X

Su questo sito utilizziamo cookie tecnici e, previo tuo consenso, cookie di profilazione, nostri e di terze parti, per proporti pubblicit‡ in linea con le tue preferenze. Se vuoi saperne di pi˘ o prestare il consenso solo ad alcuni utilizzi clicca qui. Chiudendo questo banner, invece, presti il consenso allíuso di tutti i cookie



Intervista con Wolfgang Petersen. Roma, Hotel ST.Regis, 01/06/06

Pubblicato il 5 giugno 2006 da Carlo Dutto


Intervista con Wolfgang Petersen. Roma, Hotel ST.Regis, 01/06/06

Appare molto disponibile e sorridente Wolfgang Petersen durante il breve incontro che Close Up ha potuto avere all’Hotel St.Regis di Roma. La giacca color crema, jeans chiari e scarpe sportive, il regista dallo slang teutonico parla volentieri ed esordisce indicando in Brasile, Argentina, Italia, Inghilterra e Germania le squadre pretendenti al prossimo campionato del mondo di calcio.

E un’altra fatica è finita...

Ho passato davvero un periodo fantastico per quanto mi riguarda, girando questo film! Poseidon mi ha tenuto occupato circa un anno e mezzo, ma i tempi di ripresa effettiva sono durati sette mesi, sono ormai abituato a realizzare questi film che rappresentano una sfida per un regista. Prima di girare Troy, c’era chi mi ammoniva dicendo che sarebbe stato un film difficilissimo da girare; fu davvero un’impresa, ma ce l’abbiamo fatta e Poseidon è stato di gran lunga più facile da fare. Oramai sono al terzo film ambientato in mare e ho acquisito una certa esperienza che mi permette di controllare ogni elemento, anche il più particolare. Poseidon è stato girato quasi completamente in set veri, niente è stato girato fuori dal sound stage e questo gli conferisce un alone di realismo che lo pone un gradino sopra altri film del genere.

Salta all’occhio nella sua filmografia un’attenzione all’acqua come elemento che scatena il dramma, l’azione...

Sono cresciuto in un paese di mare (Emden, la città portuale più occidentale della Germania, ndr) sono sempre stato affascinato dall’acqua, dal suo colore e odore e la libertà che sprigiona il vedere l’acqua, che fa nascere le stesse sensazioni del volo presenti in La storia infinita . Il mare ti fa volare con la fantasia e allo stesso tempo, quando cambia il tempo, il cielo diventa nero, si creano onde enormi e l’acqua distrugge tutto. Ho sempre avuto l’idea che l’acqua sia l’elemento più drammatico in natura, basti pensare al recente tsunami e a ciò che ha provocato. Se trovo una storia che ha a che fare con il mare, questa può dar vita a storie interessanti, in cui l’elemento drammatico estrapola il senso della solidarietà umana. Mi è sempre piaciuto analizzare le reazioni umane raccontando con il cinema storie estreme, per la prima volta potendo lavorare con un ottimo gruppo di attrici. Ma, prometto, questo è l’ultimo film che ambiento in acqua!

Lei ha girato il remake dello spettacolare L’avventura del Poseidon, firmato oltre trent’anni fa da Ronald Neame. Cosa la colpì del film, che il suo collega e conterraneo Emmerich definisce il miglior disaster-movie della storia del cinema?

Rimasi fortemente impresso dal film di Neame, mi piacque molto fin dalla prima volta che lo vidi nel 1972. Già allora era evidente la grande metafora che sta alla base del film, il mondo rovesciato sottosopra, che ho mantenuto come struttura nel film. Il mondo è molto cambiato negli ultimi anni, specialmente dall’11 settembre, i disastri colpiscono sempre gente comune, tutti sono uguali, non esistono le classi sociali o il potere del denaro durante un fatto tragico. Una metafora molto attuale, che il mondo ha visto con i propri occhi dalle immagini dello tsunami, per esempio. A parte questo e l’inizio del film, con il nuovo Poseidon abbiamo girato un film molto differente nei dialoghi e nei personaggi.

Come si è rapportato al genere catastrofico per girare Poseidon?

