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Incontri Internazionali di Cinema 2003

Pubblicato il 20 dicembre 2003 da Alessandro Borri


Incontri Internazionali di Cinema 2003

Edizione di bilanci e di rilanci, quella del 2003 degli “Incontri internazionali del cinema di Sorrento”. Bilanci perché è l’anno del quarantennale (come sarà l’anno prossimo per Pesaro), e l’occasione è quella giusta per la riconsiderazione di un’esperienza lunga e variegata. Allo scopo di ricordare la nascita del festival è stata pensata una mostra fotografica, Incontri con le Stelle, accompagnata da un omonimo volume pubblicato da elleu, in cui si rivisitano tramite gli scatti di Antonino Gargiulo i ruggenti anni ’60 in cui Sorrento - forte del glam naturale assicurato dallo svolgimento nella luminosa e malinconica città tassesca - si affermava come la manifestazione italiana devota alla mondanità del post-dolce vita (forse anche in questo senso va vista la presenza di Anita Ekberg, esibitasi nella serata conslusiva in un imbarazzante show divistico fuori tempo massimo) e del pre-‘68, inaugurando l’usanza della passerella con fiori e tappeto rosso, luogo deputato alle epifanie del divismo. Scorrono così nell’incorrotta patina di un tempo perduto i sigari di Kazan e Huston, i tailleur di Virna Lisi, gli smoking impeccabili dei massimi divi italiani o le scollature di Cardinale e Vitti, le principesse e i paparazzi, gli elicotteri e i bagni di folla, i microfoni di Lello Bersani e le cerimoniosità di Gian Luigi Rondi. Ma gli “Incontri” sono andati avanti, hanno superato i decenni, le crisi d’identità, l’appannamento e l’usura, per approdare all’anniversario cercando di riprendere le fila del discorso. Per ritrovare la propria identità e sollecitare una maggiore attenzione mediatica si sono affidati ex-novo alla direzione artistica di Laura Delli Colli, alle prese col problema di dare un senso a una manifestazione del genere oggi, in un panorama dove le proposte festivaliere si sono moltiplicate e le informazioni cinematografiche corrono assai più veloci di un tempo, con la conseguenza che scovare qualcosa di nuovo da porre sotto i riflettori è sempre più difficile. Allora tanto vale puntare proprio sulla natura dell’evento come occasione di incontro. Così intorno al centro irradiante di piazza Tasso e delle sue luci natalizie si disponevano i vari tasselli: a villa Fiorentino la mostra suddetta; al Teatro Tasso il laboratorio sul rapporto tra cinema e musica tenuto da Ezio Bosso - autore delle musiche di Io non ho paura di Salvatores - e a cui hanno partecipato anche Gaetano Curreri e Riccardo Sinigallia, progettato con lo scopo di sensibilizzare i giovani sull’importanza della dimensione sonora di un film; infine allo storico cinema Armida le occasioni più ufficiali. Tra queste la consegna dei Nastri d’argento per i cortometraggi, di cui una folta rappresentanza veniva presentata al festival: il panorama del corto italiano si conferma abbastanza desolato, nel suo dipendere da trovatine più o meno ruffiane non supportate da un’adeguata elaborazione espressiva, pur con alcune gradevoli eccezioni (per esempio il funerario omaggio agli spaghetti western L’ultimo pistolero di Alessandro Dominici, con Franco Nero impegnato in un metafisico duello finale). Il premio per il miglior corto è andato a Ore 2 calma piatta di Marco Pontecorvo, giochetto non troppo divertente a stento nobilitato dalla presenza di John Turturro, mentre quello per la miglior produzione alla Buskin Film per il pluripremiato Il regalo di Natale di Daniele Pietro De Plano, affettuoso ed efficace bozzetto siciliano già in rampa di lancio per un seguito nel formato lungo. Sempre corti, stavolta “d’autore”, nel dittico Ten Minutes Older (The Trumpet e The Cello) incentrato sul tema filmico per eccellenza, Cronos in persona. Come tutte le compilation del genere, appese all’alterna ispirazione del cast di prestigio ingaggiato per l’occasione: con almeno un piccolo capolavoro (Lifeline di Victor Erice), alcune ottime prestazioni (Herzog, Menzel, Jarmusch, Kaurismaki), molti episodi da dimenticare. Il resto del programma si snodava legato dal filo dell’indipendenza e dei budget ridotti, che gettava un ponte tra proposte italiane, europee, americane. L’evento era indubbiamente l’anteprima europea di Wonderland del giovane “prodigio” James Cox, dedicato a un celebre fatto di sangue in cui fu implicato il leggendario John Holmes nei suoi anni di decadenza. Ci troviamo di fronte, come ti sbagli, all’ennesimo giovane leone della truppa che vuole terremotare Hollywood dall’interno vent’anni dopo l’avvento dei movie brats celebrati nel documentario (anch’esso presente a Sorrento) A Decade Under the Influence, del compianto Ted Demme e di Richard La Gravenese. Ma come già i due Anderson, David O’Russell, Spike Jonze, Soderbergh e Co., a fronte di un’indubbia intelligenza di costruzione, brillantezza stilistica, acume progettuale, c’è una congenita incapacità a spingersi oltre gli scintillii di superficie verso l’anima dei personaggi e delle situazioni. E il confronto diretto col Joe Dante scatenato di Looney Tunes Back in Action non faceva che esaltare la nostalgia per un cinema tanto più ricco e vitale, forse ai suoi ultimi acuti. Tra le proposte italiane spiccava invece Radio West, esordio nel lungo di Alessandro Valori, prodotto e interpretato da Piergiorgio Bellocchio accanto a un Pietro Taricone per la prima volta protagonista (di acerba potenza). Il tuffo in digitale nella missione italiana di peace keeping in Kosovo sconta le notevoli ambizioni con una certa confusione di impianto, al di là dell’intensità di singoli momenti. Insomma, una volta fatti gli auguri agli “Incontri” per questo nuovo, ben riuscito inizio, ci si augura per il futuro l’individuazione di una formula che restituisca al festival una sua precisa identità e lo renda un appuntamento decembrino da non perdere.

[dicembre 2003]


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