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Inutilmentefiga

Pubblicato il 10 novembre 2013 da Valeria Gaveglia


Inutilmentefiga

Roma- Piccolo Eliseo Patroni Griffi. Inutilmentefiga è andato in scena dal 22 al 27 ottobre. Interpretato da Elda Alvigini e scritto dall’attrice con la collaborazione di Natascia Di Vito e Marco Melloni. La piecè si sviluppa sotto forma di un lungo monologo che Elda intrattiene col pubblico ma che viene continuamente interrotto dalle innumerevoli telefonate di amici e parenti. Elegante e di bella presenza, alcune volte nevrotica, così ci appare l’attrice portavoce di una generazione di donne nate alla fine degli anni settanta, costrette a fare i conti con un passato che ha segnato la loro giovinezza e continua a ripercuotersi sull’età adulta. Sul palcoscenico è rappresentato il caso di una donna in carriera, con un figlio, separata dal compagno e con una madre decisamente ossessiva. La figura della madre ricorre per l’intero spettacolo, presenza inquietante e morbosa che cerca di imporre il proprio controllo sul nipote così come aveva fatto con la figlia. Di contro a quella materna abbiamo la figura paterna, idolatrata dalla protagonista e descritta come si trattasse di un carissimo amico, compagno di giochi che non chiama papà bensì Bruno. L’interazione con gli altri personaggi è scenicamente resa per mezzo dell’escamotage del telefono cellulare, correlativo oggettivo delle ossessioni di Elda e dell’ossessività di quanti la circondano. I racconti, avvincenti e divertenti, di un’infanzia fuori dai canoni della società, fanno riflettere sulle frustrazioni della nostra protagonista. Finche le luci sono accese si gioca, quando diventano soffuse si pensa. Elda è fuori di se e riflettendo la sua immagine in uno specchio si domanda: “dove mi sono persa?”. L’attrice, come in preda ad una crisi psicotica mostra un lato nascosto della mentalità femminile, un aspetto malato e allucinato, a tratti terrificante poiché incline alle azioni più turpi, che si manifesta per mezzo di un saggio verbale di crudeltà gratuita. È tramite l’evocazione di alcune figure fantastiche, come La Strega di Biancaneve o La Matrigna di Cenerentola, che si vuole mostrare la predisposizione inconscia all’agire per interesse proprio. Il denaro e il successo, due miti che da sempre invadono l’immaginario umano, sono per Elda un incubo dal quale scaturisce l’incontro con uno psicanalista. A scuotere l’animo della donna è anche il desiderio di un altro figlio, l’auspicio di poter ristabilire il legame rotto con l’ex compagno e di poter ricreare e ampliare il suo nucleo familiare. Come si comporta una donna che vuole riconquistare l’uomo che ha perso? Ovviamente come una ragazzina. La donna matura retrocede alla fanciullezza e il supporto delle amiche più care si conforma perfettamente ad un contesto tardo adolescenziale. Una creatura che racconta se stessa e che cerca di superare i traumi dai quali non riesce a fuggire definitivamente. Un saggio di comicità e vita reale che, tra un lazzo e l’altro, permette all’interprete di descrivere e analizzare un’intera generazione. La scenografia è composta da un divano, uno specchio trittico, un quadro raffigurante il volto della Monalisa, circondato e quasi soffocato da una moltitudine di labbra dai sorrisi sgargianti, e appese al soffitto alcune bambole avvolte da ghirlande natalizie. Ogni elemento simboleggia un aspetto della messinscena. Il divano rappresenta l’ambiente domestico, il raccoglimento familiare ma anche l’angoscioso studio di psicoanalisi. Lo specchio è l’oggetto della vanità femminile e al tempo stesso la fonte degli interrogativi sull’opposizione tra ciò che si vede e ciò che si è. Le bambole rimandano al mondo dell’infanzia, luogo dell’innocenza ma matrice di tanti fantasmi che non risparmiano apparizioni frequenti. Il quadro della Monalisa possiede una struttura che ricorda quella di una bara, monito di morte nella forma e speranza di salvezza nel contenuto: le donne e la forza del loro sorriso. Elda Alvigini ha conquistato il pubblico con il suo talento e la sua indiscussa vis comica. I lunghi applausi al termine della messinscena sono la prova che si può essere anche “Utilmentefiga”.


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