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In memoriam di Jutta Lampe

Pubblicato il 4 dicembre 2020 da Matteo Galli


In memoriam di Jutta Lampe

Ultima scena di Anni di piombo (1981) di Margarethe von Trotta: Juliane promette a Jan, il figlio di Marianne, la sorella morta suicida (suicida?) in carcere, che gli racconterà di sua madre, gli racconterà tutto quel che può, tutto quel sa, e il bambino con tono imperioso le dice due volte: “Fang an!”, ovvero "Comincia!". La macchina da presa incornicia allora in primo piano il volto dolente ma risoluto di Juliane e su quella splendida immagine si chiude il film e hanno inizio i titoli di coda. A cominciare da quel Die bleierne Zeit , gli anni di piombo appunto, un titolo è diventato qualcosa più di un semplice titolo, e cioè la definizione di un periodo, in fondo non è capitato a molti altri film di assurgere a tanto. Il volto era quello di Jutta Lampe, una fra le più celebri attrici tedesche, prevalentemente attrice di teatro ma anche di cinema, che se ne è andata lo scorso 3 dicembre a 81 anni, dopo che da tempo aveva lasciato le scene, anche in conseguenza della demenza senile da cui era affetta.

Al nome di Jutta Lampe è legata una delle stagioni più fulgide del teatro tedesco contemporaneo, quella che, iniziata in quella fucina di talenti che fu il Teatro Stabile di Brema, ebbe il suo culmine a Berlino Ovest, con la Schaubühne am Halleschen Ufer, poi am Lehniner Platz, dove sotto la guida di Peter Stein ma anche di Klaus Michael Grüber, di Luc Bondy e persino di Robert Wilson, Jutta Lampe seppe dar vita ad alcuni ruoli memorabili sia di opere classiche che di opere contemporanee. Per le prime basterà ricordare Le Baccanti con la regia di Grüber o ancor di più Il Principe di Homburg di Heinrich von Kleist (insieme a Bruno Ganz), regia appunto di Peter Stein di cui qualche giorno fa al Festival di Torino è stato presentato il doc. Sulle tracce di Goethe in Sicilia (http://www.close-up.it/sulle-tracce...); invece per le opere moderne ricordiamo alcune celeberrime (prime) edizioni di drammi di autori allora emergenti come Peter Handlke o Botho Strauß. Peraltro, di Peter Stein Jutta Lampe è stata per più di un quindicennio compagna e poi moglie.

Al cinema, a differenza di altri attori, berlinesi e non, emersi verso l’inizio degli anni ’70, Jutta Lampe si è vista di rado, quasi solo in riprese/trasposizioni di opere teatrali se escludiamo tre film di Margarethe von Trotta: una sorta di “prequel” di Anni di piombo, anch’esso incentrato sulla figura di due sorelle affezionate e diverse, Schwestern oder die Balance des Glücks (1979, distribuito anche in Italia con il titolo Sorelle – L’equilibrio della felicità ; e poi molti anni dopo, in una parte minore, Rosenstraße (2003). Il suo capolavoro, però, resta appunto Anni di piombo , dove interpreta la giornalista progressista Juliane Klein, la sorella di Marianne, la terrorista, una storia ispirata non poco alla vicenda delle due sorelle Ensslin, Christiane e Gudrun: una giornalista/riformista l’altra terrorista, entrambe figlie di un rigido pastore protestante, Marianne, la più giovane, obbediente e rispettosa, diventa un’estremista, la sorella maggiore Juliane, più scontrosa e ribelle, viene in qualche misura a patti col mondo.

A Christiane Ensslin il film è anche dedicato. E, con quel suo perfetto ovale e i lunghi capelli, Jutta Lampe interpreta Juliane (Christiane) con candore e decisione, rabbia e stupore, spavento e dolore, giocando con Barbara Sukowa a chi è più brava. Difficile dimenticare quella sovrimpressione, quella dissolvenza incrociata in cui le due sorelle, separate da un vetro, si confondono l’una nell’altra.

Tantissimi anni fa, sarà stato il 1984 o il 1985, conobbi Christiane Ensslin, andai a cena con lei in un ristorante portoghese a Colonia, me la presentò Guido Ambrosino che all’epoca lavorava a Bonn per “Il Manifesto”. Mi vergognai a chiederle se il “suo” ruolo, interpretato da Jutta Lampe a lei era piaciuto. A me sì.


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