Incontro con Libero De Rienzo

Abbiamo incontrato in esclusiva per “Close-up” Libero De Rienzo, l’acclamato protagonista di Santa Maradona e Andata + ritorno, che il prossimo marzo tornerà in sala con il suo primo film da regista: Sangue - La morte non esiste, presentato con successo all’ultimo festival di Locarno. Approfittando di una chiacchierata sulla pellicola, abbiamo ascoltato le idee di Libero sull’attuale situazione della cinematografia italiana...
Partiamo dalla cifre del tuo film, che alla fine sono state quelle di una produzione indipendente, come volevi che fosse...
Esatto: abbiamo fatto sei mesi di pre-produzione, ed all’inizio il progetto era di dodici settimane di lavorazione per un budget di un milione e mezzo di Euro. Invece abbiamo girato tutto in quattro settimane, e con mezzo milione a disposizione...
Ti sei mai chiesto del perché questo cambio di rotta?
Drammatiche, normalissime defaillances finanziarie...Al giorno d’oggi per fare un film “ricco e sicuro” devi avere delle garanzie di vendibilità: un attore famoso, una sceneggiatura che solletichi borghesi pruderie morali, o che si allinei con gli standard televisivi di innocuità e omologazione, meccanismo pericoloso che temo tenda ad abbassare verso il basso il valore culturale del cinema, o comunque a privarlo della sua natura di strumento di ricerca, di indagine artistica o denuncia sociale.
Come avete fatto fronte a questa drastica riduzione di budget?
Riducendo dolorosamente la media di ciak ad inquadratura - due - e triplicando i minuti di montato da realizzare al giorno, dando sfogo a tutta la creatività di cui eravamo capaci, e incaprettando la “fantasia” in una gabbia di rigore professionale e grande sacrificio fisico, il tutto reso magico ed efficiente da una collaborazione assoluta tra tutti i lavoratori; ogni cambio di programma, ogni ostacolo è stato affrontato secondo uno stile di lavoro basato sulla totale compartecipazione tra lato tecnico e lato artistico, e sulla partecipazione intellettuale ed etica dei componenti della troupe che erano perfettamente consapevoli della forma intrinseca del film, della sua anima, in questo modo c’era sempre un’”unica maniera” di affrontare i problemi, uno “stile” tutto nostro, che si nutriva del nostro amore per ciò che stavamo realizzando, con una forza tale che ha fatto si che noi oggi siamo un gruppo indivisibile.
Non avete provato con i finanziamenti del Ministero per i Beni e le Attività Culturali?
Ho sempre pensato che Sangue per la sua natura critica nei confronti della nostra società, del nostro paese, non avrebbe mai ottenuto i soldi dello stato, quindi ho fatto come la volpe e l’uva e ho stabilito che quei soldi non li volevo. Ero molto giovane...sic...
Sotto molti punti di vista Sangue è un’opera rischiosa, se vogliamo un film “politico” nella sua maniera di affrontare determinate tematiche. Pensi che avrà problemi con la censura?
Abbiamo già passato il visto della censura, ottenendo il divieto al di sotto dei 14 anni. Io l’avrei vietato al di sotto dei trentatre... Secondo me la questione però è un’altra: in Italia la vera censura è l’ostracismo radicale del sistema nei confronti di alcuni temi o modalità estetiche che vengono del tutto rifiutate. Per semplificare molto il discorso, se provi a fare un film che non può andare in televisione ormai non hai più possibilità.
Come valuti il tuo lavoro di regista? Sei soddisfatto?
Per sette anni ho vissuto di desiderio, fortissimo desiderio al limite dell’ossessione, desiderio carnale di macchina da presa e di raccontare una storia d’amore e di vita per me immensa; gli uomini e le donne che poi hanno vestito e vissuto il mio desiderio hanno compiuto con me il miracolo del cinema, e ora quella storia è lì, raccontata senza giudizi, senza condanne o assoluzioni... La storia di Sangue è lì per entrare nella vita di chi la vorrà vivere; Sangue non si guarda, si vive, non è un film su una vicenda: è una vicenda a sé, è carne di pensieri ed emozioni.
Come credi che lo prenderà la critica?
Sarà molto divertente scoprirlo: Sangue parla di tutte le cose di cui in Italia non si può parlare. O non si vuole. Per quelli che sono gli standard di oggi, è un film che non dovrebbe neppure esistere. Probabilmente non sapranno come prenderlo: magari diranno che mi è sfuggito di mano, che ho voluto esagerare, scioccare o scandalizzare. Invece si tratta di un tentativo di utilizzare il mezzo al massimo delle sue potenzialità. Per come lo intendo io, Sangue è un omaggio al cinema in tutto il suo potere.
Sono questi i motivi per cui tu sembri rimanere abbastanza lontano dalle logiche di mercato della nostra industria cinematografica?
Per forza! Ma in Italia possiamo ancora parlare di industria del cinema? Adesso abbiamo l’”azienda”, la “fabbrichetta” del cinema, comandata da un padrone che dirige il tutto attento solo a guadagnare il più possibile senza curarsi minimamente di fornire un prodotto di qualità. Il cinema italiano in passato è stato uno strumento politico forte, oggi...”due camere e Cucinotta”!
Cosa ti sconforta più della situazione attuale?
La perdita del senso etico della responsabilità di fare Cinema, passione mestiere e missione, al servizio della ricerca della bellezza e della verità.
