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L’ultimo saluto a Francesco Rosi.

Pubblicato il 13 gennaio 2015 da Agostino Devastato


L'ultimo saluto a Francesco Rosi.

Oggi è aperta alla Casa del Cinema di Roma la camera ardente per onorare Francesco Rosi, un gigante del cinema mondiale, una di quelle altissime personalità della cultura Italiana immediatamente riconosciute in tutto il mondo. Chi lo ha conosciuto personalmente ne ricorda la timidezza, quel suo essere a volte sbrigativo, senza dimenticarne però anche la tenerezza, la sensibilità e soprattutto la sua capacità di indignarsi; lo ha fatto per tutta la vita. Ettore Scola ricorda come Rosi non abbia mai smesso di indignarsi. Fino agli ultimi giorni discuteva con l’amico e collega, attraverso lunghe telefonate mattutine, parlava di politica, della società, non ha mai lasciato che la sua coscienza si addormentasse, ha continuato a commentare a modo suo, anche senza fare cinema, i malesseri del nostro Paese. Un grande esempio umano, e un enorme maestro di cinema.

Si è formato con Luchino Visconti, facendo da aiuto regista per La Terra trema, Bellissima e Senso, poi si è lanciato nel suo primo lungometraggio La sfida, dimostrando subito di avere un carattere forte e un talento enorme. Fin dagli inizi Rosi ha scatenato tutta la sua passione politica, osservando con acutezza i lati oscuri del nostro Pese. I suoi capolavori parlano di oggi, la corruzione della politica, l’antimilitarismo, il suo sguardo tenero e doloroso sul sud, il terrorismo, gli intrighi del potere. Rosi è un regista senza tempo, è impossibile rinchiudere il suo cinema nella definizione di cinema politico o impegnato. Il suo è un cinema di così alto spessore tecnico e artistico che lo pone immediatamente nell’Olimpo degli artisti del novecento.

I film di Rosi sono degli oggetti affilati e bellissimi, capaci di tagliare, ferire e squarciare le coscienze di tutti. Si è dedicato con passione alle vicende poco chiare del nostro Paese, si è messo contro tutti per riuscire a realizzare le sue inchieste. Per Salvatore Giuliano ha combattuto contro finanziatori reticenti, distributori improvvisamente spariti, lo stesso Goffredo Lombardo si tirò indietro, impedendo la realizzazione del film, e solo grazie alla sua testa dura, Rosi riuscì a realizzare quel capolavoro così innovativo. Con caparbietà e precisione ha ricostruito vicende scabrose come quelle raccontate in Le Mani sulla Città o, come ne Il Caso Mattei, ha illuminato i lati oscuri della nostra storia mettendo in scena se stesso e la sua indagine.

Il suo instancabile lavoro sulla realtà lo ha portato a girare Salvatore Giuliano negli stessi luoghi in cui ha vissuto il bandito, tra le comparse del film c’erano i veri componenti della sua banda, addirittura la tomba di Giuliano nel film era la stessa del bandito, scelta che suscitò clamore tra qualche mafioso locale che minacciò Rosi di mettere il suo nome su quella tomba se avesse girato. Rosi ovviamente non si lasciò intimidire, era un regista deciso, un regista contro.

Salvatore Giuliano e Il Caso Mattei dimostrano come Rosi abbia sempre cercato angolazioni inedite per plasmare il suo racconto con rara audacia. Su questo, tutto il suo cinema ha fatto scuola. Hanno raccolto la sua lezione registi di tutto il mondo, da Martin Scorsese, Oliver Stone e Paolo Sorrentino. A loro e non solo, Rosi ha mostrato un modo nuovo di fare cinema, ha insegnato come trovare prospettive inedite, punti di vista anticonvenzionali e trasversali attraverso cui raccontare la realtà. Per questo il suo cinema non conosce il peso degli anni. Le Mani sulla Città, film del 1963 sulla speculazione edilizia a Napoli, è un film che parla di tutte le città, non di ieri ma di oggi, è un film che parla a noi, con voce ferma, e ci racconta con coraggio come stanno le cose. Con la sequenza del crollo del palazzo, Rosi ci racconta lo sgretolarsi di una moralità, parla di questione morale prima che se ne cominciasse a parlare apertamente. La genialità di Rosi è stata anche quella di avvalersi della collaborazione di scrittori dalla raffinata sensibilità poetica come Raffaele La Capria e Tonino Guerra, e mescolare il suo stile diretto e spettacolare, con il loro sguardo più dolce.

Il suo è un realismo spettacolare. La bellezza estetica del cinema di Rosi ci fa restare incollati ancora oggi davanti allo schermo. Film come Cadaveri Eccellenti, Uomini Contro, Tre Fratelli, hanno acceso le nostre menti, infuocato di passione le nostre coscienze e accarezzato tutti i nostri sensi. L’attenzione di Rosi verso la composizione di ogni inquadratura e verso tutto ciò che riguarda la sua personale visione dell’opera, suono, immagine, montaggio, era maniacale. Ha creato sequenze che ogni cinefilo guarda prima di tutto con estremo godimento visivo.

Rosi aveva un certo stile anche nelle sue apparizioni pubbliche: vanitoso, carismatico, emanava vitalità, non è mai stato un bell’uomo ma era bello da vedere, soprattutto negli ultimi anni. Quei suoi immancabili occhiali scuri a goccia lo rendevano una personalità unica. Come i suoi film, Rosi riusciva a catalizzare tutte le attenzioni, a meravigliare e scuotere. Se ne è andato un pezzo di storia Italiana, un figlio del sud e di Napoli, cresciuto nei bassi di Via Montecalvario. Napoli fa parte del suo sguardo sulle cose, con quella irriverenza e quella sottile ironia con cui ha farcito i suoi violenti e diretti racconti sull’Italia del novecento.

Ha aperto tante strade Francesco Rosi, non deve mai essere dimenticato uno come lui, il suo cinema sia da lezione per i registi di tutto il mondo, per la precisione del suo sguardo, per il coraggio delle sue indagini, e per la sontuosa bellezza del suo stile.


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