L’industriale - Conferenza Stampa
In un clima frizzante e positivamente critico, la prima domanda a proposito de L’industriale, di Giuliano Montaldo, è stata rivolta proprio al regista. Perché mai la scelta di un film del genere?
Tutti parlano, dai giornali alle persone fisiche, di spese economiche vertiginose, di frodi ed evasioni fiscali, di veri e propri “incendi di denaro”. Montaldo si è proposto, pertanto, di andare a cercare, attraverso il linguaggio cinematografico, chi sia il responsabile, il piromane. Attraverso un’atmosfera visiva quasi surreale, resa in maniera bella e intelligente, a parere del produttore Barbagallo, dal direttore della fotografia Arnaldo Catinari, L’industriale vuole rispecchiare il problema attualissimo del lavoro operaio nelle fabbriche e di una crisi economica quasi inflazionata per quanto se ne sta parlando.
Su questo sfondo complesso e drammatico, come vuole essere il genere in cui L’Industriale si inserisce, Carolina Crescentini parla del proprio personaggio definendolo “controverso, perché vuole il marito, lo cerca, prova a parlargli e non si sente accettata, anzi, addirittura respinta”. L’amorevole riscoperta di sè, perciò, la cercherà in qualcun altro che la aiuti a sentirsi meno sola.
Per Pier Francesco Favino, una domanda da cui si cerca di capire il suo adattamento al personaggio protagonista: “Nicola è un uomo tenace, che mi ha insegnato che se è vero che nel lavoro ci vuole tenacia per ottenere successo, non è altrettanto vero, questo, nei rapporti umani e familiari. Oggi la crisi vertiginosa è discussa in numeri dalla gente che ha i soldi per mangiare , e chi invece non ha spesso la possibilità di comprarsi pane e latte, i numeri non li conosce nemmeno.” Un commento che, oltre alle impressioni sul film complessivamente ottime, ha catturato il pubblico astante che si è espresso a suon di “Se Favino si candida, io lo voto!”.
Presente in sala anche il resto della parte preponderante del cast, tra cui Francesco Scianna, che descrive il proprio personaggio come “un affamato di soldi, un avvocato senza eticità e un uomo spietato”; Eduard Gabia, unico attore straniero nel film, che ha partecipato al casting in maniera quasi casuale, trovandosi in Italia nel luogo e nel tempo opportuno, e che ha interpretato una sorta di vittima onesta di quest’insieme di carnefici, ognuno attivo, volente o nolente, nel proprio raggio d’azione.
Secondo lo sceneggiatore Andrea Purgatori la frase tanto stimata “Voi siete così: testa alta e pezze al culo”, vuole esprimere, come ha notato qualche critico presente alla conferenza, quel rifiuto della demagogia e quella scelta di contrasto netto con i meccanismi del potere dal quale oggi tutto dipende come se non ci fosse altra speranza di cambiamento.
La città di Torino? Scelta da Montaldo a colpo sicuro, senza che vi fosse alcuna possibilità di alternativa, è stata subito ben accolta dal produttore Angelo Barbagallo perché, a parere di quest’ultimo, “si configura come set ideale per una storia come quella che si è raccontata” e perché, secondo Montaldo stesso, la sua versatilità permette di usarla da tanti diversi punti favorevoli alle disposizioni scenografiche.
Favino, da attore famoso quale ormai crede, e a dovere, di essere diventato, conclude con un’ampia riflessione di responsabilità umane e sociali che i quarantenni di oggi dovrebbero impegnarsi a rispettare in prima linea per cacciare “i vecchi leoni” e tentare di dare una svolta che sia anche una guida per le generazioni future.