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INCONTRO CON AGOSTINO FERRENTE, MARIO TRONCO E L’ORCHESTRA DI PIAZZA VITTORIO

Pubblicato il 16 settembre 2006 da Matteo Botrugno


INCONTRO CON AGOSTINO FERRENTE, MARIO TRONCO E L'ORCHESTRA DI PIAZZA VITTORIO

Il documusical di Agostino Ferrente convince. Parla di storie vere, di vite vissute, d’immigrazione, di sogni e di musica. E’ proprio la musica la chiave fondamentale per leggere un lavoro interessante e soprattutto necessario per tutti coloro che vogliano conoscere anche storie d’immigrazione non necessariamente legate alla criminalità. Il sensazionalismo che caratterizza una grande fetta del giornalismo televisivo fa sì che solo una parte (quella negativa) di queste storie venga raccontata alla gente. Ferrente e Mario Tronco degli Avion Travel invece ci regalano una serie di storie che vanno al di là del luogo comune. Si accenna ai problemi di integrazione culturale, a quelli legati al fertile terreno musicale in Italia (inversamente proporzionale al rispetto dei musicisti da parte delle autorità), e alle difficoltà legate allo sfruttamento di spazi cittadini da destinare ad attività culturali, invece che a sale Bingo, uffici e quant’altro. Segue la divertente e combattiva conferenza stampa di Agostino Ferrente, Mario Tronco (insieme ad alcuni elementi dell’Orchestra), Dina Capozio e di Giulia Rodano, assessore alla cultura della Regione Lazio (che ha collaborato economicamente alla produzione del film).

Giulia Rodano: L’orchestra di Piazza Vittorio va sostenuta per il suo grande valore culturale, civile e sociale. Il film racconta storie d’immigrazione che non finiscono bene, ma che hanno un lieto sviluppo, perché ai problemi non c’è mai fine. Con l’orchestra si apre un’esperienza musicale nuova, ogni catalogazione tende ad essere superata. Non si tratta di semplice contaminazione, ma di un progetto musicale totalmente nuovo. Credo si debba lavorare al riconoscimento di un’istituzione musicale: i membri di un’orchestra non possono avere problemi di permesso di soggiorno!

Quali sono stai i problemi in questi cinque anni di lavoro?

Mario Tronco: Alla fine mettere su l’orchestra è stato semplice rispetto a tutto i problemi causati dalla legge ’Bossi-Fini’... I musicisti hanno delle capacità straordinarie ed una forte capacità di adattamento.

Riuscite a stipendiare i musicisti? E cosa vi aspettate dal nuovo governo?

M.T.: Ci aspettiamo che la legge venga modificata. Fino ad ora siamo riusciti a pagare i musicisti, i guadagni sono spesso buoni e dopo i concerti l’orchestra vende moltissimi dischi.

Agostino Ferrente: Artisticamente i problemi dell’orchestra sono gli stessi di qualsiasi altro gruppo musicale. Molti giornalisti si aspettano lacrime e sangue da questo documentario, ma non è così. Oltretutto un atteggiamento assistenzialista è fuori luogo: noi non chiediamo l’elemosina, ma solo che vengano notate le possibilità commerciali di un progetto simile.

Dina Capozio: Il cinema Apollo potrebbe diventare un luogo d’incontro, di scambio interculturale. Le cose si posso cambiare, anche se ci sono ancora i miopi che non se ne accorgono.

A.F.: Chi ha detto poi che fattore culturale e commerciale non possano camminare pari passo?

Qual è il segreto del vostro successo, delle vostre vendite?

M.T.: Vendere dischi dopo un concerto è come un termometro: se suoni bene la gente è più invogliata a comprare il cd.

Si è pentito il cantante indiano? (Musicista allontanato dall’orchestra perché si lamentava della presunta scarsezza tecnica degli altri elementi, n.d.r.)

M.T.: Non so se si è pentito, ma è il primo ed unico caso di licenziamento dalla formazione dell’orchestra ad oggi...

Come procede la battaglia per il cinema Apollo?

M.T.: Purtroppo non è stata ancora fatta una riunione con il sindaco. Abbiamo sentito diverse versioni in tutti questi anni, ma niente di ufficiale.

D.C.: Il problema sta finendo nel dimenticatoio. Si dovrebbe dare una risposta ai residenti dell’Esquilino.

A.F.: Veltroni ha dimostrato di essere interessato alla cultura e all’arte in tutte le sue forme. Volere è potere. Non si può trasformare questa splendida sala in sale Bingo od uffici.

E per quanto riguarda la lavorazione di film?

A.F.: Purtroppo i documentaristi sono costretti ad andare a lavorare fuori dall’Italia, non c’è spazio per questo genere cinematografico. Ho avuto però la buona idea di presentare una sceneggiatura, se così possiamo definirla, anche se non sapevo su cosa avrei realizzato il mio film. Tutti mi dicevano che stavo mettendo troppa carne al fuoco. Orchestra, Apollo 11, storie di immigrazione: troppe le tematiche che dovevano essere toccate dal mio racconto. Però, malgrado il mio modo di fare cinema, che io definisco “up-gradabile” perché in continuo cambiamento, e grazie ai lunghi tempi di preparazione in cui ho avuto modo di riflettere sulla struttura del documentario, credo di essere riuscito a toccare tutti gli argomenti e gettare una nuova luce sulle problematiche che intendevo affrontare.


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