X

Su questo sito utilizziamo cookie tecnici e, previo tuo consenso, cookie di profilazione, nostri e di terze parti, per proporti pubblicit‡ in linea con le tue preferenze. Se vuoi saperne di pi˘ o prestare il consenso solo ad alcuni utilizzi clicca qui. Chiudendo questo banner, invece, presti il consenso allíuso di tutti i cookie



Intervista ad Ascanio Celestini

Pubblicato il 31 gennaio 2006 da Sila Berruti


Intervista ad Ascanio Celestini

Lo avevo già incontrato qualche anno fa, quando ancora i suoi spettacoli non erano diventati di moda e la gente non faceva la fila all’Ambra Jovinelli.
Mi aspettavo, dopo tanta celebrità, di trovarlo un pò meno disponibile o meno attento alle domande di qualcuno che non fosse un giornalista de La Repubblica. Arriva un pò trafelato con una grande busta di frutta in mano. L’appuntamento è alle otto ma quando arriva ci comunica che si era dimenticato di un’intervista con Rai Tre, è mortificato, ma noi aspettiamo. Finalmnte dopo una mezz’ora lo seguiamo in camerino. Posa la grande busta di frutta, tenta di accendere il condizionatore e poi, finalmente esausto, si siede.

Volevo che mi spiegassi qual’è il tuo rapporto con la memoria e quale importanza sociale le attribuisci?

Innazitutto la memoria non è qualche cosa che uno produce per gli altri, la memoria è qualche cosa che noi produciamo per noi stessi e scopriamo di avercela perché ci serve. D’altronde fino a poco tempo anche gli oggetti venivano prodotti perché ci occorrevano. Io ricordo, dunque, perché mi serve ricordare, mi ricordo di dove ho parcheggiato la macchina perché mi serve, non perché mi piace o perché penso sia giusto. La memoria ha una funzione, nel momento in cui non è funzionale diventa nostalgia. Tu mi dirai che anche la nostalgia ha una funzione, che serve per non guardare al presente e vivere solo nel passato. La memoria appartiene a ciascuno di noi. Esistono delle storie che possono sembrare più importanti o meno importanti per una comunità.

Quindi fai una distinzione gerarchica tra memorie più o meno importanti o tutto diventa funzionale nella costruzione di un tuo spettacolo?

Se ricordo bene, da bambino non potevo mangiare le banane perché avevo l’acetone: forse è meno importante per la collettività rispetto al racconto di chi racconta dei campi di sterminio, ma dico forse perché non sono convinto che ci sia un motivo di fare una gerarchia delle memorie. Detto ciò non è obbligatorio ricordare anzi bisogna vivere nella consapevolezza che dimenticare alcune cose è necessario.
E’ vero che noi, soprattutto in questi ultimi anni abbiamo riscoperto questo valore della memoria come qualche cosa che rende tutti noi protagonisti della nostra vita, quindi non c’è più l’idea che la storia sia fatta solo di grandi eventi perché noi non possiamo pensare che la nostra storia personale sia importante solo quando si intreccia con la storia dei grandi avvenimenti. In ogni caso la memoria per me è comunicazione: io racconto a te che quindi ricordi e racconti anche tu, perché se io ricordo e racconto e basta e rendo impossibile il tuo racconto, faccio un uso improprio della memoria, un uso da arma chimica. Credo che dal racconto di una persona qualunque come il mio vicino di casa, ci sia quanto meno tecnicamente, anche al livello linguistico da imparare molto di più che non da Shakespeare, quanto meno perché il mio vicino di casa è vivo.

Quindi ti interssa soprattutto la costruzione del ricordo più che il ricordo in sé?

Si, perché credo che nelle scelte drammaturgiche, nelle immagini che evoca, negli argomenti che tratta il mio vicino di casa sia senza dubbio più contemporaneo di Shakespeare.
Detto questo, Shakespeare parlerà di cose che saranno interessanti anche tra duemila anni, mentre il mio vicino di casa tra vent’anni sarà morto e i suoi racconti non interesseranno più a nessuno, ma Shakespeare continuerà ad essere vecchio anche fra duemila anni.
Quello che intendo dire è che il mio vicino di casa parla delle case popolari e anche io credo che siano più importanti le piramidi, figuriamoci, però il suo discorso è più direttamente legato a quello che ho io davanti agli occhi.
Detto questo, una piramide è una cosa importante che ci fa capire sì qualche cosa del nostro presente ma proprio perché la prendiamo da lontano ed è uno strumento indispensabile, ma la casa popolare ci parla di oggi. La memoria come la vediamo oggi è uguale a Shakespeare ed è uguale alle piramidi è un ricordo in bn; Pochi minuti fa parlavo con Sandro Portelli [delegato del sindaco di Roma alla memoria Storica ndr] della pubblicità dell’effetto che ci ha fatto rivedere Il Pianista l’altra sera in televisione con le interruzioni pubblicitarie; l’effetto è quello di quando leggi un articolo sui morti del Ruanda, giri la pagine e ci trovi le fette biscottate.
Come se la nostra società ci dicesse: sì, ci sono i morti ma ci sono anche le fette biscottate e ci consigliasse di non prendere i morti troppo seriamente.
Io non sono contro la fetta biscottata, ma è criminale metterle le fette biscottate vicino allo sterminio perché viene fatto in maniera indiretta, passa un messaggio deviato che vede la normalità nella fetta biscottata e l’eccezione nei morti del Ruanda.
Io voglio che tu mi scriva un articolo che parli dell’una e dell’altra cosa, perché quello che è accaduto in Ruanda è succeso anche perché è precipitato il prezzo del caffé e fammi capire che non sono due mondi paralleli ma che sono lo stesso mondo. Questo vuol dire attualizzare la memoria.

Intervista di Sila Berruti e Perla Moriggi


Enregistrer au format PDF