Era chiaro fin dall’inizio che per girare nel 2006 un disaster-movie non potevamo far sembrare tutto pulito e ordinato come salta all’occhio nei pur bei film catastrofici degli anni Settanta. Dovevamo girare un film che fosse duro da vedere, che colpisse violentemente l’immaginario dello spettatore, un po’ come la musica heavy metal. Il pubblico è ormai abituato a vedere disastri e le loro conseguenze dalle immagini reali che ogni giorno arrivano da tutto il mondo. Il mondo reale ci doveva ispirare, per questo in Poseidon per la prima volta ci sono elementi nuovi e più realistici: non abbiamo infatti lesinato scene con sangue: ricordo che mentre giravamo la scena della sala da ballo rovesciata, degli assistenti spruzzavano litri e litri di sangue finto dappertutto. Abbiamo usato molti manichini e pezzi di manichini per riprodurre la scena di una disastro di tali proporzioni. I cadaveri sono ovunque sulla nave, non diminuiscono man mano che i protagonisti risalgono il Poseidon: non ho edulcorato il film evitando di mostrare la morte, anzi l’ho reso più realistico, anche con elementi crudi. Un realismo che non ho trovato nel primo Poseidon, dove si vedono tre-quattro cadaveri all’inizio e nessun altro per tutto il resto del film. Tutto è realistico nel film a partire dalla stessa nave, che pur essendo stata creata negli esterni in computer grafica, è fotograficamente vera e veri sono tutti i set degli interni. Anche la sceneggiatura sottolinea questo elemento realistico, per esempio nella scena dell’ascensore in cui Richard Dreyfuss deve sacrificare la vita di un giovane per salvarsi: è tutto molto umano, è questo il disastro, devi anche uccidere, la sopravvivenza viene prima di qualsiasi coraggio o generosità.

Come ha lavorato con gli attori?

Il pubblico sente il panico e il terrore dei personaggi grazie al sonoro, alle scenografie, agli elementi naturali e incontrollabili della natura come il fuoco e l’acqua. Ma soprattutto grazie agli attori. Prima di girare ho pensato che se gli attori avessero semplicemente recitato in questo film, magari utilizzando controfigure e utilizzando mimiche da cinema old-fashion, non avrebbe aiutato a rendere il vero terrore umano. I veri effetti visivi in Poseidon sono quindi gli attori stessi, un concetto che ho subito messo in chiaro con il cast: il realismo del film traspare dal fatto di utilizzare al minimo gli stunts, per mostrare la vera sofferenza fisica, sott’acqua, nel fuoco, tra montagne di macerie, in spazi minimi. Hanno tutti sostenuto del training specifico per quanto riguarda il nuoto e lo scubadiving. Questo fa la differenza con un prodotto pre-confezionato hollywoodiano: gli attori soffrono davvero la fatica e l’incertezza di poter respirare tanto sott’acqua. Girare film in questa chiave realistica non può che comportare vari incidenti per gli attori e il nostro set non ne è stato esente. Chi ci ha rimesso di più è stato Josh Lucas che ha quasi perso un occhio e si è ferito gravemente a una mano durante un salto di oltre venti metri nell’acqua, per cui ha subìto varie operazioni di ricostruzione muscolare.

Il lungo piano-sequenza che apre il film risulta assai affascinante: il pubblico al cinema sale sulla nave ‘accompagnato’ dalla macchina da presa. Come ha realizzato questa scena?

L’idea di questa scena fu una delle prime che mi invasero la testa per questo film, ma non sapevo come avrei potuto realizzare una ripresa unica così difficile. Mi sono chiesto: c’è la possibilità di realizzare in una sola ripresa una scena che possa subito togliere il fiato al pubblico? Una scena inusuale, che parte da sott’acqua, risale lungo la chiglia della nave e segue Josh fare jogging, presentandoci la nave in tutta la sua grandezza. Non sarebbe stata possibile girare una scena così dal vivo, anche con un elicottero e infatti è stata realizzata completamente in computer-grafica, ma con un’attenzione maniacale ai particolari. Per esempio le persone che nuotano nella piscina coperta o i marinai che lavorano sui ponti. Due minuti e mezzo senza stacchi mai visti prima in un film del genere, ci sono voluti 14 mesi per realizzarla, grazie a una nuova tecnica digitale di simulazione acquatica, un capolavoro della Industrial Light and Magic!

Come ha lavorato con lo scenografo?

In realtà, pur utilizzando la computer grafica, in Poseidon ho usato molto scenografie reali, molto grandi, come si faceva una volta. I set erano veramente tantissimi, abbiamo dovuto crearne alcuni per la nave e altri speculari con tutto sottosopra per le scene dopo il disastro. La scelta di girare in set reali, oltre a rendere possibile l’utilizzo di proiettori sparsi ovunque disordinatamente, con luci storte e di diversa intensità, per aumentare la tensione, mi ha permesso di utilizzare varie macchine da presa per ogni singola scena, in modo da poter catturare al meglio ogni sfumatura del viso sofferente degli attori.

Per la scena iniziale della sala da ballo si è ispirato a L’inferno di cristallo?

No, non vedo Towering inferno dal 1975!

[1 giugno 2006]


Enregistrer au format PDF