltiplica le piste in tanti sostanziali vicoli ciechi che fanno perdere di quota le pur ottime intenzioni del regista. Peccato perché, fin quasi alla fine, il film volava alto anche senza l’odiata (nel film) Ryanair.
(Hasta la vista); Regia: Geoffrey Enthoven; sceneggiatura: Pierre De Clercq; fotografia: Gerd Schelfhout; montaggio: Philippe Ravoet; musica: Meuris & Papermouth; interpreti: Robrecht Vanden Thoren, Gilles De Schryver, Tom Audenaert, Isabelle De Hertogh; produzione: Fobic Films; origine: Belgio, 2011; durata: 115’